Per come ce l’ha raccontata, Elon Musk ha comprato Twitter per «sbloccare il potenziale» di una piattaforma che sotto la sua guida diventerà la portabandiera della libertà d’espressione. I più critici, invece, non solo vedono di pessimo occhio la sua radicale interpretazione della libertà d’espressione (molto simile a quella degli estremisti di destra), ma pensano che Elon Musk stia proteggendo soprattutto la sua, di libertà: quella di poter utilizzare a piacimento una piattaforma dove spesso si comporta come il peggiore dei troll (dotato però di 90 milioni di seguaci).

Dietro la scelta di acquistare Twitter ci sarebbe quindi una banale ragione: il potere. Potere di gestire come meglio crede un social network dal fondamentale peso mediatico e di avere un’influenza diretta a livello politico e sociale. Adesso anche Elon Musk – come in modo diverso il suo arcirivale Jeff Bezos, proprietario del Washington Post – fa parte del gotha dei mass media, con tutto il prestigio che ne deriva.

Per essere un’operazione finanziaria per cui Elon Musk sta spendendo 45 miliardi di dollari, c’è un aspetto che non viene però quasi mai preso in considerazione: i potenziali guadagni. D’altra parte, lo stesso Musk ha pubblicamente dichiarato di «non essere minimamente interessato all’aspetto economico» e i fatti sembrano dargli ragione.

Il suo patrimonio (246 miliardi di dollari) è infatti costituito in gran parte da azioni Tesla. Per acquistare Twitter, Musk ha recentemente venduto qualcosa come 8,5 miliardi di dollari in azioni Tesla: una mossa che era stata anticipata dagli investitori e che ha fatto crollare il valore delle azioni, passate dai 1.145 dollari del 4 aprile agli 870 dollari del 2 maggio (-24 per cento).

Poiché Musk detiene tuttora oltre il 15 per cento di Tesla, l’uomo più ricco del mondo sta penalizzando soprattutto sé stesso, confermando l’ipotesi che questa sia un’operazione economicamente disinteressata. Se non bastasse, Twitter è una realtà che impallidisce di fronte a Meta (117 miliardi di fatturato e 46 di guadagni), Alphabet (257 miliardi di fatturato e 76 di guadagni) o Amazon (rispettivamente 469 e 33).

Un società mal gestita

Twitter non solo genera poco più di 5 miliardi di dollari di fatturato, ma i profitti, negli anni, sono stati incostanti e mediocri: nel 2020 ha perso oltre un miliardo di dollari, mentre i due bilanci precedenti, per la prima volta nei suoi quindici anni di vita, erano stati in attivo (per 1,1 e 1,4 miliardi). Nel 2021, se si escludono i 766 milioni di dollari pagati per una class action, Twitter ha invece ottenuto un utile di 270 milioni. Insomma, i risultati economici del social network sono estremamente altalenanti e spesso scarsi.

I soldi quindi non c’entrano davvero nulla? Non la pensa così Pascal-Emmanuel Gobry, opinionista economico conservatore, che ha dato una lettura completamente diversa della vicenda. «Vale la pena notare che (Musk) ha l’opportunità di comprare una macchina da soldi e di fare tonnellate di denaro», ha scritto Gobry proprio su Twitter. «Ogni addetto ai lavori della Silicon Valley con cui ho parlato ha affermato che la società è gestita in maniera orribile e che il modo più facile per aumentare i profitti sarebbe di licenziare un sacco dei suoi strapagati e incompetenti dipendenti. Addirittura il 50 o 75 per cento della forza lavoro».

Che Twitter (settemila dipendenti) sia una società mal gestita è in effetti qualcosa che si è più volte sentito dire. Se non bastasse, il nuovo proprietario del social network è noto per essere uno che richiede moltissimo dai suoi dipendenti e che è stato criticato per licenziare con parecchia facilità. C’è un altro aspetto che viene sottolineato da Gobry: «Grazie all’effetto network, Twitter si gestisce da solo. Tutto ciò che devi fare è pagare le bollette di AWS (la piattaforma cloud di Amazon che ne gestisce l’infrastruttura, ndr) e poi puoi avere un reparto commerciale a New York e un team di sviluppatori in Polonia o in India».

Il margine di profitti, secondo Gobry, potrebbe facilmente raggiungere il 50 per cento, dando così vita a una piattaforma in grado di generare circa 2 miliardi di dollari l’anno di guadagni: soldi che andrebbero dritti dritti a Elon Musk, unico proprietario di Twitter. «E questo sarebbe denaro contante, non volatili azioni di Tesla di cui deve comunque restare in possesso per mantenere il controllo sulla società».

Una visione forse semplicistica (soprattutto per quanto riguarda la facilità con cui si può gestire questa piattaforma), ma che ha il merito di evidenziare un aspetto: nonostante le montagne russe finanziarie, Twitter ha dimostrato di avere il potenziale di generare guadagni significativi, soprattutto nel momento in cui finiscono nelle tasche di una persona sola.

Per un uomo che ha dichiarato più volte di avere quasi tutta la sua ricchezza in azioni, si tratterebbe in effetti di un bel cambiamento, soprattutto se la sua sua gestione (che sarà sicuramente più esigente di quella del fondatore Jack Dorsey) porterà i risultati che molti si attendono.

Forse non sarà la ragione principale per cui ha comprato Twitter. Forse davvero Elon Musk sente l’esigenza di imporre al mondo intero la sua interpretazione del concetto di libertà d’espressione. Unendo però le potenzialità economiche di Twitter al prestigio che deriva dal possedere un social network così influente, anche di questa particolarissima operazione finanziaria si può dare la più classica chiave di lettura: soldi & potere.

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