Anche questa settimana il campo si è trasformato nuovamente in un ricettacolo di insulti, razzismo e sessismo: così l’incantesimo dello spirito sportivo si spegne per dare spazio a comportamenti vergognosi
Nel calcio, e in generale in qualsiasi ambiente sportivo, la linea di confine tra ciò che è consentito e ciò che è punibile è netta, almeno sulla carta. Razzismo, insulti e violenza non dovrebbero trovare spazio. Eppure, ogni settimana, lontano dai riflettori, nei campi di provincia di tutta Italia succedono cose censurabili. L’obiettivo di questo spazio è occuparci del calcio pane e salame, una miniera di aneddoti, ma anche di insegnamenti su cosa NON dovrebbe trovare mai spazio su un rettangolo di gioco.
Francesco Vavalson, under 18 del Santamaria (Friuli-Venezia Giulia), promettente centrocampista, espulso per gioco violento, ha reagito «colpendo con una sberla, di cui si sentiva nitidamente lo schiocco, il viso di un avversario». Tre giornate di stop.
Un sostenitore del Brebbia (Lombardia) ha colpito l’arbitro «con tre ceffoni nella parte posteriore del collo, causando dolore locale e mal di testa».
Due giornate di squalifica per Biagio Loretta (Cep, Liguria), per aver colpito un avversario con un pugno in un occhio. Sanzione ridotta «in considerazione dello stato d’ira dovuto alla condotta subita precedentemente». Ossia? Marco Angiulli, del River Plaine (Piemonte), benché espulso per chissà quale motivo, «rientrava in campo per due volte costringendo l’arbitro a sospendere il gioco».
Insulti e parolacce
Daniele Vanzetti, capitano del Caramagna (Piemonte) espulso per fallo e reazione («ma che ca**o fischi»), alla vista del cartellino rosso è esploso: «Vai a ca*are, raz*a di me**a», squalifica a 12 giornate, poi ridotte a 10 dal giudice sportivo perché «rumeno raz*a di me**a, cogli*ne e pagliaccio», all’arbitro, in realtà gliel’hanno urlato dalla tribuna altri tifosi (nel gruppo c’era anche il capitano, ma non è sicuro).
300 euro di multa alla Santerenzina (Liguria) per via di alcuni tifosi che colpivano un guardalinee, alla schiena e alla testa, «con delle ghiande lanciate da poca distanza». 150 euro al Savona (sempre Liguria) per lancio contro un altro assistente, stavolta di «pane masticato» (che fa anche schifo).
Al Cisano (Liguria) non garbano le quattro giornate di squalifica per il suo attaccante, Matteo Vignola. Il club non mette in dubbio quanto affermato dall’arbitro («il calciatore mi ha detto “sei un cogli*ne, non ho fatto nulla, imbecille») ma ritiene la frase «irriguardosa, ma non ingiuriosa». Il giudice sportivo, che ancora sta cercando di capire la differenza, nel frattempo ha confermato la squalifica.
Irriferibili le valanghe di squalifiche comminate a calciatori del Quiliano Valleggia (prima categoria ligure). Il direttore di gara ha avuto la colpa (grave) di annullare un gol nella gara contro il Cisano. Non l’avesse mai fatto, attorniato da un drappello di calciatori, questa una breve rassegna degli insulti ricevuti: «Bravo cogli*ne, hai rovinato una partita», «non farti più vedere sennò la prossima volta non torni a casa vivo, mongoloide di me**a», «vaffan*ulo arbitro di me*da», «ti mangio il cuore, sei un uomo morto, idiota».
Insulti sessisti e… cinture come armi
Loris Marchettini, dirigente accompagnatore (e picchiatore) del Riotorto (Toscana), è entrato in campo e ha prima aggredito e buttato a terra un giocatore avversario, ha proseguito colpendo all’addome il custode del campo, poi ha iniziato a insultare l’assistente di parte della squadra avversaria e, una volta espulso dall’arbitro donna, se l’è presa con quest’ultima: «Ma cosa ragioni, donna di mer*a, vai a lavare i piatti».
Tre mesi di squalifica per Antonio Gallo (Virtus Poggibonsi, Toscana), espulso, «porgeva la mano all’arbitro per il saluto, che poi ritraeva con fare derisorio». Un mito.
3.500 euro di multa al Viareggio (Toscana), in campo avverso, un numero imprecisato di tifosi aggredivano i calciatori avversari «usando come arma le cinture dei pantaloni colpendo i giocatori con le fibbie». Non solo: un ultrà lanciava «un cassonetto pieno di rifiuti colpendo alla testa un giocatore avversario che cadeva a terra per l’impatto».
Sputi all’arbitro e insulti all’arbitra
Un anno di squalifica a Giuseppe Napoli, allenatore dell’under 19 dell’Autovit San Mauro calcio (Piemonte). Espulso per proteste e insulti al direttore di gara, faceva per uscire dal campo, poi si girava e – dalla distanza di tre o quattro metri – sputava all’arbitro (senza colpirlo). Il tollerante giudice sportivo riduce di due mesi la squalifica: lo sputare resta sempre atto censurabile, ma va considerata «la distanza tra i due soggetti e la parte del corpo attinta» (tutto vero, purtroppo).
La Polisportiva Camerlona (Emilia-Romagna) ha presentato ricorso contro la squalifica per 8 giornate del suo difensore Ruben Fidone, a causa di insulti all’arbitro donna, «falsità del referto». L’arbitra infatti, per raccontare gli insulti ricevuti, «li avrebbe riprodotti in un idioma dialettale tipicamente napoletano, mentre il calciatore è siciliano».
Fanno sorridere i 300 euro di multa a una società toscana, per «lancio di fumogeni in campo». La squadra si chiama Scintilla.
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