Lunedì, il consiglio comunale di Milano ha approvato un ordine del giorno per adottare un nuovo limite di velocità a 30 chilometri all’ora in tutta la città a partire dal primo gennaio 2024. Come si legge nel documento, è una misura che serve a ridurre gli incidenti stradali e a renderli meno gravi, riduce l’inquinamento atmosferico e quello acustico e rende in generale le strade più vivibili anche per chi si sposta con mezzi diversi dall’automobile.

È un passaggio importante, con cui Milano si mette sulla scia di altre città italiane ed europee. Ma è anche un primo passaggio di un percorso più lungo, ricordano esperti ed attivisti. «Il limite di velocità è il primo passo e allo stesso tempo il fine - spiega Elena Colli, ricercatrice e attivista che lavora in una società di consulenza sulla mobilità – Accanto al limite serviranno una serie di azioni che rendano naturale rispettarlo. Non è solo questione di piantare dei cartelli».

La proposta

L’approvazione dell’ordine del giorno è stata salutata come un importante vittoria dai numerosi attivisti che a Milano si battono da tempo per migliorare la viabilità in città non solo a favore delle autovetture. Marco Mazzei, 58 anni, consigliere che ha fatto approvare l’ordine del giorno, è uno di loro. «Mi occupo del tema da tantissimo – dice a Domani – Al comune mi ero candidato già candidato nel 2016 e una Milano a 30 chilometri all’ora era già il cuore della mia campagna mia campagna».

È un’idea, spiega «che deriva dalla constatazione che in un contesto dove devono convivere tanti mezzi diversi e le persone che li conducono bisogna trovare punto di equilibrio che garantisca mobilità e sicurezza, senza squilibri tra chi si muove in moto auto e chi si muove in bici o in monopattino». E il punto migliore di questo equilibrio è una limite di velocità ai 30 chilometri all’ora.

C’è ovviamente chi è contrario. Il ministro dei Trasporti e leader della Lega Matteo Salvini è stato tra i primi a reagire. «Ricordo al sindaco e al Pd che la gente vorrebbe andare a lavorare», ha scritto su Twitter.

Ma i difensori della norma ricordano che non ci sono prove per dire che il limite di 30 all’ora causerà ritardi negli spostamenti in automobile. Secondo diversi studi, la velocità media reale nei centri urbani italiani è inferiore ai 20 chilometri all’ora e scende sotto i 10 nelle ore di punta. Il comune di Bologna, che introdurrà il nuovo limite a partire dal prossimo giugno, ha scoperto che tra semafori, stop e precedenze la velocità media in città non raggiunge i 30 all’ora nemmeno nelle ore notturne. «Ci sono tantissimi studi che ci dicono che 30 chilometri all’ora è giusto punto di equilibrio – conclude Mazzei – Garantisce che la città continua a muoversi, ma anche che tutte le persone che sono in strada lo sono in modo sicuro».

Un primo passo

Il limite di 30 all’ora è la direzione verso la quale si stanno gradualmente spostando sempre più città europee. Non solo Parigi e Bruxelles, ma anche Helsinki, Valencia, Zurigo Lille, Bilbao, Graz, Grenoble e Londra. Amsterdam, capitale europea della mobilità ciclabile, introdurrà il nuovo limite a partire da dicembre. In Italia Bologna e Torino sono sulla stessa strada e Olbia lo è dal giugno del 2021.

Per attivisti, urbanisti e pianificatori il limite di velocità è soltanto una parte di una catena più complessa, fatta di numerosi interventi per rendere le città più sicure e vivibili, in una parola: più a misura di essere umano. «La città a 30 all’ora dev’essere qualcosa di più dei semplici divieti – spiega Colli – Serve concepire di nuovo lo spazio urbano per accogliere spostamenti con mezzi diversi dalle auto, affinché farlo sia non solo più sicuro, ma soprattutto più naturale e conveniente. Il limite di velocità è un primo passo, ma l’unico modo è fare come in altre città: progettare una viabilità in cui spostarsi a piedi o in bici è il modo più conveniente».

Gli interventi di questo tipo sono numerosi e sono stati già sperimentati con successo. Prevedono, ad esempio, il restringimento delle carreggiata dedicata ai veicoli, inserendo elementi di arredo urbano, come alberi, che aiutino il guidatore a rendersi conto della sua velocità. La sostituzione di curve larghe che è possibile percorrere a grande velocità con curve a novanta gradi – usando magari lo spazio risparmiato per inserire un parcheggio per bici o una piccola area verde.

Ad Amsterdam il processo è ormai maturo, e l’intera pianificazione della viabilità cittadina passa per l’idea che la strada più diretta tra due punti di interesse debba essere quella riservata alle biciclette. Ma se non tutti possono diventare come la capitale dei Paesi Bassi dall’oggi al domani, gli esperti indicano Parigi come la città la cui trasformazione in corso è la più interessante da seguire in questo momento.

Cosa resta

Tra le grandi città italiane Milano è certamente nella pattuglia di quelle più avanzate rispetto alle nuove forme di mobilità, ma resta fortemente auto-dipendente per gli standard europei. «Oggi abbiamo circa 50 auto ogni 100 abitanti: da questo punto di vista siamo la migliore città in Italia, ma una delle peggiori in Europa – dice Mazzei – Secondo me dovremmo scendere sotto le 40, sotto le 30. Ma il processo è lungo e richiederà un po’ di tempo». Nel frattempo, le leve politiche da utilizzare sono limitate e l’opposizione politica forte. Poco dopo l’inaugurazione della pista ciclabile in corso Buenos Aires, una delle principali arterie cittadine, un gruppo di consiglieri di Fratelli d’Italia ha inscenato una bizzarra protesta in cui si è fatto riprendere mentre prendeva simbolicamente a “martellate” la nuova infrastruttura ciclabile. «Si può fare sempre meglio, ma se guardo ai provvedimenti che si potevano prendere subito, quella della velocità è il più efficace».

© Riproduzione riservata