L'Agenzia internazionale dell'energia (Iea) ha pubblicato il suo rapporto Renewables 2022 e la fotografia (fin troppo ottimistica) è quella di una transizione energetica che - nonostante la lentezza della politica testimoniata anche dal risultato deludente sulla mitigazione di COP27 in Egitto - continua nella sua inerzia positiva, e che ha solo bisogno di stimoli per passare dal trotto al galoppo.

Secondo la Iea nei prossimi cinque anni la crescita delle fonti rinnovabili di energia raddoppierà rispetto a quella di oggi: se sommate supereranno per la prima volta il carbone come fonte primaria globale di energia già nel 2025 e «ci aiuteranno a tenere viva la possibilità di un aumento della temperatura contenuto sotto 1.5°C rispetto all'era pre-industriale».

La prospettiva di crescita è superiore del 30 per cento rispetto a quanto si valutava già solo un anno fa, non era mai successo un salto simile, anno su anno, e la lettura della Iea (già nota ed espressa in precedenti rapporti ma confermata con la forza dei numeri in questo) è che la guerra russa in Ucraina ha fornito ragioni, strumenti e gambe a eolico, fotovoltaico e idroelettrico per soppiantare i combustibili fossili.

Secondo le previsioni del rapporto IEA il 90 per cento dell'espansione della produzione di energia elettrica nel prossimo quinquennio verrà da rinnovabili, la cui quota nel mix energetico globale guadagnerà dieci punti percentuali, arrivando al 38 per cento del totale.

Se le previsioni fossero confermate tra cinque anni più di un terzo dell'elettricità del mondo sarà prodotta da fonti rinnovabili. La crescita totale sarà di quasi 2400 GW, come se l'intera produzione elettrica della Cina raddoppiasse, un'accelerazione dell'85 per cento.

Verso la transizione

L'Agenzia internazionale dell'energia osserva questo ritmo sostenuto della transizione ormai in tutti i grandi blocchi: in Europa, come risposta alla guerra in Ucraina, negli Stati Uniti, incentivata dall'importante dotazione di incentivi contenuti nell'Inflation Reduction Act, il più corposo piano climatico al mondo, in India, e in Cina, dove il 14esimo piano quinquennale stimolerà da solo metà della crescita globale.

Nel frattempo entro il 2027 la quota cinese nella manifattura globale dei componenti per le rinnovabili (che è altissima e insostenibile, una delle grandi strozzature del processo) scenderà dal 90 al 75 per cento.

L'Agenzia internazionale dell'energia prevede addirittura che il fotovoltaico triplicherà nei prossimi cinque anni.

Il solare supera il gas nel 2026 e il carbone nel 2027, crescendo di 1500 GW su base globale. L'eolico dal canto suo raddoppia, e un quinto della crescita sarà di eolico offshore. Nel frattempo, lentamente declineranno tutti i combustibili fossili: carbone, petrolio, gas.

Non è ancora sufficiente per gli obiettivi climatici dell'umanità, cioè dimezzare le emissioni nel corso dei prossimi otto anni, ma c'è un enorme potenziale inespresso da stimolare, ed è qui che secondo la Iea la convenienza economica e geopolitica delle rinnovabili, ormai evidente, deve incrociarsi con la volontà politica.

La crescita di solare ed eolico potrebbe arrivare a 3000 GW in questi cinque anni, se le economie avanzate affronteranno la fatica dell'implementazione (che è stata la parola chiave di COP27), soprattutto su due aspetti: i permessi (e quindi la burocrazia, uno dei grandi freni all'espansione anche in Italia) e l'espansione e l'interconnessione delle reti.

Per le economie emergenti, invece, i problemi di policy e di regolamentazioni si incrociano a quelli finanziari: servono soldi, serve una nuova era della finanza climatica, che parta dal completamento della colletta globale dei 100 miliardi del Green Climate Fund per le transizioni energetiche dei paesi in via di sviluppo, fondi promessi già nel 2009 alla Cop di Copenaghen, ma ancora mai completati.

Questa è la forbice tra il reale e il possibile che secondo l'Agenzia internazionale dell'energia va completata, e se la completiamo allora possiamo passare dal trotto al galoppo e far passare alla storia l'aggressione della Russia all'Ucraina come l'imprevisto punto di svolta nella lotta contro i cambiamenti climatici. 

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