Da mesi, economisti, intellettuali, ong e organizzazioni internazionali chiedono la sospensione dei brevetti che proteggono i vaccini anti Covid-19 detenuti dalle più grandi aziende farmaceutiche del pianeta.

Giovedì scorso, 170 premi Nobel ed ex capi di stato e di governo hanno inviato una lettera al presidente degli Stati Uniti Joe Biden per chiedergli di «sospendere temporaneamente la proprietà intellettuale dell’industria farmaceutica, dando un impulso alla produzione di vaccini che rimangono carenti in tutto il mondo, soprattutto nei paesi in via di sviluppo».

Ma come è diventato sempre più chiaro agli esperti, sospendere i brevetti non è sufficiente. Serve uno sforzo attivo da parte delle aziende farmaceutiche affinché condividano le loro tecnologie e conoscenze produttive. In una parola: il “know-how” della loro produzione vaccinale.

Il caso di Moderna

Lo scorso ottobre, Moderna, una delle prime società farmaceutiche a sviluppare un vaccino anti Covid, ha annunciato che non intendeva far rispettare gli undici brevetti relativi che aveva registrato per tutta la durata della pandemia.

Si tratta di una promessa che, almeno in parte, soddisfa le richieste avanzate nella lettera dei 170 e da India e Brasile, che negli ultimi mesi hanno chiesto formalmente all’Organizzazione mondiale del commercio di liberalizzare i brevetti dei vaccini.

Il fatto che fino ad ora nessuna azienda farmaceutica abbia iniziato a produrre copie del vaccino Moderna è stata indicata dai difensori delle aziende farmaceutiche come la prova che la liberalizzazione dei brevetti non è una soluzione alla grave mancanza di vaccini nel mondo.

Ma come hanno scritto molti scienziati, promettere di non far rispettare i propri brevetti è soltanto un primo passo per rendere possibile un aumento di produzione. Olivier Wouters, professore di politiche della salute alla London school of economics, ha detto France24 la scorsa settimana che la promessa di Moderna non è molto utile «se la società non si impegna a condividere il know-how necessario a produrre i vaccini». Graham Dutfield, professore dell’università di Leeds specializzato in proprietà intellettuale ha paragonato la promessa di Moderna a una ricetta che non contiene né istruzioni precise, né le quantità dei vari ingredienti.

I vaccini a mRna

La necessità dello scambio di know-how è particolarmente importante nel caso del vaccino Moderna. Come quello prodotto da Pfizer, è basato sulla tecnologia mRna, una nuova tipologia di vaccino da tempo ritenuta molto promettente.

A differenza di un normale vaccino, un vaccino a mRna non utilizza una versione indebolita del virus per insegnare al sistema immunitario come combatterlo. Semplificando, fornisce invece alle cellule del nostro corpo le istruzioni per produrre una componente inerte del virus, la stessa che il nostro sistema immunitario utilizza per identificarlo e attaccarlo.

Queste caratteristiche rendono i vaccini a mRna facilmente modificabili, ad esempio per adattarsi a nuove varianti di un virus. Per loro caratteristiche tecniche, questi vaccini si possono produrre rapidamente e in grandi quantità. Il loro unico problema è quello di tutte le tecnologie nuove e sofisticate: per il momento sono ancora in pochi al mondo ad avere le capacità tecniche per produrli. 

Ma secondo Suhaib Siddiqi, ex direttore della chimica di Moderna, con un’adeguata assistenza tecnica una fabbrica in grado di produrre il vaccino mRna può essere creata nel giro di qualche mese.

Chi può produrli?

Come ha sottolineato la prestigiosa rivista Nature in un editoriale pubblicato alla fine di marzo, sospendere i brevetti non è una soluzione magica che permetterà di moltiplicare i vaccini disponibili in poche ore.

Non è affatto chiaro a quanto ammonti la capacità di produrre vaccini mondiale non ancora utilizzata per produrre vaccini Covid-19, né quanto rapidamente possano essere superati i colli di bottiglia nella fornitura dei componenti necessari alla produzione.

Ma secondo i sostenitori delle campagne per la liberalizzazioni, queste difficoltà possono essere superate con la condivisione di brevetti e know-how e con adeguati investimenti in nuovi impianti per la realizzazione di vaccini e dei componenti necessari a produrli.

La battaglia contro il Covid-19 e contro le sue varianti potenzialmente resistenti alle immunità che abbiamo sviluppato «richiede una fornitura di vaccini sul lungo periodo molto superiore a quella attuale», ha scritto il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus in un articolo a favore della liberalizzazione dei brevetti.

Secondo Ghebreyesus, prima ci libereremo dei limiti legali e tecnologici che ci impediscono di raggiungerla e meglio sarà per tutti.

 

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