L’invasione dell’Ucraina ha mandato in soffitta, per sempre, molte delle convinzioni e delle analisi che credevamo immutabili della nostra visione dell’est Europa e dei 23 anni di Vladimir Putin al potere ininterrottamente al Cremlino. Non è andata così e la storia ha fatto un salto in avanti inaspettato con l’ordine mondiale e i suoi equilibri che sta cambiando davanti ai nostri occhi.

Convinzioni granitiche sono andate in frantumi sotto i cingoli dei carri armati russi che attraversavano i confini di uno stato libero e sovrano tra l’incredulità generale dei maggiori think tank internazionali. Con la premessa che ovviamente non sappiamo come andrà a finire l’intera vicenda, vale la pena mettere in fila alcune di queste sorprese della storia che hanno spiazzato spesso anche gli analisti più sofisticati.

La guerra lampo

Tutti gli analisti militari si aspettavano una guerra lampo da parte russa con incursioni delle forze speciali come gli spetsnaz, distruzioni chirurgiche, magari con lanci missilistici da crociera, di centri di comando e una passeggiata delle forze meccanizzate russe nel Donbass: tutti elementi che avrebbero dovuto rapidamente convincere le forze armate ucraine alla resa senza condizioni e al rapido cambio di governo. Invece c’è stata una forte resistenza ucraina, inaspettata che ha capovolto le aspettative iniziali.

Un esempio è stato la conquista rocambolesca, sotto le telecamere della Cnn, dell’aeroporto di Kiev da parte dei paracadutisti russi che però non avevano nemmeno le forze necessarie per difenderlo; successivamente gli ucraini lo hanno ripreso e hanno costretto i russi, che hanno mandato in campo dei coscritti di leva dalla Siberia di 18-20 anni e senza esperienza militare, a schierare molte più forze per riconquistarlo.

Intanto gli ucraini hanno distribuito le armi ai civili preparandosi alla resistenza casa per casa. Ma Mosca finora non ha utilizzato fino in fondo la forza aerea: perché? Le lunghe colonne di carri armati russi hanno allungato troppo le linee logistiche lasciandole sguarnite e sottoponendole agli attacchi di piccole squadre di ucraini dotate di armi anti carro.

Putin chiama al golpe

Il presidente russo nei primi momenti dell’invasione ha chiamato al golpe, facendo appello all’esercito di Kiev a “prendere il potere” e a rimuovere il governo “fantoccio” dell’ex comico diventato capo dello stato, Volodymyr Zelensky. Un esecutivo democraticamente eletto è stato etichettato da Mosca come una “banda di drogati e neonazisti”, con parole durissime. Così, ha suggerito Putin, «sarà più facile per voi militari trovare un accordo con noi».

Ma l’appello all’ammutinamento è fallito mentre la popolazione si rifugia nelle metropolitane adibite a bunker antiaerei e durante il giorno scava trincee con i sacchi di sabbia e si arma di bottiglie Molotov. Così l’operazione “speciale russa in Ucraina” deve proseguire in modo sempre più duro ma sempre più indiscriminato. La sorte del presidente ucraino è apparsa in un primo momento la chiave di volta del conflitto. «Questa potrebbe essere l’ultima volta che mi vedete vivo», aveva detto Zelensky in videoconferenza ai leader europei. In realtà le doti di leadership del presidente Zelensky sono state grossolanamente sottovalutate da molti analisti occidentali.

Eppure il presidente ucraino ha assicurato di restare al suo posto e non ha accettato di rifugiarsi all’estero come suggerito da Washington e da Parigi. «Siamo qui, stiamo difendendo l’Ucraina», ha detto in un video amatoriale girato dal suo stesso cellulare per strada in mimetica militare nella notte di Kiev. Alla fine dei primi giorni di invasione, inaspettatamente l’Ucraina ha resistito.

