L’umanità sta correndo rischi giganteschi circa il proprio futuro e di tutto ciò che vive sulla Terra»: questa è la conclusione che si può leggere nella ricerca Safe and just Earth system boundaries, pubblicato su Nature dai ricercatori internazionali riuniti da “Future Earth” e guidati da Johan Rockström, direttore del Potsdam-Instituts für Klimafolgenforschung (Pik).

Spiega Rockström: «Stiamo mettendo a rischio la solidità e la resilienza dell’intero pianeta. Abbiamo voluto mostrare numeri realistici basati su una solida ricerca scientifica che servono per stimare lo stato della salute del nostro pianeta anche per quanto riguarda il benessere umano». Joyeeta Gupta, co-presidente dell’Earth Commission e co-ricercatore dello studio sottolinea che «orami esistono prove evidenti che un approccio giusto ed equo nei confronti della Terra è fondamentale per la stabilità planetaria. Non è possibile immaginare un pianeta “bio-fisicamente” sicuro senza giustizia. Questo include definire quali sono gli obiettivi giusti per prevenire danni significativi e garantire l’accesso alle risorse alle persone».

I dati

Per questo motivo Earth Commission ha quantificato quali sarebbero i confini sicuri per il clima, la biodiversità, l’acqua dolce e diversi tipi di inquinamento dell’aria, del suolo e dell’acqua. Le conclusioni dicono che «la maggior parte di tali confini sono stati violati. Ne sono esempi le attività umane che stanno modificando i flussi idrici, come le quantità eccessive di nutrienti rilasciati nei corsi d’acqua a causa dell’utilizzo di fertilizzanti. Tutto ciò porta a minacciare non solo l’esistenza dell’uomo, ma anche gli ecosistemi. Decine di milioni di persone sono già danneggiate dall’attuale livello di cambiamento climatico, il mondo ha già superato il confine climatico giusto e sicuro, che è fissato ad 1° C al di sopra dei livelli di temperatura preindustriali» spiega Gupta.

C’è da preoccuparsi da questi risultati? Rockström spiega che, a meno che non si verifichi una trasformazione tempestiva, è molto probabile che si sia vicinissimi a punti critici irreversibili e impatti fortemente negativi sul benessere umano. «Evitare questo scenario è fondamentale se vogliamo garantire un futuro sicuro e giusto per le generazioni attuali e future», ha sottolineato. Dahe Qin, co-presidente della Earth Commission ha aggiunto: «La definizione degli obiettivi globali si è concentrata sul cambiamento climatico e sulla limitazione del riscaldamento globale ben al di sotto dei 2° C e puntando a 1,5° C secondo l’Accordo di Parigi. Ma ora abbiamo la certezza che è necessario gestire tutti gli altri sistemi e processi biofisici sulla Terra che determinano la vivibilità sul pianeta».

Spazio alla Cina

AP

Dopo aver portato in orbita terrestre tre nuovi astronauti, grazie al lancio avvenuto nella notte 29 e il 30 maggio con un razzo Long March 2F, la Cina sta lavorando sempre più per portare l’uomo sulla Luna.

«Prevediamo di inviare astronauti sulla Luna prima del 2030», ha detto un funzionario della China Manned Space Agency (Cmsa), poco prima della partenza del nuovo equipaggio verso la loro stazione spaziale. Il vicedirettore dell’agenzia, Lin Xiqiang, ha affermato che la Cina ha recentemente avviato la “fase di atterraggio” del suo programma di esplorazione lunare umana, mettendo in atto le relative fasi di ricerca e sviluppo per raggiungere la Luna con degli uomini, tra cui la costruzione di un nuovo sito di lancio, un razzo per il trasporto dell’equipaggio, lo sviluppo di un lander lunare e anche le tute necessarie per camminare sulla Luna. «L’obiettivo», ha aggiunto, «include anche l’esplorazione scientifica lunare e i relativi esperimenti tecnologici, la padronanza di tecnologie chiave come il viaggio di andata e ritorno con equipaggio Terra-Luna, la permanenza sulla superficie lunare a breve termine e l’esplorazione congiunta uomo-robot».

Il pianeta bollente

Cercare acqua nell’universo è un compito fondamentale se si vuol trovare la vita come la conosciamo noi. Ora è stata trovata nell’atmosfera di un esopianeta, ossia di un pianeta che ruota a una stella che non è il nostro Sole. Va però sottolineato che su quel pianeta la vita è impossibile perché le temperature sono insostenibili. Quel pianeta si chiama Wasp-18b, è stato scoperto nel 2009 e si trova a circa 400 anni luce da noi.

