Prosegue la pubblicazione del podcast “I Barbari”, di Veronica Cirillo e Fernando D’Aniello, che raccoglie voci tra Germania e Europa. Per riascoltare le varie puntate, man mano che verranno pubblicate, potete cliccare qui. Trovate gli episodi sul nostro sito, su Spotify e su Apple Podcast.

Dal passato al presente: oggetto della seconda puntata dello speciale de I Barbari è la campagna elettorale che si concluderà il 26 settembre nell’elezione del nuovo Bundestag. Basta dare un’occhiata ai sondaggi e alle curve di gradimento per i partiti, mai così altalenanti in poche settimane nella storia tedesca, per rendersi conto di quanto incerta sia la situazione. 

Le prospettive

Appena poche settimane fa sembrava fatta per un governo “nero-verde”, vale a dire un’alleanza tra Conservatori della Cdu/Csu e i Verdi. L’incognita era relativa solo a chi dovesse guidare il governo: Armin Laschet, presidente della Cdu, o Annalena Baerbock dei Grünen. Laschet era riuscito a vincere il congresso della Cdu per farsi eleggere presidente del partito sconfiggendo Friedrich Merz, rappresentante dell’ala più radicale e conservatrice del partito. 

Laschet ha, però, poi chiamato nel suo team elettorale proprio Merz per provare a ricompattare il partito e sembra che dovrà concedergli anche un ruolo di rilievo nel prossimo governo, se la Cdu dovesse vincere le elezioni. Cosa che non è più così scontata. 

Nelle ultime settimane, infatti, si è fatto strada un terzo incomodo, Olaf Scholz, attuale ministro delle Finanze e candidato alla cancelleria per la Spd, un partito quasi rassegnato fino a poco tempo fa alla sconfitta e, anzi, all’irrilevanza politica, dopo tanti anni passati a condividere il governo, prima con Gerhard Schröder come cancelliere (1998-2005) e poi insieme ad Angela Merkel (2005-2009 e 2013-2021).

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Scholz, oggi appare come il vero erede di Angela Merkel. Ha impostato la sua campagna elettorale proprio imitando la cancelliera: evita gli attacchi diretti, non abbassandosi a polemiche strumentali, aspettando che siano i suoi avversari a farsi avanti. La sua forza è la buona prova che ha dato durante la pandemia come ministro delle Finanze.

Ai tedeschi promette di saper gestire le sfide presenti e quelle future. In una sola parola: competenza, intesa come capacità di coniugare realismo politico e giustizia sociale. Ha iniziato la campagna elettorale ricordando che i conservatori non hanno l’esclusiva del governo, che esiste un’alternativa alla Cdu/Csu. Sembravano slogan elettorali, quasi disperati. Ma in realtà, complici anche buone prove del partito nel corso delle elezioni locali, sono diventati la base per un programma elettorale valido.

E oggi Scholz sembra avere più carte in mano che lo stesso Laschet. L’ipotesi di un governo a guida socialdemocratica con i conservatori ed eventualmente la presenza di un terzo incomodo, come i liberali della Fdp o gli stessi Verdi, sembra una delle ipotesi più accreditate in queste ore. Resta sul tavolo, inoltre, l’ipotesi di un governo di coalizione rosso-rosso-verde con Spd, Verdi e Linke, anche se al momento sembra che tale ipotesi conti su numeri molto più risicati. E lo stesso Scholz, pur non volendo escludere apertamente questa opzione, non è un suo sostenitore. La terza ipotesi è la coalizione “semaforo”, che accanto a socialdemocratici e Verdi chiamerebbe in causa anche la Fdp. 

La Linke, invece, è in crisi: stando ai sondaggi dovrà lottare per raggiungere il sette per cento. Ora il partito si dice pronto ad assumere responsabilità di governo ma pesano i tanti anni di competizione radicale proprio con la Spd e le divisioni interne – in particolare di recente è stata nuovamente l’ex leader Sahra Wagenknecht, nel suo ultimissimo libro, ad attaccare frontalmente la dirigenza del proprio partito – che hanno danneggiato l’immagine del partito fondato poco più di dieci anni fa. 

Stabile, ma di fronte a un bivio Alternative für Deutschland (Afd): i sondaggi danno i populisti di destra in leggera flessione rispetto al 2017. Secondo le attuali previsioni, la formazione nata come partito No euro dovrebbe entrare in parlamento, ma lo scontro per la leadership interna (tra l’anima più radicale, che comprende movimenti No-vax e formazioni neonaziste, e quella che voleva essere un pungolo per i conservatori, sconfitta all’ultimo congresso e prossima, secondo molti osservatori, all’uscita dal partito) si consumerà proprio all’indomani delle votazioni del 26 settembre.

Con noi, anche stavolta, i nostri ospiti: Désirée Biehl, ricercatrice per Villa Vigoni, Sebastian Heinrich, dalla redazione politica di Watson e Christian Wermke, corrispondente da Roma per il quotidiano economico Handelsblatt.

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