Il 17 novembre, per la prima volta da quando teniamo traccia di questi dati, la Terra è stata di oltre 2°C gradi più calda dell'era pre-industriale. Non era mai successo. Due gradi è la soglia limite dell'accordo di Parigi e quindi di tutti gli obiettivi climatici. Averla superata per un solo giorno non significa aver fallito in modo irrecuperabile, perché il cambiamento del clima si misura sui decenni, ma è un segnale preoccupante, perché ogni decennio inizia con un solo giorno e quel giorno è arrivato. Inoltre, nel 2023 i giorni in cui la Terra è stata più calda di +1.5°C (l'obiettivo considerato climaticamente più sicuro) sono stati già 86. Ci sono scienziati, tra cui James Hansen della Nasa, che sostengono come il cambiamento climatico stia fisicamente accelerando.

Questo il fronte della malattia, poi c'è il tema della cura. Gli ultimi dati dell'Emission Gap report dell'Onu dicono che con le policy attuali, cioè le medicine che stiamo prendendo per togliere CO2 dall'atmosfera, rischiamo di fermare il riscaldamento globale a uno sconfortante +3°C, territorio completamente inesplorato. Eppure l'Agenzia internazionale dell'energia ci dice che stiamo installando rinnovabili a un ritmo mai visto: 500 GW nel 2023, in tre anni siamo passati da vendere un'auto elettrica su 25 (2020) a una su 5 (2023), il picco dei combustibili fossili sembra in vista. È la transizione di Schrödinger, come il gatto del paradosso inventato dal fisico tedesco, vivo e morto allo stesso tempo. La transizione avviene, ma è veloce o lenta a seconda dei parametri che applichiamo, è diseguale, a rischio di storture sociali, ma anche necessaria, soprattutto per le persone, le classi sociali e i paesi più deboli. Cosa fare con tutto questo è un enorme dilemma per il pensiero progressista, lo è anche per il Partito Democratico in Italia, anch'esso in una situazione ambigua. Né al potere come i socialisti spagnoli, ma nemmeno in declino, è in un momento di forzato ottimismo in attesa della prova dei fatti. E quella prova dei fatti contiene queste domande.
Le destre hanno già scelto dove stare. Non tutte le destre, sia chiaro. L'Olanda al voto oggi esce da un decennio di governo di centro-destra targato Rutte avendo installato, nell'ultimo semestre, 2.8 GW di fotovoltaico, praticamente quanto l'Italia, con molto meno sole e un terzo del territorio. Ma le destre globali somigliano molto di più all'estremo di Javier Milei, neo presidente eletto dell'Argentina, che esprime ad alta voce e con la motosega concetti praticati un po' ovunque, dai conservatori britannici di Sunak alla destra USA (anche non trumpiana), passando ovviamente per i nostri Meloni e Salvini. «Il riscaldamento globale è una bugia socialista». La linea è trasformare un problema scientifico in una guerra culturale, una zuppa in cui finisce dentro tutto, da Greta Thunberg all'ONU.

Sono domande importanti perché tra fine anno e il 2024 c'è una tripletta di eventi politici dai quali l'azione per il clima uscirà trasformata, rafforzata o indebolita. Saranno uno stress test difficile per il pensiero ecologista progressista, che dovrà definire i temi e il linguaggio, capire cosa funziona in chiave elettorale e cosa no, cosa è utile e cosa è tossico. La scienza ha da tempo individuato gli anni '20 come quelli del grande strappo: non è importante cosa facciamo entro il 2050 ma dove ci troveremo nel 2030. Se avremo tagliato le emissioni della metà, come sulla carta progettano di fare sia gli Stati Uniti che l'Unione Europea, saremo in un mondo. Se quel piano avrà fallito, saremo in un altro mondo, in cui i piani a lungo termine di net zero valgono molto meno. E, come in una sceneggiatura scritta in modo diabolico, sia USA che UE andranno al voto quasi a metà di questo decennio. Un voto in cui sarà in gioco tutto. 

Per anni avevamo invocato climate election, elezioni in cui finalmente i problemi del clima fossero al centro del dibattito. Qualcuna ne abbiamo avuta, come l'Australia dopo il trauma incendi. Quelle del 2024 non saranno «climate election» ma «carbon election», elezioni in cui si parlerà del prezzo della transizione (e della non transizione) molto più di quanto si parlerà di riscaldamento globale. Le persone hanno il bisogno di essere protette dai cambiamenti climatici, ma anche dai cambiamenti sociali ed economici che vengono con la transizione. Tra destra e sinistra sarà una competizione a chi saprà avere il messaggio più convincente, che tenga insieme entrambi i livelli.

Le elezioni del 2024 non si giocheranno solo su questo, ovviamente, ma passeranno anche da qui. E avranno conseguenze giganti. Esiste uno scenario in cui a fine 2024 c'è un ritorno di Trump (o un altro con le sue idee) e una Commissione anti-Green Deal. Questo esito costerebbe in termini di policy, emissioni, gradi ed eventi estremi. Esiste però anche uno scenario in cui Biden vince, la sua impostazione pro clima a colpi di incentivi e re-industrializzazione guadagna altri quattro anni, e in'Europa si conferma il blocco Green Deal, che includeva anche il centro-destra con la maggioranza Ursula, cioè il compromesso che portò alla sua nomina nel 2019. Da questo scenario la Terra uscirebbe con prospettive migliori. La destra ha già deciso come battersi, i partiti di sinistra invece devono trovare proposte e contenuti nuovi, e devono farlo in poco tempo. Per il PD di Schlein è una sfida non facile: tra temi, parole d'ordine e toni è ancora tutto da costruire.

Ad aprire la tripletta di eventi, tra pochi giorni parte COP28, la conferenza sul clima di Dubai. Sarà un test per il modello di Biden e Green Deal. Insieme coprono il 24% delle emissioni, ogni sforzo è vano se non si convincono gli altri paesi, non solo Cina e India, ma anche le altre grandi economie emergenti e quelle fossili. È l'ultima COP di questo Green Deal, pensato quattro anni fa per essere un attivatore globale, per avere un effetto che andasse oltre i 27 paesi dell'UE e per convincere il mondo che un'economia prospera e decarbonizzata è possibile e desiderabile. A Dubai c'è l'ultima chiamata per definire questa eredità globale, a giugno 2024 invece saranno gli europei a decidere se loro vogliono ancora quel tipo di economia e di futuro. Per convincerli, i socialisti europei dovranno saper raccontare una storia nuova.

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