Gli astronomi lo definiscono un “gigante gassoso caldo”, perché ha una massa che è dieci volte quella del gigante dei pianeti del nostro sistema solare, Giove. Ruota attorno alla sua stella madre una volta ogni 23 ore (questa è la durata del suo anno) e sulla faccia che rivolge alla stella la temperatura arriva a 2.700°C. Il James Webb Telescope che recentemente ha avuto la possibilità di osservarlo per circa sei ore. Con lo strumento chiamato Near InfraRed Imager and Slitless Spectrograph (Niriss) gli astronomi sono riusciti a identificare vapore acqueo nell’atmosfera del pianeta. Ma non solo. Grazie ai dati raccolti dal Webb Telescope si è riusciti a determinare che la temperatura lungo la faccia rivolta verso lo spazio scende di oltre 1.000 gradi.Per questo motivo ci si sarebbe aspettati la presenza di forti venti nell’atmosfera in grado di meglio distribuire il calore presente, che in realtà non sembrano esistere. Come è possibile? Al momento l’unica spiegazione possibile sembrerebbe quella della presenza di un forte campo magnetico che costringerebbe i venti a soffiare dall’equatore del pianeta sopra il Polo Nord e il Polo Sud, invece che da est a ovest, come altrimenti sarebbe necessario per avere un’adeguata distribuzione del calore. I ricercatori hanno registrato anche cambiamenti di temperatura a diverse altezze degli strati di atmosfera di Wasp-18 b. Le variazioni arrivano a centinaia di gradi. Dalle osservazioni realizzate con Webb si è visto anche che la composizione del pianeta è molto simile a quella della sua stella, il che significa che molto probabilmente si è formata dal gas residuo che era presente subito dopo la nascita della stella stessa.

Nuove fusioni

Gli ioni (atomi a cui sono stati strappati uno o più elettroni) all’interno di un reattore a fusione compatto di appena un metro di diametro, sono stati riscaldati per la prima volta alla magica cifra di 100 milioni di gradi Celsius: un passo importante verso la produzione di energia da fusione nucleare. I ricercatori della Tokamak Energy Ltd nel Regno Unito, del Princeton e dell’Oak Ridge National Laboratory negli Stati Uniti e dell’Institute for Energy and Climate Research in Germania, hanno ottenuto il record all’interno di un dispositivo a un “Tokamak Sferico” (ST), che a differenza del più noto a forma di ciambella confina il plasma in una specie di grande “botte”.

La fusione nucleare replica i processi fondamentali nel nucleo del nostro Sole e delle stelle simili, spremendo l’energia dalla fusione di elementi più piccoli (di solito idrogeno) in elementi più grandi (elio). Se si riuscisse a farlo bene – ed è un grande “se” – potrebbe portare ad una fonte di energia virtualmente inesauribile, sebbene possa ancora comportare dei rischi. Riscaldare gli ingredienti atomici, o ioni, ad almeno 100 milioni di gradi Celsius (8,6 kiloelettronvolt in termini energetici) è fondamentale per ottenere le giuste pressioni affinché gli atomi possano fondersi tra loro.

«Finora temperature degli ioni superiori a cinque keV (chiloelettronvolt) non sono mai state raggiunte in nessuna ST e sono state ottenute solo in dispositivi molto più grandi con una potenza di riscaldamento del plasma sostanzialmente maggiore», scrivono i ricercatori nel loro articolo pubblicato. In questo caso è stato utilizzato un tokamak sferico denominato ST40. Mettendo da parte i macchinari necessari per il suo funzionamento in sicurezza, il reattore stesso ha un diametro di soli 0,8 metri, una mera frazione dei tokamak più grandi che possono estendersi per diversi metri di diametro. Rispetto ai reattori a fusione più grandi, questi dispositivi più piccoli sono più economici da costruire e potenzialmente più efficienti e più stabili: tutti vantaggi se si desidera rendere commercialmente valida una tecnologia. Sebbene questa svolta e altre simili siano certamente entusiasmanti, la fusione nucleare è ancora in una fase di test con molteplici ostacoli da chiarire prima che possa essere considerata una fonte pratica di energia, tant’è che non tutti credono che la produzione di energia da fusione nucleare alla fine sarà possibile, considerando le sfide tecniche coinvolte.

Queste sfide sono evidenziate anche nell’esperimento appena fatto: la temperatura massima è stata raggiunta per soli 150 millisecondi. Un bel risultato in laboratorio, ma è un nulla per contribuire praticamente alla rete energetica. Tuttavia, ogni scoperta ci avvicina all’obiettivo finale, e questo è particolarmente degno di nota, considerando che i tokamak sferici sono una delle opzioni più promettenti per creare reazioni di fusione nucleare in modo che le necessarie equazioni energetiche ed economiche finiscano per avere un senso.

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