Da diverse parti si chiede a gran voce che il governo rilasci i dati del Covid-19.  I dati sull’epidemia Covid-19 sono raccolti ed organizzati dai Servizi Sanitari Regionali e trasmessi ad un’unica piattaforma nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità. Sono i dati di riferimento attraverso i quali si è monitorata l’epidemia, si è verificata l’efficacia delle misure intraprese e si sta sorvegliando l’andamento nella attuale fase.  Sono dati raccolti con un grande impegno, con i fondi pubblici, che vengono resi pubblici attualmente solo in forma parziale ed aggregata.  L’analisi epidemiologica di questi dati è limitata e non soddisfa i bisogni informativi e di ricerca oggi esistenti. Sono numerose le domande scientifiche aperte: quali i fattori che hanno favorito l’epidemia? quali i fattori individuali di suscettibilità all’infezione? quali i fattori organizzativi e terapeutici che hanno condizionato e condizionano  la prognosi? A tali domande non si può rispondere con dati aggregati.

Proviamo anche a pensare a qualche proposta concreta e capire come aiuterebbe disporre di dati più analitici. Vi sono diversi usi che possono essere fatti dei dati già esistenti, se si potesse accedervi anche solo a livello comunale (aggregato, senza cioè dover affrontare il problema dell’accesso a dati individuali sensibili). Una stima di tassi di mortalità e di incidenza della malattia a livello comunale (almeno nei grandi comuni) consentirebbe prima di tutto di capire la discrepanza tra mortalità attribuita al Covid-19 e mortalità generale, come fatto in passato in alcuni comuni, e avvicinarsi dunque a capire quale quota della mortalità generale è dovuta al Covid-19, per fasce di età.  Ma c’è un uso ancora più utile dei dati comunali, quello fatto dal professor Dino Pedreschi (Università di Pisa), finora solo a livello Regionale, e cioè lo studio dei flussi di mobilità e dunque delle potenziali vie di diffusione dell’epidemia. Pedreschi ha già dimostrato  che la mobilità tra Regioni spiegava sia la diffusione dell’epidemia nelle prime fasi, sia l’effetto del lockdown. Un’analisi grossolana come quella a livello regionale ha mostrato infatti che il numero di casi per regione, nelle prime fasi dell’epidemia, era direttamente proporzionale al ritardo con cui il lockdown è stato avviato nelle diverse regioni, spiegando perché il Sud è stato inizialmente risparmiato. L’analisi del gruppo di Pedreschi utilizzava i dati di telefonia mobile forniti da providers privati, operazione che è ora indispensabile estendere al livello comunale.

Un altro uso di dati descrittivi come disponibili all’Iss è l’analisi di clusters (aggregazioni spazio-temporali), anche questa una modalità per seguire l’andamento dell’epidemia e prevederne le principali vie di diffusione, insieme alla distribuzione per fasce di età. Analisi di clusters sono disponibili per esempio per il Piemonte da parte del gruppo del professor Costa dell’Università di Torino (queste analisi richiedono la georeferenziazione geografica dei casi). Sempre a livello descrittivo mancano dettagli relativamente ai decessi, alle ospedalizzazioni e ai ricoveri in terapia intensiva, che potrebbero essere molto utili per programmare la risposta. Tra gli altri utilizzi vi sarebbe la possibilità di effettuare predizioni sull’andamento dell’epidemia, più fini rispetto a quelle oggi disponibili, e dunque pianificare meglio gli interventi. Per esempio, si potrebbero studiare misure di chiusura locale (per aggregati di comuni) per le prossime fasi, anche se attualmente il lockdown generalizzato è probabilmente l’unica misura efficace.

Fin qui i dati descrittivi. Ma non sono sufficienti. Sarebbe fondamentale disporre di informazioni molto più analitiche su come avvengono i contagi. In teoria i servizi di prevenzione delle Asl conducono un’indagine epidemiologica sui contatti e ricostruiscono le vie di trasmissione, ma questi dati non vengono caricati sulle piattaforme informatiche e dunque non sono accessibili. Si deve allora proporre un’indagine apposita, basata su comunicazioni dirette (per esempio via smartphone) a chi si sottopone a un tampone o a un test antigenico, per capire in tempo reale le circostanze in cui i contagi si verificano. Non potremo stare chiusi per sempre, e quando riapriremo dovremo essere in grado di sapere come avviene la diffusione (scuole, trasporti, uffici, luoghi di ricreazione). Dalla semplice analisi dell’incremento dei casi per fasce di età risulta per esempio che in Piemonte ed Emilia-Romagna la crescita più forte nelle scorse settimane si è avuta nella fascia di età 14-18, mentre in Puglia era nelle classi di età inferiori (dati a cura della Associazione Italiana di Epidemiologia). Ma questo livello di granularità è troppo poco per prendere decisioni.

Le risorse intellettuali e di ricerca nel nostro Paese devono essere chiamate ad un grande sforzo collettivo per indagare le modalità di comparsa, mantenimento, progressione della epidemia e i fattori di rischio ed interventi di prevenzione. Per affrontare questo sforzo occorrono i dati individuali ancora non disponibili.  In quanto raccolti dal sistema pubblico, i dati devono essere resi utilizzabili nelle forme più ampie all’intero sistema di ricerca del nostro Paese proprio per sollecitare contributi scientifici, letture integrate e analisi complesse.  In altri paesi esistono già iniziative per garantire l’accesso rapido e semplice ai dati sulla epidemia, favorendo politiche trasparenti basate sulle prove. Ciò sostiene l'efficienza, l'efficacia e l'innovazione.

Non è ancora troppo tardi in Italia per lanciare una sfida innovativa che approfondisca molte delle domande di ricerca ancora aperte. Questa sfida deve garantire dati individuali, ovviamente anonimi, che illustrino per ogni soggetto le caratteristiche rilevanti (sesso, classe di età, data inizio sintomi, data di diagnosi, modalità di contagio, appartenenza ad un cluster epidemico, esito - guarito, deceduto, attivo -, comune e distretto sanitario di residenza) e la tracciabilità negli archivi del Servizio sanitario nazionale. Senza questo passo in avanti si rimane relegati ad una analisi solo parziale e non condivisa, non trasparente, e che genera sospetto e contrarietà.

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