Cosa è cambiato a Kiev rispetto al 2014 quando i russi conquistarono senza colpo ferire la Crimea mettendosi d’accordo con gli ufficiali ucraini? L’esercito ucraino da allora è stato meglio addestrato da istruttori americani e britannici, ha preso coscienza della sua identità. Sebbene l’Ucraina sia sotto pesante attacco da almeno tre fronti diversi, i militari di Kiev combattono fieri lasciando gli obiettivi non difendibili e concentrandosi solo sulle città e sulle linee di rifornimento. Forse si stanno preparando alla resistenza e alla guerriglia urbana.

È emblematica la vicenda dei tredici guardiacoste di Kiev diventati famosi dopo che sui social si è diffuso l’audio in cui sbeffeggiavano il comandante della nave da guerra russa che ha poi occupato la piccola isola dei Serpenti nel mar Nero, poco distante dalle rive della Romania, nazione partner della Nato.

La forza della risposta occidentale

A sorpresa è arrivata l’unanimità e la forza della risposta occidentale che ha previsto anche le forniture di armi a cui ha partecipato anche la Svezia. Il governo tedesco di Olaf Scholz non solo ha partecipato alle sanzioni economiche, ma ha deciso di aumentare al 2 per cento del Pil il budget annuale per la difesa.

Ha spiazzato gli analisti anche l’ampiezza e la profondità delle sanzioni, inclusa la sospensione mirata ad alcune banche russe dal sistema di pagamento bancario dello Swift. Non solo. Numerosi paesi occidentali hanno deciso la chiusura dello spazio aereo agli aerei russi, compresi quelli privati degli oligarchi. Hanno poi preso una serie di decisioni generali per fare della Russia uno stato paria fuori dai circuiti internazionali. 

La battaglia dell’informazione

Un elemento di ulteriore sorpresa è stato constatare la superiorità occidentale e ucraina nella guerra dell’informazione di fronte a maestri della “disinformazia” come i russi. Gli ucraini hanno ad esempio permesso ai prigionieri russi di chiamare a casa i loro familiari. Così è diventata ufficiale l’esistenza di prigionieri che invece non figuravano nella versione degli eventi proposta da Putin. Anche sui social media sono apparse immagini di soldati russi presi prigionieri da civili ucraini.

Ma la mossa vincente è stata la diffusione di informazioni, provenienti da fonti statunitensi o alleate, condivise ancora nelle prime fasi della crisi, a costo di bruciare le “talpe” interne. Biden è stato accusato di avere voluto enfatizzare per giorni un rischio inesistente in Europa: purtroppo invece aveva ragione.

L’opposizione della società civile russa

A sorpresa abbiamo assistito in diretta tv a una varietà di forme di opposizione alla guerra nelle città in Russia. I manifestanti hanno preso una decisione personale che richiede un notevole coraggio da parte di coloro che la fanno. Ha sorpreso anche il silenzio degli oligarchi russi che hanno assunto una posizione di cauto dissenso, preoccupati per gli effetti delle sanzioni economiche. Quanto sia radicato questo sentimento di opposizione alla guerra è ancora presto per dirlo.

Perché gli analisti hanno sbagliato

Il punto di fondo è che gli analisti di politica internazionale sono rimasti come ipnotizzati dalla potenza militare russa. Nel tempo si è diffuso uno strisciante pessimismo su come le democrazie occidentali avrebbero potuto relazionarsi con sistemi autoritari come quelli di Mosca e Pechino. Ed è stato trascurato infine il desiderio di autodeterminazione degli ucraini. 

Come scrive il professore Eliot A. Cohen della Johns Hopkins University School of Advanced International Studies, «esiste la nebbia della guerra che a sua volta è il regno della sorpresa» e in questo campo «si tratta di interazione, non di pianificazione meccanica». Insomma la storia si muove molto più rapidamente di quanto ci aspettavamo. Molti credevano che la guerra non potesse tornare in Europa ma le cose sono andate in modo diverso. Il risultato finale, anche se tra infinite sofferenze del popolo ucraino, potrebbe essere una rinnovata fiducia nelle libere istituzioni democratiche.

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