Migliaia di anni di storia culinaria potrebbero scomparire per sempre. L'anguilla europea (Anguilla anguilla) infatti rischia di non essere più presente nei piatti di molti consumatori abituali, e potrebbe estinguersi nel giro di qualche decennio, se non saranno presi provvedimenti. Perdita di habitat, inquinamento, sovrapesca e non ultimo il traffico illegale stanno mettendo a serio rischio non solo l'iconica specie, ma interi settori economici, tanto che hanno spinto l'Europa a sospendere la pesca per almeno sei mesi durante il periodo della migrazione.

Nel 2018 l'Unione per la conservazione della natura (Iucn) ha descritto l'anguilla europea come in «grave pericolo» (critically endagered), mentre già vent'anni fa si chiedeva di intervenire per salvare la specie, dati i chiari segnali di riduzione nella popolazione.

Nel 2022, il Consiglio internazionale per l'esplorazione del mare (Ciem) ha proposto il divieto integrale di pesca per tutte le fasi della vita dell'anguilla, estendendo tale divieto anche alle catture di anguille cieche provenienti da acquacoltura e dalle pratiche di ripopolamento, insieme al ripristino degli habitat dell'anguilla.

Nel frattempo la Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (Gfcm) della Fao, ha redatto un piano di gestione pluriennale per le anguille, grazie ad una ricerca sul campo durata tre anni e condotta in nove paesi mediterranei (tra cui l'Italia), e che ha portato alla proposta di una chiusura parziale delle pesca per almeno sei mesi all'anno e un divieto totale e permanente della pesca ricreativa dell'anguilla europea in tutte le fasi di crescita e in tutti gli habitat, siano essi acque dolci, salmastre o marine.

Un pesce misterioso

La particolarità di questo pesce infatti è la capacità di vivere in differenti ambienti con concentrazioni saline diverse. Nasce nel mare dei Sargassi, nei Caraibi, e durante la prima migrazione subisce alcune metamorfosi dallo stadio larvale a quello giovanile.

Una volta arrivata sulle coste europee cambia stadio, si avvicina agli estuari dei fiumi risalendone i corsi, fino a diventare “adolescente”. A quel punto il richiamo della riproduzione spinge il pesce – che non è ancora maturo a livello sessuale – a lasciare le acque dolci per dirigersi nel luogo di nascita.

Un viaggio di migliaia di chilometri che porterà l'anguilla a sviluppare gli organi sessuali e riprodursi nel solo luogo del pianeta dove questo è possibile, ovvero il mar dei Sargassi. Il punto infatti è proprio questo: ad oggi non siamo in grado di far nascere l'anguilla in cattività, ma solo di allevarla una volta catturata in natura.

E questo, evidentemente, ha messo in crisi gli allevamenti data anche l'elevata domanda di carne d'anguilla, di cui il mercato asiatico – in particolare quello giapponese - ne è particolarmente ghiotto.

Nel mercato nero

Certamente gli aspetti ambientali hanno un peso determinante sul deterioramento delle popolazioni: inquinamento delle acque, barriere artificiali nei corsi d'acqua, crisi climatica. Ma è il traffico illegale uno degli aspetti meno considerati che ne sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza.

Già nel 2007 infatti, l'Unione europea aveva adottato un regolamento per garantire la protezione e l'uso sostenibile della specie, mentre nello stesso anno, la specie è stata inserita nell'Appendice II della Convenzione sul Commercio internazionale delle specie selvatiche minacciate di estinzione (Cites).

Da quel momento l'importazione e l'esportazione a livello internazionale è strettamente regolamentata, ma i numeri dei sequestri e delle operazioni di polizia continua a restare elevato. Solamente a maggio 2023, un'operazione interforze condotta tra Francia, Belgio, Spagna e Polonia, ha portato all'arresto di 27 persone dedite al traffico di anguille verso l'Asia, e al sequestro di quasi quattro tonnellate di pesci.

La squadra investigativa ha stimato che il gruppo criminale avesse esportato in maniera illegale tra il 2021 e il 2023, una quantità tale da portare ad un profitto stimato di 1,18 milioni di euro. Nonostante la messa al bando della vendita di anguilla dall'Europa nel 2010 verso paesi extra-Ue, si stima che il mercato illegale valga almeno tre miliardi di euro l'anno.

La mobilitazione

A fine 2023 anche il mondo della ristorazione ha voluto dare un segnale. I 21 membri del World culinary council di Relais & Châteaux hanno votato per eliminare immediatamente l'anguilla dai menù dei loro ristoranti.

«Gli chef svolgono un ruolo fondamentale: possiamo far crollare la domanda; possiamo impedire l'estinzione delle anguille per preservare la biodiversità e permettere alle generazioni future di continuare a consumarle, ma solo se agiamo ora», spiegava in una nota lo chef Mauro Colagreco, vicepresidente del gruppo e proprietario del Mirazur, ristorante tre stelle Michelin nel sud della Francia. Certamente un passo importante, un'assunzione di responsiabilità utile a sensibilizzare l'opinione pubblica e i consumatori.

Sembra la solita storia, accaduta anche alle balene durante gli anni Settanta, quando si rischiò di perderle per sempre. Ma la storia in quel caso ebbe un lieto fine. La società civile e l'opinione pubblica spinse la politica a regolamentare la pesca e a vietarla dove necessario. Una mobilitazione di massa che come risultato ebbe la ripresa della popolazione di cetacei. Saremo in grado di ripeterlo per l'anguilla?

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