L’incontro di Stresa, sul lago Maggiore, che si conclude sabato 25 maggio, tra i ministri delle Finanze e i governatori delle banche centrali dei paesi G7, sotto la guida del ministro Giancarlo Giorgetti, segna uno dei momenti più importanti per la presidenza italiana del G7 2024. Molte delle grandi questioni globali, clima, salute e sicurezza alimentare, passano dalla capacità di questi attori di mobilitare le risorse finanziarie necessarie per investimenti in beni pubblici. Dare risposte in un momento di regole fiscali restrittive, che limitano lo spazio per interventi pubblici, non è affatto facile, ma estremamente necessario

La fiducia nei confronti dell’occidente è in rapido declino. L’assenza di una risposta adeguata e innovativa alle sfide di finanziamento per lo sviluppo rischia di mettere a repentaglio il benessere di miliardi di persone e complicare le relazioni con i paesi del sud globale.

Emergono inoltre rischi per la sicurezza esterna e interna dei paesi occidentali e di realtà come l’Italia, punto di raccordo tra Europa, Africa e Medio Oriente. Una risposta lenta e blanda alle sfide poste dal cambiamento climatico minerebbe la stabilità degli ecosistemi necessari allo sviluppo, base per la convivenza pacifica tra le nazioni.

Gli investimenti necessari per affrontare la sfida climatica sono stimati in circa 1.000 miliardi di dollari all’anno nel 2025 e 2.400 miliardi entro il 2030, di cui una buona parte sotto forma di sovvenzioni e prestiti agevolati. Il resto, attraverso finanziamenti privati. A oggi, ne mancano circa la metà.

Cosa possono fare i paesi G7? Innanzitutto, seguire le indicazioni del presidente della Banca mondiale, Ajay Banga, e di 19 capi di stato e di governo africani sul rifinanziamento dell’Agenzia internazionale per lo sviluppo (Ida), la più importante fonte globale di finanziamento per lo sviluppo. La richiesta ai paesi donatori è quella di raggiungere un volume di donazioni di almeno 30 miliardi di dollari in occasione della conferenza di rifinanziamento di Ida a dicembre, ospitata dalla Repubblica di Corea. Vedremo a Stresa un impegno, seppur generico e collettivo, ad aumentare i finanziamenti di Ida?

Il debito globale

In secondo luogo, è urgente una riforma del debito globale per ridurre gli alti livelli che bloccano l’accesso a nuovi finanziamenti e i cui costi associati rappresentano un’uscita di capitali dai paesi del sud globale verso l’occidente, in un momento di forte fabbisogno interno per contrastare crisi multiple.

I paesi G7 dovrebbero rivedere le regole di gestione e sostenibilità del debito, in particolare quelle a capo del Fondo monetario internazionale (Fmi), e offrire clausole per sospendere i pagamenti del debito nel momento di crisi.

Senza una riforma delle Banche multilaterali di sviluppo che punti a triplicare le risorse per lo sviluppo entro il 2030, sarà impossibile raggiungere i fabbisogni. I paesi G7 dovrebbero accogliere con favore la conferma, da parte delle agenzie di rating, dell’ampio margine di manovra che le Banche di sviluppo dispongono per aumentare la leva finanziaria.

Sarebbe auspicabile da parte del G7 un sostegno al via libera del Fmi a utilizzare i Diritti speciali di prelievo come capitale ibrido, opzione pronta a essere applicata dalla Banca africana di sviluppo e dalla Banca interamericana di sviluppo.

Se i ministri volessero davvero accompagnare il sistema economico e finanziario verso la transizione energetica in modo ordinato, dovrebbero richiedere ad aziende, istituzioni finanziarie e istituzioni pubbliche lo sviluppo di Piani di transizione per riorientare le scelte di investimento verso sistemi economici sostenibili. Idealmente, all’interno di una cornice di standard comuni.

Una migliore comprensione e comunicazione della progettualità futura su diversi orizzonti, e quindi della maggiore o minore esposizione ai rischi climatici e di mercato derivanti da essi, permetterebbe una maggiore efficacia nella gestione dei rischi.

È fondamentale quindi che i paesi G7 sostengano la riforma della regolamentazione finanziaria per mitigare il rischio climatico, compresa la riforma prudenziale globale, nei principali forum economici e finanziari multilaterali, a partire dal G20 e dal Comitato di Basilea.

Tutto ciò dovrebbe andare in parallelo con la progressiva rimozione dei sussidi alle fonti fossili, che incentiverebbe il passaggio verso un’economia pulita e aiuterebbe a ridurre la pressione sul debito pubblico: in Italia ammontano a oltre 20 miliardi di euro e a livello globale a 142 miliardi di dollari tra il 2020 e il 2022.

La tassazione internazionale

Infine, la tassazione internazionale. Il Brasile, il cui ministro è presente a Stresa tra gli ospiti invitati, ha introdotto l’idea di una tassa minima per i super ricchi: come reagiranno i paesi G7 di fronte a questa proposta che riconosce che iniquità ed evasione fiscale non sono inevitabili, ma scelte politiche?

Senza nuovi impegni finanziari, l’Accordo di Parigi sul clima è in pericolo. Alla prossima Cop29 di Baku, a novembre, i paesi tenteranno di trovare un accordo su un nuovo obiettivo finanziario per il clima: senza interventi precisi e mirati da parte dei ministri delle Finanze e dei capi di stato nell’assicurare nuovi impegni finanziari e riforme del sistema internazionale, tutto l’impianto dell’Accordo, e quindi il grande patto globale per il clima, rischia di crollare, disintegrando uno degli ultimi spazi di successo della cooperazione multilaterale.

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