Non si tratta solo di una questione statunitense. Si sta delineando un asse «dell’idrocarburo», di cui l’etnonazionalismo petrolifero trumpiano è uno dei tasselli
La guerra che Donald Trump sta conducendo contro l’energia eolica è molto più di una faccenda semplicemente americana, va osservata con attenzione perché è un frammento di quella che Nils Gilman su Foreign Policy ha definito «la nuova guerra fredda ecologica», un conflitto in cui l’«asse dell’idrocarburo» sta conducendo una battaglia che non è soltanto tecnologica, è esistenziale. Di questo asse fanno parte non solo paesi come Russia e Arabia Saudita, il cui destino geopolitico è tutto legato all’estrazione di petrolio e gas, ma anche gli Stati Uniti.
Già con Biden erano diventati a tutti gli effetti un petrostato (primo esportatore mondiale di petrolio e gas), ma con Trump ne stanno facendo un tratto identitario e politico, una forma di etnonazionalismo petrolifero, un modo di pensare e agire in cui ogni forma di energia alternativa è da considerare una minaccia. In cima alla lista dei nemici dell’etnonazionalismo petrolifero ci sono le turbine eoliche, che stanno subendo attacchi senza precedenti, in grado di smantellare un’intera industria e di mettere a rischio la sicurezza energetica degli Usa.
La storia di un’ostilità
L’ultima notizia è che la Casa Bianca ha conferito a diverse agenzie governative il mandato di smantellare l’industria eolica, usando ogni mezzo possibile, comprese stralunate indagini sugli effetti elettromagnetici delle pale eoliche sulla salute di esseri umani e balene, di cui il no vax Robert F. Kennedy Jr (segretario alla Sanità) sta diventando l’alfiere. Anche prima dell’etnonazionalismo petrolifero, e anche prima di diventare presidente, Trump aveva preso in antipatia l’eolico.
È iniziata quando aveva invano combattuto per far abbattere delle turbine in Scozia che apparivano sulla linea dell’orizzonte dei suoi campi da golf in Scozia. Era quattordici anni fa, l’episodio può essere considerato l’origin story della crociata anti-vento di Trump, che negli ultimi mesi ha raggiunto lo status di priorità dell’amministrazione americana: combattere l’eolico con ogni mezzo necessario, perché «brutto, inefficiente e caro», e rovina il golf.
Tutte le agenzie coinvolte nella nuova campagna dovranno fare una revisione dei progetti di sviluppo eolico su suoli e acque federali, quelli in corso di approvazione così come quelli già approvati. Si era capito subito che sarebbe andata così: uno dei primi ordini esecutivi di Trump da presidente era stato il fermo a tutti i processi di autorizzazione di centrali eoliche onshore e offshore.
I più danneggiati
Quella era stata la dichiarazione di guerra: l’escalation ha raggiunto il picco quando la Casa Bianca ha fermato la costruzione di Revolution Wind, un progetto da quattro miliardi di dollari al largo della costa del Rhode Island, già quasi completato (era arrivato all’80 per cento), citando addirittura questioni di sicurezza nazionale, come un conflitto tra le turbine eoliche e i radar militari del Pentagono.
I governatori democratici di Connecticut, Massachusetts, New Jersey, New York e Rhode Island hanno scritto una lettera su queste revoche di permessi in cui si legge: «Il mercato opera sulle certezze. Cancellare progetti già autorizzati, alcuni già quasi completati, manda un messaggio preoccupante agli investitori».
L’azienda più danneggiata da questa guerra contro l’eolico è il gigante danese delle rinnovabili Orsted, in parte controllato dal governo della Danimarca, lo stesso paese con cui Trump si è trovato in linea di conflitto (per ora solo verbale) per i propositi di annessione della Groenlandia (che è sovranità danese).
Orsted si trova di fronte a un danno da miliardi di dollari per un progetto cancellato solo per motivi politici e indentitari, per questo motivo ha fatto causa al governo americano, dopo aver visto il suo titolo precipitare in Borsa. Revolution Wind era stato autorizzato dall’amministrazione Biden, la costruzione era iniziata nel 2023, se completato produrrebbe elettricità per 350mila case, era pronto ad essere allacciato alla rete la prossima primavera.
Come contesto, subito dopo essere diventato presidente, Trump aveva fatto una dichiarazione di emergenza energetica, promettendo che tutti le fonti di energia sarebbero state potenziate. Gas, nucleare, carbone. Tutte, tranne l’eolico, nonostante i consumi elettrici degli Stati Uniti stiano costantemente crescendo a causa delle richieste dei data center per l’intelligenza artificiale. L’eolico produce il 10 per cento dell’elettricità americana, ci sono stati come il Texas dove la quota arriva al 20 per cento.
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