Rimarrà solo la finanza nei prossimi anni a spingere la transizione ecologica? Le nubi politiche che si addensano sull’Europa lasciano presagire un contesto molto diverso da quello che abbiamo conosciuto in questi anni rispetto alla sostenibilità e alla spinta alla decarbonizzazione, più in generale nell’atteggiamento nei confronti degli ambientalisti.

I risultati delle elezioni politiche in Grecia, Svezia, Finlandia, Italia le previsioni per quelle in Spagna e Austria, le proiezioni per il nuovo parlamento europeo, con la possibilità di un’inedita maggioranza di centrodestra, porterebbero a un cambio radicale rispetto alla legislatura che si è aperta nel 2019, quando Commissione e parlamento hanno posto le politiche climatiche al centro dell’agenda con nuovi e più ambiziosi target e articolati provvedimenti normativi per rendere il continente europeo pronto alla sfida, e vincolando tutte le risorse per il rilancio post pandemia di Next Generation Eu al rispetto di chiari obiettivi ambientali, oltre che di innovazione e coesione sociale. Oggi non stupisce più sentire in bocca a leader di partiti europei di maggioranza slogan contro gli impegni climatici e la richiesta di rimetterli in discussione, e dopo anni passati a discutere di tassonomia verde si è tornati a finanziare gasdotti e rigassificatori con risorse pubbliche.

La campagna mediatica

Nel frattempo, negli stessi giornali e sugli stessi schermi che raccontano questo cambiamento politico, le pubblicità non fanno che descrivere un futuro green, con meravigliosi paesaggi di pannelli solari e pale eoliche, persone in bici e a bordo di auto elettriche silenziosissime, prodotti riciclati, sani, aria pulita. «Tanto peggio per i fatti», se non si adeguano al nuovo vento, potrebbe dire qualcuno utilizzando una famosa frase attribuita ad Hegel.

Ma è davvero una fase complicata da interpretare quella che ci aspetta, dove non sappiamo ancora se si tratterà di una parentesi, di un rallentamento temporaneo, o di qualcosa di strutturale proprio nel momento in cui l’Europa voleva accelerare per dare il proprio contributo nel fermare l’aumento della temperatura del pianeta entro 1,5 gradi come sarebbe ancora possibile, ma con speranze sempre più flebili. È importante sottolineare come questa campagna contro le politiche green di Bruxelles si sposi con la richiesta di tornare a un primato delle scelte degli stati persino quando si tratta di diritti civili e libertà di stampa, separazione dei poteri.

Il caso italiano

In Italia questo nuovo quadro politico rischia di produrre ricadute rilevanti. Del resto, il nostro paese deve alla legislazione europea larga parte dei provvedimenti in vigore di tutela dell’aria, dell’acqua, del mare e dei suoli, come per lo sviluppo di politiche virtuose di gestione dei rifiuti, di sostenibilità e decarbonizzazione. È difficile immaginare come saremmo senza questa spinta progressiva al miglioramento e senza i controlli sull’applicazione dei provvedimenti.

Ed è proprio sull’eccesso di regole e di ingerenza dei burocrati di Bruxelles che fa leva la polemica montante, con al centro del mirino gli ambientalisti, a partire dai nuovi mostri di Ultima Generazione presentati come teppisti da sbattere in galera perché imbrattano i muri. E poi le famigerate nutrie, straordinaria scusa per gli amministratori della Romagna per divagare dalle proprie responsabilità di governo del territorio.

La strategia è alzare polveroni, cercare bersagli riconoscibili dall’opinione pubblica, costruirvi sopra campagne mediatiche che a partire dall’ambiente puntino a rimettere in discussione decenni di passi avanti di civiltà.

La strategia degli attivisti

Spetta agli ambientalisti la responsabilità di una riflessione su come si sia potuti in poco tempo passare da piazze piene di giovani, con un largo consenso, a un contesto così ostile. Eppure, non tutto è perduto e, per tornare alla finanza, oggi chi guarda solo numeri e margini di guadagno neanche prende in considerazione uno scenario diverso da quello disegnato dall’Unione europea per il prossimo futuro. Semplicemente perché siamo dentro una rivoluzione tecnologica e una crisi climatica che non lascia scampo.

Ma non basterà avere ragione, servirà che tutti coloro che hanno a cuore questi temi siano capaci di costruire alleanze e presentare una narrazione alternativa. Una visione ottimista e desiderabile del futuro che ci aspetta se saremo in grado di accelerare sulla transizione ecologica, invece che tornare indietro. Facendo capire quanto siano diverse le opportunità in termini di lavoro, vivibilità, sicurezza, riduzione delle povertà. Una cruna dell’ago che passa per la capacità di tenere assieme un pensiero europeo con una diffusa azione locale, per fare in modo che queste nuove opportunità si trasformino in progetti e che siano accessibili per tutti.

© Riproduzione riservata