Il blackout che ha colpito Spagna e Portogallo lo scorso 26 aprile – lasciando milioni di persone senza elettricità per diverse ore – ha riportato al centro del dibattito europeo la tenuta delle reti elettriche e le sfide dell’integrazione delle rinnovabili. Secondo le prime analisi, il guasto potrebbe essere stato innescato da una perdita improvvisa di circa 15 GW di potenza, con effetti a catena sui sistemi iberici. Gli esperti escludono un legame diretto con le fonti rinnovabili, ma sottolineano come l’evoluzione delle reti – sempre più interconnesse, decarbonizzate e digitali – renda necessario rafforzarne la resilienza. Un tema tutt’altro che marginale anche in Italia. La transizione energetica infatti si gioca, anche, su tralicci, snodi elettrici e cavi. Il sistema elettrico nazionale sta infatti attraversando una fase di profonda trasformazione, una metamorfosi resa necessaria non solo dal crescente peso delle fonti rinnovabili nel mix energetico italiano, ma soprattutto dal ritmo con cui queste stanno chiedendo di essere connesse alla rete. Alla fine di febbraio 2025, secondo i dati Terna, le richieste complessive di connessione alla rete elettrica nazionale hanno raggiunto quota 354,80 GW, una cifra che va ben oltre gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), che prevede 70 GW al 2030.

Nel dettaglio, dei circa 354 GW di richieste, 153 GW riguardano il solare fotovoltaico, 109 GW l’eolico onshore e 88 GW l’eolico offshore. Numeri che raccontano un paese in fermento, in cui le rinnovabili stanno cercando spazi per crescere. Ma questa crescita, per non tradursi in un collo di bottiglia tecnico-burocratico, ha bisogno di un’infrastruttura solida, commisurata agli scenari futuri di una decarbonizzazione del settore elettrico.

Per questo Terna ha messo in campo il nuovo Piano di Sviluppo decennale 2025-2034, che prevede investimenti per oltre 23 miliardi di euro, un record nella storia dell’azienda, coerente anche con i target definiti dal PNIEC 2024 e dal Documento di Descrizione degli Scenari 2024 Terna-Snam, che prevede un incremento della capacità installata solare ed eolica di oltre 65 GW al 2030 e di 94 GW al 2035.

Ma non si tratta solo di impianti di produzione da rinnovabili. «Le richieste di connessione di impianti rinnovabili, di sistemi di accumulo e, sempre più negli ultimi mesi, di data center, sono in costante aumento», ha dichiarato l’amministratore delegato Giuseppina Di Foggia. Il rischio è quello della cosiddetta «saturazione virtuale» della rete: la disponibilità tecnica esiste, ma il sovraccarico di richieste e la lentezza dei processi autorizzativi e infrastrutturali rischia di bloccare tutto.

Il rischio blocco

A spiegare meglio questa dinamica è Paolo Rocco Viscontini, presidente di Italia Solare: «Le richieste di connessione per circa 354 GW sono chiaramente sproporzionate rispetto agli obiettivi del PNIEC, ma riflettono un fenomeno strutturale. Oggi è possibile presentare domanda di connessione senza alcun vincolo sostanziale, né economico né tecnico. Questo meccanismo, unito alla lentezza e complessità degli iter autorizzativi, ha incentivato una sorta di ‘corsa alla prenotazione’, perché chi presenta la domanda è consapevole dell’elevato tasso di mortalità dei progetti».

Dal punto di vista normativo, i gestori della rete, sia di trasmissione che di distribuzione, sono obbligati dalla legge del 1997 a fornire una soluzione di connessione a chiunque ne faccia richiesta, anche se questo comporta tempi lunghi e costi elevati. «Il risultato – continua Viscontini – è che tutti ottengono una risposta positiva, anche per impianti che poi non verranno mai realizzati. Questo porta alla cosiddetta saturazione virtuale: la rete risulta ‘prenotata’ per anni da progetti che non si concretizzano, ma che nel frattempo bloccano la disponibilità di capacità per altri, come aziende e famiglie». Un problema grave e trasversale perché rallenta lo sviluppo di impianti realmente realizzabili, ostacola l’accesso alla rete per l’autoconsumo e penalizza l’intero sistema economico. «Serve una revisione urgente delle regole», spiega Viscontini.

