Il 18 ottobre scorso il primo ministro di Singapore Lee Hsien Loong ha incontrato l’omologo australiano Anthony Albanese a Canberra per firmare un accordo dalla portata storica: trasferire energia pulita alla città-stato asiatica attraverso un cavo sottomarino collegato al più grande parco solare del mondo, che verrà realizzato nel deserto dell’Australia.

L’impianto è della Sun Cable ed è destinato, almeno nelle intenzioni, a raggiungere 20 gigawatt di capacità solare e 42 gigawattora di accumulo. Numeri importanti che testimoniano la volontà dell’Australia di diventare una “superpotenza delle energie rinnovabili”. Sun Cable ha sottolineato che, in caso di successo, il collegamento tra i due paesi rappresenterebbe la prima rete elettrica intercontinentale al mondo anche se, per la verità, un altro progetto che unirà due continenti con un cavo è allo studio tra Marocco e Regno Unito.

Sono i primi passi della creazione di un’enorme ragnatela di fili elettrici intorno al pianeta. Una conseguenza della lotta alle emissioni di anidride carbonica e dello sviluppo delle energie rinnovabili: il sole e il vento si possono sfruttare lontano dai centri industriali e dalla città, nei deserti o nei mari del nord, e quindi vanno stesi chilometri di cavi elettrici per collegare centrali solari e parchi eolici ai luoghi di consumo, liberando questi ultimi dalla dipendenza dei combustibili fossili.

Poi c’è un tema di sicurezza energetica: come ha mostrato la guerra in Ucraina, ogni paese dovrebbe avere più interconnessioni con le nazioni vicine in modo da non restare isolato o preso per la gola da un singolo fornitore e potenziale avversario.

Secondo l’Istituto giapponese delle energie rinnovabili, che promuove la creazione di una super rete asiatica (Asia super grid) tra Cina, Mongolia, Giappone, Corea e altri paesi dell’area, «una connessione internazionale presenta tre vantaggi principali: garantire una fornitura più stabile in caso di catastrofi, sostenere una maggiore diffusione e utilizzo delle energie rinnovabili, e offrire elettricità più economica».

Tokyo potrebbe infatti utilizzare l’elettricità prodotta da fonti con bassi costi di generazione come l’energia idroelettrica, eolica e solare fotovoltaica (in Cina e Mongolia, ad esempio). I giapponesi guardano con interesse all’Europa dove, ricorda l’Istituto, «le connessioni di rete internazionali sono ben sviluppate e gli operatori europei si scambiano reciprocamente l'elettricità generata da fonti energetiche rinnovabili e variabili».

Sempre in Asia si sta ipotizzando una linea ad alta tensione per unire i deserti dell’India nordoccidentale con l’Oman. E, in direzione opposta, attraversare il Bangladesh, il Myanmar e il Vietnam. Jagjeet Sareen, vicedirettore generale dell’International Solar Alliance vicino a Delhi, che sta guidando il progetto fondato su centrali fotovoltaiche, ha affermato al Wall Street Journal che altri collegamenti tra medio oriente, Europa e Africa «potrebbero creare una rete che si estende attraverso 10 fusi orari, alimentando una parte del mondo con il succo di un'altra. L’obiettivo è arrivarci entro il 2050».

Il ruolo dell’Italia

In questa gigantesca opera di cablaggio planetario l’Italia intende avere un ruolo privilegiato sfruttando la sua posizione al centro del Mediterraneo. Stefano Donnarumma, amministratore delegato di Terna, la società che gestisce la rete ad alta tensione dell’Italia, sostiene che il nostro paese è destinato a diventare un hub energetico. 

«Riteniamo che la Comunità europea possa approvare a breve anche il collegamento con il nord Africa e questo aprirebbe uno scenario molto importante nella direttrice sud-nord tra due continenti» ha dichiarato di recente il manager intervenendo, presso l’Università di Salerno, all’inaugurazione del Tyrrhenian Lab, il centro di eccellenza avviato da Terna per favorire la transizione energetica del nostro paese.

«Speriamo che questo possa avvenire presto perché il futuro dell'Italia è proprio di essere, nella sua posizione geografica vantaggiosa, un hub energetico». L’idea è quella di collegare la Sicilia alla Tunisia con un elettrodotto lungo oltre 200 chilometri, con una potenza di 600 megawatt in corrente continua e che richiederà un investimento complessivo di 850 milioni di euro.

Oltre a realizzare il Tyrrhenian Link, il più profondo collegamento marino al mondo, tra Sardegna, Sicilia e Campania e trasportare sempre più energia prodotta dalle fonti rinnovabili prevalentemente al sud verso i centri di maggior consumo localizzati nel nord, Terna sta potenziando le interconnessioni internazionali.

Oggi la società gestisce 26 linee elettriche transfrontaliere e sta realizzando alcune nuove infrastrutture. La più importante, anche dal punto di vista tecnologico, è quella ad altissima tensione in corrente continua tra Piossasco, in Piemonte, e Grande Ile, in Francia, un progetto considerato strategico per l’Europa.

A nord-est verrà creata invece una nuova infrastruttura per raddoppiare la capacità di interscambio elettrico tra Italia e Austria con una rete completamente interrata e quindi “invisibile”. A nord sarà costruita una nuova linea di interconnessione con la Svizzera, da mille megawatt di potenza. Terna ha previsto poi di investire circa 750 milioni di euro per la realizzazione di un nuovo cavo sottomarino con la Grecia, anche in questo caso raddoppiando l’attuale capacità di scambio tra i due paesi.

Inoltre, ha preso il via la fase operativa di Selene (Southeast electricity network coordination center) al quale partecipano i gestori di rete di Italia, Grecia, Bulgaria e Romania: è un centro di coordinamento regionale che ha l’obiettivo di intensificare la cooperazione energetica e aumentare la sicurezza della trasmissione elettrica nell’Europa sudorientale.

Il GO15

Il ruolo delle interconnessioni per un sistema elettrico sempre più efficiente e sicuro, la resilienza delle reti, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dei sistemi di accumulo sono stati, peraltro, i temi al centro della riunione annuale del comitato direttivo del GO15, l’associazione internazionale che riunisce i principali gestori di reti di trasmissione elettrica, tenutasi a Roma nei giorni scorsi sotto la presidenza di Donnarumma.

Gli amministratori delegati dell’associazione che complessivamente gestisce circa il 50 per cento del trasporto dell’energia elettrica a livello globale, si sono confrontati proprio sulle tematiche della transizione energetica e della sicurezza dei sistemi elettrici.

I progetti di interconnessione richiedono la posa di migliaia di chilometri di cavi elettrici. Un mercato che globalmente valeva 156,3 miliardi di dollari nel 2021 e che dovrebbe raggiungere i 224,1 miliardi entro il 2027. Non solo: la distribuzione sul territorio di tantissimi piccoli produttori di energia con i pannelli solari sui tetti, l’avvento delle auto elettriche e la produzione intermittente di elettricità dalle centrali rinnovabili, costringono i gestori ad aumentare la digitalizzazione e l’intelligenza della rete.

Secondo le stime della Commissione, l’Europa dovrà spendere 584 miliardi di euro fino al 2030, per modernizzare la sua rete elettrica. Ma questo consentirà di dare energia verde a chi ne ha bisogno riducendo la dipendenza dall’estero.

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