È stato un anno duro per l’amministratore della Rai Carlo Fuortes, ma il peggio per lui deve ancora arrivare. Dopo aver fatto per 12 mesi lo slalom tra gli ostacoli, ora perfino il governo che l’ha nominato a luglio 2021 sembra non essere più incondizionatamente al suo fianco, mentre la Commissione di vigilanza parlamentare gli si è messa di traverso da tempo e i sindacati sbuffano per la gestione ritenuta poco trasparente, escluso forse il sindacato dei giornalisti Usigrai che dopo un micidiale scambio di colpi bassi iniziale con Fuortes si è accomodato in una posizione guardinga.

Giancarlo Giorgetti, il ministro dello Sviluppo economico che ha la competenza sulla Rai ha illustrato ai parlamentari della Commissione l’atto di indirizzo per l’azienda deliberato dal Consiglio dei ministri a maggio elencando 11 obiettivi per il contratto di servizio triennale e chiedendo a Fuortes una razionalizzazione delle spese che è proprio il punto più dolente della Rai.

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse 01 Ottobre 2021 Roma (Italia) Cronaca: Presentazione del palinsesto RAI e ministero dell’istruzione l’Unione fa la Scuola Nella Foto : Carlo Fuortes Photo Cecilia Fabiano/ LaPresse October 01, 2021 Rome (Italy) News : Press conference for the new tv show l’Unione fa la Scuola In the Pic : Carlo Fuortes

Dopo un anno i conti non sono in ordine. Ufficialmente è previsto il pareggio di bilancio, ma il pareggio non è tutto in un’azienda. L’indebitamento finanziario continua a salire, era di 523 milioni di euro nel 2020, è aumentato a 550 l’anno passato e ora secondo le ultime rilevazioni interne disponibili crescerà fino a 625 milioni nel 2022. I costi esterni complessivi salgono di altri 100 milioni circa, da 1 miliardo e 44 milioni a 1 miliardo e 141 mentre i ricavi pubblicitari che insieme al canone sono gli introiti più consistenti dell’azienda scendono da 681 milioni del 2021 a 644.

Alla Rai serve più politica e meno lottizzazione

Inoltre su di essi pesano due circostanze negative: la prima è che è stato ulteriormente abbassato dal 7 per cento al 6 il tetto all’affollamento pubblicitario, cioè la quantità trasmissibile di spot nell’arco della programmazione giornaliera. Il secondo handicap per la pubblicità è l’esclusione della nazionale di calcio dai mondiali d’autunno di cui la Rai si era nel frattempo assicurata i diritti di trasmissione con la conseguenza ovvia che gli incassi saranno minori del previsto.

Canone senza luce

Anche dalla voce canone non arrivano notizie confortanti. Per effetto di una sentenza europea la riscossione non avverrà più in automatico con la bolletta della luce e quindi il rischio di una ripresa dell’evasione è molto alto. Sul canone poi continuano a pesare i prelievi imposti per legge a favore di alcuni giornali, televisioni e radio per un importo di circa 110 milioni di euro.

La vendita degli immobili potrebbe dare una mano, Fuortes ha fatto sapere che ci sta lavorando senza però dire a nessuno come e con quali obiettivi. Intanto, però costa parecchio il mantenimento di quel patrimonio enorme, valutato circa 950 milioni di euro: tra spese vive di gestione e manutenzioni ogni anno la Rai spende circa 75 milioni.

La vendita delle torri di Rai Way potrebbe presumibilmente far incassare un bel po’ di soldi, sono al lavoro gli advisor e si parla di una cifra che oscilla tra 350 milioni di euro e 500. Ma al momento c’è poco di sicuro. Sembra che la vendita debba andare di pari passo a una sorta di integrazione tra il sistema delle torri Rai e quello Mediaset della società EI Towers. Su tutta quanta l’operazione gravano forti perplessità interne ed esterne alla Rai e intanto due consiglieri di amministrazione che in Rai Way rappresentavano la casa madre si sono dimessi. Il ministro Giorgetti ha comunque avvertito Fuortes che quando e se quei soldi arriveranno dovranno essere utilizzati per investimenti e non per fare cassa.

La palingenesi dei palinsesti Rai con relative feste

Montagne russe

Al cospetto di questa sfilza di curve micidiali, le montagne russe su cui Fuortes ha dovuto ballare finora appaiono come placidi sentieri. Appena poche settimane dopo la nomina gli è piombata addosso la locomotiva Usigrai, il sindacato dei giornalisti che da sempre esercita una specie di manomorta sull’azienda. L’oggetto del contendere è stato minore solo all’apparenza: i tg regionali della notte. La posta in palio vera era un’altra e più seria: Fuortes ha fatto la faccia feroce per far capire subito che non sarebbe stato un re travicello. Il sindacato ha reagito per fargli intendere che il sindacato è un potere alternativo e la Rai non è un’autocrazia.

Il risultato è stato un pareggio: i telegiornali notturni sono stati soppressi, anche se poi reintrodotti di soppiatto tra il disinteresse generale su Raiplay. Fuortes ha dovuto passare sotto le forche caudine di una condanna per comportamento antisindacale, ma ha schivato il giudizio sulla mancata trasmissione di un comunicato sindacale grazie a un accordo con la stessa Usigrai. Ora l’amministratore e il sindacato si squadrano a distanza.

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Più di recente su Fuortes si è abbattuto l’uragano Orfeo, nel senso di Mario Orfeo, giornalista Rai di peso e di potere, incaricato da Fuortes di dare un senso, se possibile, al caravanserraglio dei talk show. Forse sarà stato perché il compito assegnatogli era troppo ambizioso o forse perché non voleva rompere troppe uova nel paniere, Orfeo non ha presentato alcuna proposta di miglioramento e Fuortes gli ha revocato l’incarico. Anche in questo caso il risultato è stato un pareggio perché a furor di partiti Orfeo, uscito dal portone principale è stato fatto rientrare dall’uscio di servizio e nominato direttore del Tg3. Da ultimo, come ha avuto modo di ricordare il segretario della Commissione di vigilanza, Michele Anzaldi, Fuortes non è stato in grado di assicurare alla Rai neanche la copertura dei risultati elettorali delle amministrative di fine giugno che sono stati trasmessi da La7.

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