- Il Cremlino pretende che YouTube e Facebook blocchino i post che mostrano la guerra; gli ucraini chiedono che le compagnie taglino il servizio in Russia; gli occidentali vogliono che siano bloccati i media statali e la propaganda russa.
- Ma va notato che gli stessi strateghi preoccupati della propaganda dichiarata emanata dal nemico, nulla hanno chiesto di sostanziale nei confronti del ben più massiccio lavoro di disinformazione che tutte le parti in causa svolgono attraverso utenze mascherate dall’anonimato.
- Alcuni vorrebbero da parte dei social una netta scelta di campo e dunque l’assunzione di una coerente responsabilità editoriale. Ma un qualsiasi “taglio” editoriale mutilerebbe l’universalità della piattaforma restringendola al campo delle cerchie di idee, odi e passioni più propense.
Leggiamo sul New York Times che il Cremlino pretende che YouTube e Facebook blocchino i post che mostrano la guerra; gli ucraini chiedono che le compagnie taglino il servizio in Russia; gli occidentali vogliono che siano bloccati i media statali e la propaganda russa. Il tutto mette sotto pressione i “team di sicurezza” che “identificano e rimuovono la disinformazione sponsorizzata dallo stato” nei social network, al punto che per tenere buone le richieste gli staff di Facebook, YouTube e Twi