La crescita - vertiginosa - dei data center

Nell’ultimo biennio si è inoltre registrata una crescita delle richieste anche per gli utenti di consumo, che prelevano direttamente energia dalla rete di trasmissione nazionale e includono impianti ad alto consumo energetico. Le richieste possono riguardare sia l’adeguamento di impianti già operativi sia la connessione di nuovi impianti. Questa tendenza è attribuibile in larga parte ai centri di elaborazione dati (data center): al 31 dicembre 2024 le richieste ammontavano a circa 30 GW, un dato 24 volte superiore rispetto a quello del 2021. Queste richieste si concentrano soprattutto nel Nord Italia, in particolare in Lombardia.

Attualmente, la potenza media standard associata ai data center supera i 100 MW, anche a seguito dello sviluppo del cloud computing e, più recentemente, delle applicazioni dedicate all’Intelligenza artificiale. Il Documento degli scenari 2024 prevede che, al 2030 e negli anni successivi, la domanda elettrica crescerà anche per effetto del consumo da parte dei Data Center.

Tra gli utenti di consumo sono poi inclusi gli interventi abilitanti le infrastrutture del trasporto ferroviario, per cui al 31 dicembre 2024 risultavano richieste per una potenza in prelievo pari a 2 GW. Per quanto riguarda il Cold Ironing – ovvero l’elettrificazione delle banchine portuali per permettere alle navi di spegnere i motori ausiliari – sono arrivate a Terna richieste di connessione pari a 1 GW.

Le difficoltà autorizzative

Per evitare la paralisi autorizzativa e realizzativa, Terna ha adottato – dopo l’approvazione del Decreto-legge Sicurezza Energetica – un nuovo processo di programmazione territoriale delle infrastrutture elettriche. L’obiettivo è migliorare l’efficienza nella realizzazione delle opere abilitanti, ridurre le congestioni amministrative e contenere i costi per il sistema. In altre parole, si tratta di costruire una rete capace di evolversi insieme alla produzione diffusa, sostenibile, decentrata.

Su questo punto, Viscontini sottolinea: «Il nuovo processo avviato da Terna rappresenta un passo concreto nella giusta direzione. Tuttavia, va considerato anche il punto di vista di chi già possiede una soluzione di connessione e si vede potenzialmente scavalcato da nuovi soggetti, in un contesto in cui i ritardi spesso dipendono dalla Pubblica Amministrazione. Inoltre, le amministrazioni locali tendono a rimandare le decisioni per timore delle opposizioni, anche quando esistono leggi che consentirebbero di autorizzare molti impianti».
Il tema della realizzazione degli impianti, in particolare quelli a terra, «è molto delicato». Spesso le amministrazioni locali preferiscono non decidere, rimandando la questione in attesa di una soluzione a livello nazionale. «Eppure, esistono leggi che, se applicate, consentirebbero di autorizzare molti impianti, ma prevale la paura di opposizioni locali, soprattutto nei casi in cui i progetti sono percepiti come troppo impattanti», spiega Viscontini.

Va detto che la proposta iniziale di Terna per contrastare la saturazione virtuale della rete non è stata accolta come emendamento nel DL Bollette. L’azienda aveva suggerito di introdurre nuovi criteri di priorità per l’assegnazione della capacità di rete, con meccanismi più selettivi che premiasse i progetti realmente cantierabili, evitando così che richieste speculative occupassero spazio a scapito di iniziative concrete. Inoltre, Terna proponeva una gestione integrata tra rete di trasmissione e distribuzione, per affrontare il problema in modo sistemico. Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha invece optato per l’avvio di un tavolo tecnico congiunto con i gestori della rete, su impulso anche di Italia Solare, che ha chiesto di estendere il confronto al livello distributivo, dove la saturazione virtuale è altrettanto evidente.

La sfida dunque è duplice: da un lato rendere la rete più robusta e interconnessa, dall’altro più intelligente. Digitalizzazione, sensoristica, capacità predittiva: saranno questi i pilastri su cui si fonderà la rete elettrica di domani. Una rete capace di dialogare con milioni di impianti distribuiti sul territorio, prevedere la produzione da fonti intermittenti come vento o sole, gestire in tempo reale i flussi e bilanciare domanda e offerta in modo dinamico. Non si tratta solo di sostituire cavi e tralicci, ma di cambiare paradigma.

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