Il ministro dell’Ambiente Gilberto Picheto Fratin sostiene che la direttiva approvata ieri dal parlamento europeo sulla sostenibilità energetica degli edifici, non «prende in considerazione il contesto italiano». Il pretesto è sempre lo stesso: l’età media del patrimonio immobiliare nazionale, in cui ci sono quasi due milioni di edifici, 1,8, nella classe energetica più bassa, la G, cioè quella che prevede maggiore dispersione di energia: un’inefficienza che a cascata implica maggiore inquinamento.

Il voto

In realtà il contesto italiano è anche quello di una spesa pari a 120 miliardi in bonus edilizi per assicurare la sostenibilità che non prendevano in considerazione criteri davvero stringenti sul fronte delle classi energetiche e la direttiva prevede una lunga lista di deroghe. In ogni caso, ieri, nonostante, l’opposizione rumorosa di tutti i partiti del centrodestra italiano, la direttiva è passata: 343 i voti a favore, 216 i contrari e 78 gli astenuti. Il partito popolare europeo a cui appartiene Forza Italia, si è spaccato, come già era successo nei passaggi precedenti e sono stati anche approvati due emendamenti che non vanno nella direzione proposta dal relatore, ma nel complesso il testo ricalca quasi perfettamente quello uscito dal lavoro di commissione che si concentra soprattutto sugli edifici maggiormente energivori. 

Classi e deroghe

Tutti i paesi dovranno armonizzare le classificazioni energetiche oggi diverse da stato a stato: con la direttiva infatti la classe G corrisponderà al 15 per cento degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori. 

Con questo punto di partenza, il calendario europeo prevede che gli edifici residenziali passino nella classe energetica E nel 2030 e in quella D nel 2033, e che già dal 2026 tutti i nuovi edifici di proprietà pubblica siano all’avanguardia, cioè siano edifici a zero emissioni e dotati di impianti solari. Questi criteri si estenderanno progressivamente alle diverse tipologie di edifici, sempre a partire da quelli di proprietà pubblica e non residenziale che infatti dovranno anticipare il passaggio di classe energetica degli edifici residenziali di tre anni. Per essere chiari, questa categoria dovrà rientrare nella classe D dal 2030 e non dal 2033. Allo stesso tempo ci sono anche numerose eccezioni, o meglio esenzioni: gli obiettivi possono non valere proprio per l’edilizia residenziale pubblica, ovvero le case popolari, e non valgono per gli edifici di pregio storico, ma anche per i luoghi di culto, gli immobili molto piccoli, con una superficie minore di cinquanta metri quadri, ma anche per le seconde case, che vengono usate meno di quattro mesi l’anno. 

E se l’Italia non ha ancora messo mano ai sussidi ambientalmente dannosi, ci pensa l’Europarlamento a cancellare gli incentivi per le caldaie a gas che non saranno più permessi a partire dal 2024. 

La destra italiana grida con diverse gradazioni alla patrimoniale verde, mettendo insieme il mantra eterno contro la patrimoniale al rigetto della transizione energetica.

Il voto di Pichetto Fratin

In realtà manca ancora la discussione su come gli interventi potranno essere finanziati anche se nella direttiva si fa riferimento a possibilità di fondi europei e manca appunto il trilogo, cioè il negoziato a tre, tra Commissione, Parlamento europeo e Consiglio Ue. Lo stesso Consiglio dove appena pochi mesi fa il ministro dell’Ambiente Gilberto Piccheto Fratin ha votato a favore della direttiva che ora contesta, come ha ricordato ieri Stefano Patuanelli del Movimento cinque stelle. Patuanelli oltre a continuare ad andare all’attacco sul solito Superbonus, di fatto una grande occasione sprecata in termini di efficientamento, sottolinea anche la più importante delle deroghe della direttiva, perché la più discrezionale: gli stati membri «potranno anche chiedere alla Commissione di adattare i target europei per particolari categorie di edifici residenziali, per ragioni di fattibilità tecnica ed economica». 

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