Con l’attuale legge elettorale, il cosiddetto “Rosatellum”, il centrodestra parte avvantaggiato, mentre il centrosinistra rischia un potenziale disastro. È ancora presto per arrivare a conclusioni definitive, ma il funzionamento della legge elettorale lascia poco spazio per i dubbi: chi assemblerà la coalizione più grande e inclusiva avrà un netto vantaggio sui suoi avversari. E questo per due semplici ragioni: la presenza di collegi uninominali e l’impossibilità di fare accordi di desistenza.

I collegi

La caratteristica del Rosatellum dal punto di vista dei meccanismi elettorali è che prevede l’assegnazione di un terzo di tutti i seggi alla Camera e al Senato tramite scontri diretti tra i vari candidati nei cosiddetti collegi uninominali. In questi collegi, ogni lista o coalizione presenta un solo candidato. Chi ottiene un voto più dei rivali viene eletto, mentre chi arriva secondo o terzo non riceve niente.

Per questo è fondamentale formare la coalizione più grande possibile così da garantirsi le maggiori possibilità di espugnare i collegi uninominali. In uno scenario estremo e semplificato, possiamo immaginare tre coalizioni in competizione: una che ottiene il 40 per cento, una che ottiene il 35 e una che ottiene il 25 per cento.

Se queste percentuali venissero replicate in tutti i collegi uninominali, la prima coalizione otterrebbe il 100 per cento dei seggi in palio, mentre le altre due ne otterrebbero zero. Formare grandi coalizioni non è invece altrettanto importante per conquistare i restanti due terzi dei seggi assegnati con sistema proporzionale. In quest’ultimo caso, infatti, c’è una corrispondenza diretta tra la percentuale ottenuta da ciascuna lista e la percentuale di seggi conquistati.

La desistenza

Lo scenario in cui il centrodestra conquista quasi tutti i collegi uninominali è quello che al momento terrorizza i dirigenti del centrosinistra. Senza alleanza con il Movimento 5 stelle, con la sinistra debole e un centro dalla forza elettorale piuttosto incerta, il rischio è che la coalizione venga sistematicamente superata in tutti i collegi uninominali del sud e del nord, riuscendo a conquistarne soltanto un pugno nell’Italia centrale e nelle grandi città.

In questo scenario, il centrodestra potrebbe arrivare a ottenere una maggioranza vicina ai due terzi dei seggi totali, avvicinandosi così alla possibilità di modificare la Costituzione senza bisogno di passare da un referendum confermativo.

In situazioni simili si può ricorrere a quella che nel gergo politico italiano viene definita “desistenza”. Due coalizioni o partiti più deboli si accordano per non ostacolarsi in una serie di collegi uninominale. Ad esempio, in un collegio dove la coalizione A è favorita, la coalizione B potrebbe decidere di non presentare un candidato e invitare i suoi elettori a votare per il candidato della coalizione A, e viceversa.

Ma questo sistema è esplicitamente proibito dal Rosatellum, che vieta il cosiddetto voto disgiunto. In altre parole, non è possibile votare per un candidato all’uninominale della coalizione A e contemporaneamente dare il proprio “voto proporzionale” alla coalizione B. Se voto un candidato all’uninominale, automaticamente il mio voto proporzionale andrà alla coalizione che lo sostiene.

Per fare “desistenza”, quindi, una coalizione dovrebbe rinunciare completamente a presentarsi in un certo collegio, rinunciando così a tutti i voti di quell’area, compresi quelli della parte proporzionale: una proposta che probabilmente nessun partito accetterebbe o che comunque richiederebbe un tale livello di fiducia reciproca da rendere molto più agevole andare semplicemente insieme in coalizione.

La desistenza era possibile solo con la vecchia legge Mattarella, che alla Camera forniva due schede separate per il voto uninominale e quello proporzionale. Oppure nei sistemi, come quello britannico, dove ci sono solo collegi uninominali, quindi rinunciare a presentarsi in un collegio non comporta automaticamente un danno se una forza alleata decide di fare lo stesso in un collegio differente.

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