Lo scorso 3 dicembre il neo proprietario di Twitter, Elon Musk, annunciava la pubblicazione di una serie di documenti segreti che evidenzierebbero le falle “democratiche” del noto social network usato soprattutto da giornalisti e politici.

I primi documenti, ai quali seguiranno altri nei prossimi giorni, sono stati pubblicati sulla piattaforma dal giornalista Matt Taibbi e riguardano le pressioni dello staff di Joe Biden – all’epoca non ancora presidente gli Stati Uniti –  per “oscurare” un’inchiesta del New York Post su suo figlio Hunter e alcuni suoi interessi imprenditoriali in Ucraina.

«I Twitter Files raccontano una storia incredibile dall’interno di una delle piattaforme di social media più grandi e influenti del mondo. È il racconto frankensteiniano di un meccanismo costruito dall’uomo e sfuggito al controllo del suo progettista», scrive Taibbi.

«Nella sua prima concezione, Twitter è stato più che all’altezza della sua missione: dare alle persone “il potere di creare e condividere idee e informazioni istantaneamente, senza barriere”», ha aggiunto. Ma, secondo il giornalista, con l’avanzare del tempo l’azienda è stata lentamente costretta ad aggiungere alcune barriere «per combattere spam e frodi finanziarie». E si è arrivati a un momento in cui anche «gli esterni hanno iniziato a chiedere all’azienda di manipolare il linguaggio: prima un po’, poi più spesso, poi costantemente».

L’attacco ai democratici

Secondo Taibbi, nel 2020 il personale di Twitter ha ricevuto e soddisfatto richieste sia dalla Casa Bianca, provenienti direttamente dallo staff del presidente repubblicano Donald Trump, sia dallo staff della campagna elettorale di Joe Biden.

Tuttavia, «questo sistema non era equilibrato», «si basava sui contatti», scrive, «poiché Twitter era ed è composto per la maggior parte da persone di un unico orientamento politico, c’erano più canali, più modi per lamentarsi, aperti alla sinistra (beh, ai democratici) che alla destra».

Tuttavia, non ci sono dati e statistiche su quale partito sia stato favorito di più a livello politico dalla moderazione dei contenuti su Twitter.

I documenti su Hunter Biden

Secondo i documenti pubblicati dal giornalista americano, qualche settimana prima delle elezioni presidenziali del 2020, Twitter avrebbe oscurato su richiesta di Joe Biden l’articolo del New York Post, giornale notoriamente vicino ai repubblicani, con un’inchiesta sul figlio Hunter.

«Twitter ha adottato misure straordinarie per sopprimere la storia, rimuovendo i link e pubblicando avvisi che potevano essere “non sicuri”. Hanno persino bloccato la condivisione dell’articolo tramite messaggio diretto, uno strumento fino ad allora riservato a casi estremi, come la pedopornografia», scrive Taibbi.

La scelta è stata presa da manager di alto livello ma non dall’allora fondatore e ceo Jack Dorsey che, una volta venuto a conoscenza del caso, ha fortemente criticato la linea adottata dai suoi dipendenti. Ne era invece a conoscenza l’ex responsabile dell’ufficio legale, politico e fiduciario Vijaya Gadde che ha avuto un ruolo chiave nella vicenda.

Alcuni ex dipendenti citati come fonti da Taibbi hanno detto che la “censura” all’inchiesta del New York Post era stata presa sulla base del rischio di hackeraggio e di interferenze straniere nella campagna elettorale del 2020 per influenzarne il risultato. Una giustificazione che è stata discussa anche all’interno della società.

E da qui viene la più importante novità pubblicata da Taibbi, dato che la notizia in sé era già nota. Il giornalista, infatti ha pubblicato anche uno scambio di messaggi tra più dipendenti dove emergono i dubbi sul bloccare o meno la pubblicazione degli articoli, mentre un’indagine avviata da Twitter cercava di verificare se effettivamente quel materiale provenisse o meno da un hackeraggio contro il computer di Hunter Biden.

Il contenuto dell’inchiesta su Hunter Biden

L’articolo del New York Post riguarda alcuni documenti trovati all’interno di quello che viene considerato il computer di Hunter Biden, figlio del presidente degli Stati Uniti. Il materiale sarebbe stato consegnato dal titolare di un negozio di riparazioni dove Hunter aveva portato il suo computer.

Il contenuto del pc è passato poi nelle mani di personaggi di spicco tra i collaboratori di Trump, come il suo stratega Steve Bannon e il suo avvocato Rudy Giuliani che hanno cercato di approfittare della situazione. La destinazione finale del materiale è dunque la redazione del New York Post che ha pubblicato i contenuti.

I documenti più “scottanti” riguarderebbero un presunto caso di corruzione nel quale Hunter Biden era coinvolto in Ucraina, con il tentativo di trarre vantaggio dalla figura del padre, già ex vicepresidente degli Stati Uniti durante l’amministrazione di Barack Obama. Una storia che è stata ampiamente trattata anche da altri giornali ma che per ora non ha portato a nessuna conseguenza legale per il figlio di Joe Biden.

Dopo la pubblicazione dell’articolo, il Washington Post ha eseguito un’analisi forense sul disco che conteneva i documenti pubblicati dal New York Post. «Alcuni dei dati contenuti nell’unità portatile sembrano essere autentici», si legge in un articolo del Washington Post dell’epoca.

Tuttavia, «gli esperti di sicurezza che hanno esaminato i dati per il Post hanno faticato a giungere a conclusioni definitive sul contenuto nel suo complesso, compreso il fatto che tutti i dati provenissero da un singolo computer o potessero essere stati assemblati da file provenienti da più computer e inseriti nell’unità portatile».

Cosa aspettarsi

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Taibbi e Musk hanno annunciato che nei prossimi giorni altri casi simili verranno alla luce. Il giornalista ha ottenuto una grande mole di materiale da fonti interne a Twitter, senza specificare chi sia stato. Nonostante sia coinvolto Twitter, Elon Musk può trarne giovamento perché i documenti confermerebbero le sue tesi e le sue accuse secondo cui il social network, prima del suo acquisto, non riusciva a garantire la libertà di espressione e di parola agli utenti.

Anche per questo nelle scorse settimane Musk ha deciso di riattivare l’account Twitter di Donald Trump, che era stato sospeso il 6 gennaio del 2021, giorno in cui decine di migliaia di suoi sostenitori hanno preso d’assalto Capitol Hill. All’epoca Trump era accusato di aver fomentato la protesta e non aver fatto nulla per impedire l’attacco alle istituzioni democratiche americane. 

Dopo la riabilitazione dell’account di Trump ora segue un attacco a Joe Biden e in molti si chiedono quale sia la strategia di Elon Musk, che in poche settimane ha licenziato migliaia di dipendenti di Twitter.

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