Al meeting di Rimini, il leader della Lega, Matteo Salvini, ha toccato per la prima volta con mano cosa significa finire pubblicamente nel cono d’ombra di Giorgia Meloni. Nel confronto tra leader l’attenzione e gli applausi sono stati per lei, che ormai è considerata leader naturale della coalizione in forza di sondaggi che la danno abbondantemente sopra il 20 per cento, con la Lega che la rincorre una decina di punti indietro.

Per questo il segretario sta cercando una strategia per recuperare spazio mediatico ed elettorale. Ha scelto di insidiare Meloni corteggiando gli elettori nei territori di riferimento di Fratelli d’Italia e il suo target a cui parlare sono gli anziani ormai in vista della pensione e i cattolici, ma per ora i risultati sono deludenti.

Insidia i territori di Meloni

Non è un caso che Salvini abbia scelto proprio Giulianova, in provincia di Teramo, per aprire la sua campagna elettorale nella serata del 23 agosto. L’Abruzzo è terra di Meloni, che si candida all’uninominale proprio nel collegio dell’Aquila-Teramo ed è guidata dal governatore di Fratelli d’Italia, Marco Marsilio.

Lei ha detto di aver scelto il collegio per ragioni affettive ma anche simboliche, «perché questo territorio incarna la missione che ci aspetta alla guida della nazione: risollevare l’Italia, così come l’Aquila, Teramo e tutto l’Abruzzo si stanno rialzando dopo i devastanti terremoti del 2009 e del 2016». Ieri, però, alla messa e poi alla commemorazione ufficiale ad Amatrice per ricordare i sei anni dal sisma era presente Salvini, insieme alle autorità delle regioni colpite e al commissario straordinario per la ricostruzione, Giovanni Legnini.

Eppure, l’accoglienza abruzzese non è stata delle più calorose. Per l’evento elettorale Salvini ha evitato la formalità del palco e della piazza, che invece è stata la scelta di Meloni per la sua apertura ad Ancona.

L’iniziativa si è svolta nell’ambiente informale in uno stabilimento sul mare e Salvini è inciampato in una gaffe che non è passata inosservata a livello locale: in un passaggio del suo discorso ha criticato i cosiddetti «cambi di casacca» dei politici, ma accanto a lui erano presenti il sindaco di Giulianova Jwan Costantini, entrato nella Lega dopo aver vinto le elezioni con una lista civica contro il candidato leghista, e Antonio Zennaro, deputato eletto con il Movimento 5 stelle e poi passato nella Lega, ricandidato nel collegio di Teramo.

All’uscita, sul lungomare, Salvini è stato contestato da un gruppo di passanti e nei giorni precedenti all’incontro nella città era apparso uno striscione di insulti, che si chiudeva con «l’Abruzzo ti schifa».

Gli arogmenti

Salvini, più abituato ai bagni di folla che alle contestazioni, ha risposto allo striscione «con il sorriso e le idee», in particolare «con Quota 41, la flat tax e la lotta all’immigrazione»

Nel suo comizio, il segretario ha sciorinato le proposte della Lega sull’«azzeramento della Legge Fornero, che manda in pensione un milione di lavoratori e lavoratrici nei prossimi anni e permette alle aziende di assumere lavoratori giovani», poi la «pace fiscale, la rottamazione delle cartelle dell'agenzia delle entrate» e «la revisione del reddito di cittadinanza per dare quei soldi alle imprese per creare lavoro».

La riforma pensionistica, però, non fa tecnicamente parte del programma condiviso dal centrodestra, che parla solo di una generica «flessiblità in uscita dal mondo del lavoro e accesso alla pensione». Meloni, infatti, non ha mai parlato di Quota 41 e ha provato a mandare messaggi di cautela all’alleato, ripetendo di non fare promesse irrealizzabili. «Mandare a casa chi ha lavorato per 41 anni non è la priorità», è il ragionamento tra le file di Fratelli d’Italia, anche perchè la misure costerebbe la cifra esorbitante di 65 miliardi di euro.

L’altro punto caratterizzante della campagna di Salvini è il richiamo ai valori cattolici. Anche Meloni lo aveva fatto, coniando quello che è diventato il suo slogan-tormentone, «sono una donna, sono una madre, sono cristiana», ma ora sta tenendo l’aspetto religioso sullo sfondo. Il leghista è deciso a insidiare questo spazio e lo sta facendo a partire dal motto «Credo», utilizzato su tutti i manifesti. 

La Lega lo ha definito una preghiera laica, ma la scelta si è attirata i malumori delle istituzioni cattoliche come la Conferenza episcopale. Sin dai primi giorni dopo la caduta del governo, inoltre, il leader leghista è comparso in televisione con quadri di madonne alle spalle e ha sempre al collo la croce di legno simbolo di san Francesco d’Assisi. Anche al meeting di Rimini ha provato a far breccia parlando della «difesa della vita, dall’inizio alla fine», con riferimento all’aborto e all’eutanasia, ma non ha acceso la platea.

La campagna elettorale è agli inizi, ma per ora le mosse di Salvini non si stanno dimostrando azzeccate nell’intercettare il sentire dell’opinione pubblica, come era successo alle Europee del 2019. Con il rischio che i riflettori si spostino sempre di più ad inquadrare solo il faccia a faccia tra Meloni ed Enrico Letta, rendendo la rincorsa interna della Lega su FdI una missione impossibile. 

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