Il tasso globale di decessi legati al caldo è aumentato del 23 per cento dagli anni Novanta, fino a toccare 546mila morti all’anno. In Italia, in particolare, se ne stimano 7.400 all’anno nel periodo 2012-2021, più del doppio rispetto all’ultima decade del secolo scorso. Questi gli allarmanti risultati della nuova edizione del Lancet Countdown on Health and Climate Change, uno dei più autorevoli rapporti scientifici che indagano il rapporto tra cambiamento climatico e salute.

«Il bilancio sanitario di quest'anno dipinge un quadro desolante e innegabile dei danni devastanti per la salute che raggiungono tutti gli angoli del mondo, con minacce record per la salute dovute al caldo, agli eventi meteorologici estremi e al fumo degli incendi, che uccidono milioni di persone», ha avvertito la dott.ssa Marina Romanello, direttore esecutivo del Lancet Countdown.

Lo studio è condotto dallo University College di Londra in collaborazione con l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), e coinvolge 128 esperti di spicco provenienti da 71 istituzioni accademiche e agenzie delle Nazioni Unite.

Oltre all’aumento della temperatura, a mietere vittime sono anche l’inquinamento atmosferico dovuto al fumo degli incendi e all’uso continuo delle fonti fossili, da sole responsabili di 2,5 milioni di morti all’anno. E l’Italia si porta a casa il triste primato di paese europeo con la più alta mortalità provocata dall’inquinamento dell’aria dovuto ai combustili gassosi e liquidi: 41 morti ogni 100mila persone, per un totale di 63.700 decessi nel 2022. La buona notizia è che stanno almeno migliorando: rispetto al 2010, c’è stata una diminuzione del 27 per cento.

2024 annus horribilis

Se il trend di questi decenni è preoccupante, il 2024 si è caratterizzato per essere l’anno peggiore di sempre: gli italiani sono stati sottoposti a ben 46 giorni di ondate di calore estremo. Senza il riscaldamento globale, queste si sarebbero limitate a 13. Rispetto agli anni Novanta, il caldo ha poi portato l’attività fisica all’esterno ad essere lievemente o moderatamente rischiosa per 434 ore in più.

«Il clima stesso sta aumentando il numero di ondate di calore in Italia a causa della sua posizione al centro del Mediterraneo» spiega Romanello a Domani, «ma il numero di giorni con temperature estreme è così alto anche perché l’Italia ha aree particolarmente calde e una popolazione particolarmente densa».

Le condizioni metereologiche più aride e secche hanno inoltre alimentato globalmente gli incendi. E il conseguente aumento delle polveri sottili ha portato a un altro record negativo: 154mila morti al mondo durante l’anno passato. In Italia, si stima che fra il 2020 e il 2024 il fumo provocato dagli incendi abbia causato in media 1.100 morti all’anno.

Un simile aumento della temperatura ha comportato poi anche conseguenze economiche e sociali. L’aumento del calore ha fatto perdere agli italiani circa 15 ore lavorative per persona, in particolare nel settore dell’edilizia. L’altro settore altamente danneggiato è l’agricoltura, con oltre il 60 per cento del territorio italiano che ha sofferto di almeno un mese di siccità estrema nel periodo 2020-2024.

L'energia pulita salva vite

Ma la fotografia dipinta dal report non è solo negativa: l’abbandono del carbone e l’aria più pulita hanno permesso di salvare 160mila vite all’anno. Un segnale positivo, soprattutto tenendo in considerazione che arriva in contemporanea con la notizia che gli esperti delle Nazioni Unite prevedono che le emissioni inizieranno a diminuire nei prossimi anni per la prima volta dagli anni Novanta. Per questo, i ricercatori esortano i governi a non fare marcia indietro negli impegni assunti in materia di clima.

«Abbiamo già a disposizione le soluzioni per evitare una catastrofe climatica e le comunità e i governi locali di tutto il mondo stanno dimostrando che il progresso è possibile. Dalla crescita dell'energia pulita all'adattamento delle città, l’azione è in corso e produce benefici reali per la salute, ma dobbiamo mantenere lo slancio. La rapida eliminazione dei combustibili fossili rimane la leva più potente per rallentare il cambiamento climatico e proteggere le vite umane» spiega Romanello.

Senza un taglio drastico alla produzione delle fonti fossili, questi progressi rischiano infatti di diventare vani. Per questo, il report stigmatizza il fatto che i cento maggiori colossi energetici mondiali hanno aumentato la produzione di combustibili fossili prevista a partire dal marzo. Con i numeri attuali, le loro emissioni di gas serra porterebbero a superare di quasi tre volte i livelli compatibili con un aumento della temperatura che non vada oltre 1,5 gradi centigradi entro il 2040. Questo renderebbe – secondo gli autori del report – inutili gli sforzi di adattamento a tutela della salute.

Per Romanello, quindi, «la distruzione di vite e mezzi di sussistenza continuerà ad aumentare finché non porremo fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili e non alzeremo drasticamente il tiro per adattarci». Un messaggio forte e chiaro alla vigilia dell’approvazione dell’obiettivo climatico dell’Unione europea in discussione alla riunione straordinaria dei ministri dell’Ambiente del 4 novembre e della prossima Conferenza sul cambiamento climatico dell’Onu (Cop), che si terrà in Brasile dal 10 al 21 novembre.

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