Il report Europe’s environment 2025 evidenzia i limiti delle politiche ambientali: ecosistemi al collasso, emissioni dei trasporti che stentano a calare e compensazioni insufficienti. In Italia si registra un consumo di suolo record e danni per 2.330 euro per abitante da eventi estremi
Non basta il Green deal europeo per salvare il continente dalla crisi climatica. A metterlo nero su bianco è l’Agenzia europea per l’ambiente che nel suo rapporto quinquennale descrive uno scenario allarmante: l’80 per cento delle aree protette è in cattivo stato, l’inquinamento prodotto da veicoli stenta a diminuire e l’impatto economico degli eventi estremi è in forte aumento, soprattutto in Italia.
E mentre «l’Europa si riscalda a una velocità doppia rispetto alla media globale», gli autori del rapporto lanciano l’allarme: il punto di non ritorno è sempre più vicino e «non avrà un impatto solo sugli ecosistemi, ma sulla tenuta dell’intero sistema socioeconomico».
I dati
Il rapporto Europe’s environment 2025 mostra le fragilità del continente di fronte alla sfida climatica evidenziando come l’Europa, nonostante alcuni successi, rischi di perdere la battaglia. Le conseguenze si misurano in eventi estremi sempre più frequenti, dalle ondate di calore record agli incendi, dalle alluvioni improvvise alle siccità prolungate.
Il tema principale è quello delle emissioni, su cui il rapporto fotografa una situazione ambivalente. Se da un lato i settori industriale ed energetico hanno ridotto di circa il 35 per cento il proprio impatto rispetto al 2005, dall’altro «le emissioni derivanti dal trasporto e dall’agricoltura restano sostanzialmente stabili da decenni». Nonostante gli sforzi, infatti, l’Europa fatica a superare la «dipendenza da combustibili fossili» nel settore del trasporto domestico con pesanti ricadute sul raggiungimento degli obiettivi ambientali dell’Ue.
A peggiorare ancor di più la situazione è l’indebolimento progressivo degli elementi che dovrebbero mitigare le emissioni. Nell’ultimo decennio si è infatti registrata una perdita di circa il 30 per cento nella capacità dell’ecosistema di compensare le emissioni rispetto al decennio precedente. Una situazione causata in particolare «dall’invecchiamento delle foreste, l’abbattimento diffuso e frequente di alberi, e la sempre maggior frequenza di incendi, siccità e parassiti».
Così oltre il 60 per cento del suolo europeo risulta degradato, mentre l’80 per cento degli habitat naturali protetti appaiono oggi in cattivo stato. Un quadro che rende quasi impossibile il contenimento delle emissioni del continente.
Se gli impatti sull’ambiente sono evidenti, meno immediata è la lettura delle ricadute sul sistema sociale ed economico: nel 2022 l’inquinamento da polveri sottili ha provocato «circa 239.000 morti premature» in Europa e, tra il 1980 e il 2023, gli eventi climatici estremi hanno causato perdite superiori a 730 miliardi di euro, con danni medi annui più che raddoppiati nell’ultimo decennio.
obiettivi non raggiunti
Il Green deal europeo, che avrebbe dovuto guidare il continente verso la neutralità carbonica, non sta dunque dando i risultati attesi e sembra inefficace per contrastare le emergenze principali. Di 22 obiettivi ambientali per il 2030 solamente due, quelli relativi alle emissioni di gas serra e alla riduzione dei composti che distruggono lo strato di ozono, sono quelli al momento raggiungibili entro i termini previsti.
Una debolezza politica dovuta principalmente alla disomogeneità delle misure nazionali: molti stati sacrificano regolamenti ambientali in nome della competitività. In questa cornice si crea, denunciano gli autori, «una totale mancanza di coerenza tra gli obiettivi ambientali e le politiche settoriali, con gli interessi economici che spesso prevalgono sulle preoccupazioni ambientali».
La transizione ecologica rischia così di generare squilibri territoriali, con le regioni già fragili che pagano il prezzo più alto, mentre molti governi attendono che l’Ue finanzi la svolta, senza muovere passi decisivi internamente.
Il caso dell’Italia
Tra gli stati che dovrebbero agire con maggior decisione, secondo gli autori del rapporto, c’è anche l’Italia. Pur sottolineando i segnali positivi che arrivano dal nostro paese, in particolare per quanto riguarda l’agricoltura biologica e lo sviluppo di energie rinnovabili, il report mette in luce come la velocità delle politiche resti insufficiente rispetto alla scala delle sfide mentre proseguono trend negativi in vari settori.
Il dato più preoccupante si registra in termini di impermeabilizzazione e consumo di suolo che restano tra i più alti in Europa. «Dal 2006 ad oggi - spiega l’Agenzia - oltre 120.000 ettari sono stati sigillati, con il 40 per cento concentrato nelle regioni settentrionali, esercitando una pressione significativa sugli ecosistemi». Una situazione critica che, unita al verificarsi di eventi estremi sempre più frequenti, genera un impatto importante sul nostro paese con ricadute sia in termini di salute e qualità della vita, sia di carattere economico.
Secondo l’Agenzia, infatti, tra il 1980 e il 2023 gli eventi meteorologici estremi nel nostro paese hanno generato perdite pari a circa 2.330 euro per abitante, un dato che colloca l’Italia al quarto posto tra gli stati più colpiti in Europa. Una situazione che grava sul nostro paese dove «la transizione ecologica richiederebbe un approccio più forte e integrato per affrontare sistematicamente le sfide ambientali e climatiche».
© Riproduzione riservata



