Una fiamma tricolore sullo scudo crociato. Questo è il simbolo che meglio rappresenta il modo di fare e di concepire la politica per il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che è il fondatore assieme a Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia.

Ogni partito di estrema destra ha il suo democristiano: Crosetto sta a Fratelli d’Italia come Giancarlo Giorgetti sta alla Lega sovranista di Matteo Salvini. Con la differenza che il primo da giovane ha militato nel Fronte della gioventù, prima di approdare nella Lega Nord, mentre Crosetto è cresciuto nella Democrazia cristiana, è stato peraltro consigliere economico dell’allora presidente del consiglio Giovanni Goria.

Crosetto e Giorgetti con storie e carriere politiche differenti, si ritrovano a vestire i panni di generali moderati in truppe di soldati che sguazzano nel nazionalismo dell’estrema destra. Non potrebbe essere altrimenti, il ministro della Difesa tanto quanto quello dell’Economia custodiscono i rapporti con il mondo delle imprese e della finanza.

Così mentre i leghisti e i fratelli d’Italia vari lanciano le loro invettive contro il politicamente corretto, denunciano complotti a ogni piè sospinto e indicano l’antifascismo quale male assoluto, a Crosetto e Giorgetti tocca mediare, cucire, placare i timori di chi muove l’economia che non apprezza gli estremismi.

L’attitudine moderata del ministro della Difesa è emersa l’ultima volta con il caso del generale Roberto Vannacci, autore del libro, autoprodotto, “Il mondo al contrario” con pagine impregnate di concetti razzisti e omofobi, a dir la verità molto diffusi nelle caserme, in particolare negli ambienti da cui proviene Vannacci, un comandante molto amato nel battaglione dei paracadutisti della Folgore, reparto dove il cameratismo e i riferimenti al ventennio fascista sono ancora fortemente radicati (per documentarsi è sufficiente dare un lettura veloce ai profili social di alcuni “ex parà”).

Il militare è stato difeso da Fratelli d’Italia e non solo (persino Carlo Giovanardi, l’ex ministro di Berlusconi è corso in sostegno del soldato Vannacci), e timidamente censurato da Crosetto.

Perché anche in questo il ministro ha dato prova dell’arte democristiana del colpo al cerchio e uno alla botte: ha preso provvedimenti ma ha motivato la sua azione con una acrobazia lessicale spiegando che il generale non è vittima di «nessun sacrificio in nome del politicamente corretto», si tratta di proteggere le istituzioni non tanto da quel che ha scritto il militare, ma da informazioni che potrebbero danneggiare lo stato, perché «in questa vicenda parliamo di un militare che è soggetto a regole chiare, come mantenere stretto riserbo su ciò che fa in servizio».

Il ministro è interessato alla valutazione non del contenuto del libro, ma se la condotta del generale, cioè trasformarsi in scrittore, è «istituzionalmente corretto». Ai suoi contestatori a destra replica, facendone un vanto, che tutta la sua vita è stata improntata al politicamente scorretto.

Per poi aggiungere: «Mi permetto di dolermi di quanto trovo davvero drammatico e cioè che, soprattutto chi si definisce di destra e si riempie la bocca dei concetti di Patria, Onore, Tradizione e Orgoglio nazionale, dimostri di non conoscere, o conoscere davvero poco, cosa vuol dire avere senso dello Stato, delle Istituzioni, rispetto delle leggi italiane e della Costituzione repubblicana».

Arriviamo così al colpo alla botte: «Se il generale Vannacci avesse scritto un libro sostenendo tesi opposte a quelle che sostiene in questo, io mi sarei comportato esattamente allo stesso modo, da ministro...Voglio rassicurare tutti i miei critici, soprattutto quelli di destra: io riesco a fare bene le due cose insieme, rispettare le leggi e la Costituzione e non essere “appiattito” su alcun “pensiero unico”». Il capolavoro di mettere sullo stesso piano concetti inclusi e un pensiero omofobo.

L’arte degli affari

Per comprendere il Crosetto politico è imprescindibile analizzare il Crosetto imprenditore, uomo d’affari, lobbista. La politica è rimasta una passione, quasi un hobby, per Crosetto. Il ministro della Difesa è prima di tutto un uomo d’affari, prima che fondatore di Fratelli d’Italia, cioè del partito dell’estrema destra italiana immaginato insieme a Giorgia Meloni.

Conosce bene le dinamiche del business, sa muoversi molto bene tra società di stato e private, ha navigato nel mare delle consulenze, tra lobby e interessi personali. Insomma, per i più, inclusi eminenti esponenti del Pd, è un uomo di mondo con cui è necessario interloquire e lo era pure prima quando era a capo dell’Aiad, l’Associazione dell’industria aerospazio e difesa.

Da presidente della federazione confindustriale che raggruppa le più importanti e ricche realtà del settore degli armamenti ha avuto molto sia in termini di denaro (milioni in consulenze da aziende come Leonardo e altre meno note, come rivelato da Domani a ottobre 2022) sia in termini di potere e relazioni.

Nonostante gli affari con le industrie belliche lo ponessero in palese conflitto di interessi, ha accettato l’incarico di ministro della Difesa: ha rinunciato alle laute consulenze, per sedersi dall’altra parte del banco, cioè sulla poltrone del pagatore delle commesse che continueranno a fare ricche le società per cui lavorava.

Ha chiuso anche la società di consulenze e lobbing, per evitare ulteriori polemiche, aveva detto. Gli restano solo le quote in aziende di alberghiere di B&B, con personaggi finiti più volte in passato in informative dell’antimafia.

La trasversalità di Crosetto sta anche in questa girandola di quote e business diversi: dai colossi degli armamenti in affari con il governo ai profitti più leggeri del settore ricettivo. Con chiunque, perché il ministro sa farsi volere bene un po’ da tutti: a destra, al centro, a sinistra, da soci chiacchierati e altri integerrimi. Il favoloso mondo del ministro dall’anima democristiana.

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