«Siamo quello che saremo, non meno di quello che siamo stati». Ripeto questa frase di Oscar Wilde tra me e me per provare a capirla. Eppure Carlo Fuortes, amministratore delegato Rai, sembrava orgoglioso di pronunciarla alla presentazione dei palinsesti Rai per spiegare il grande cambiamento della tv pubblica, «paragonabile alla svolta degli anni Cinquanta e Sessanta».

La presentazione dei programmi televisivi Rai ogni anno è un’incognita. Stavolta anche di più, visto che non ha compiuto neppure un anno la nuova amministrazione – entrata in partita il 16 luglio 2021 – ma ha provato lo stesso a fare la rivoluzione. A cominciare dalla gestione pubblica dei volti noti, non invitati al mattino all’incontro coi giornalisti e tenuti in silenzio, seduti in platea, la sera, all’incontro con gli investitori pubblicitari.

Per dare risalto sul palco – per due ore di seguito – solo ai dirigenti e i direttori di fascia. Uno stile che non ha entusiasmato i conduttori, che sono fuggiti un minuto dopo i saluti finali. Men che meno le inserzioniste sedute dietro di me, che miravano alla foto con gli attori Lino Guanciale e Nicolas Maupas di Mare fuori. Per la cronaca, anche io l’ho fatta.

Roma incontra Milano

Per raccontare il suo cambiamento epocale, la Rai ha scelto un capannone di design in via Moncucco, alla periferia sud ovest di Milano, verso la Barona, quella dove è cresciuto Marracash per intendersi. Complice lo sciopero selvaggio dei taxi, tanti colleghi hanno usato la macchina ma si sono persi. Uno di loro, penna salata di una nota rivista, mi ha confessato che, per parcheggiare in fretta, ha lasciato l’auto nel piazzale del Penny Market lì di fianco, costretto in seguito a fare la spesa per ritirarla. Di certo non ha avuto lo stesso problema la dirigenza Rai, arrivata dal centro all’appuntamento con le Ncc. Sia di giorno con la stampa, che la sera con gli inserzionisti.

Dimmi in che fila sei

Se a Milano il potere si misura in base alla fila in cui si è seduti alla sfilata di Prada, a Roma il valore di qualcuno lo noti nelle occasioni pubbliche, cominciando dai palinsesti Rai. In prima fila presenziavano la presidente Marinella Soldi e i membri del consiglio di amministrazione Igor De Biasio, in quota Lega, e Simona Agnes, quota Forza Italia; assenti gli altri tre, Riccardo Laganà, rappresentante dei lavoratori Rai, Francesca Bria quota Pd e Alessandro Di Maio quota Cinque stelle (ma legato a Conte).

C’era anche qualche outsider in terza fila, come l’assessore alla cultura di Milano, Tommaso Sacchi, e il consigliere cittadino Mauro Orso, a fianco di Cristina Fogazzi, per tutti l’Estetista Cinica. Davanti a loro c’erano Monica Maggioni, direttrice del Tg1, Gennaro Sangiuliano del Tg2 e Andrea Vianello del Giornale Radio. Assente Mario Orfeo, da un mese a capo del Tg3 per volontà di Fuortes dopo il loro screzio di gennaio. E che a quanto pare non è stato ricucito.

E se è vero che tra i due litiganti il terzo gode, forse non è il caso di Simona Sala. L’ex direttrice del Tg3 in quota Pd-Cinque stelle, un mese fa ha lasciato il suo posto a Orfeo per diventare direttrice di tutte le produzioni del prime time. Un ruolo nuovo per lei, tanto da apparire una scolaretta al debutto, sempre scortata dall’ufficio stampa storica Patrizia Bonardi, che le suggeriva chi salutare.

Opportunità

Tra i presenti, ovviamente, c’era anche Antonio Di Bella, ex corrispondente Rai da New York e oggi direttore della fascia informazione, ruolo ereditato da Orfeo. Dietro le quinte erano tante le belle parole per lui, tra tutti «uomo generoso e preparato che manda avanti i giovani». La vita non è facile per chiunque lavori in Rai, soprattutto in vista delle elezioni che trasformeranno viale Mazzini in un tutti contro tutti. Così durante l’aperitivo, tra Franciacorta e tartine, qualcuno mormorava che anche Fuortes, col suo passato da direttore di teatri di lirica, sia sensibile a un certo canto delle sirene che lo potrebbe portare alla direzione della Fenice di Venezia. Ma il capo di gabinetto di Draghi, Antonio Funiciello, che lo ha voluto alla Rai, dice che non è ancora arrivato il momento di andarsene. E quindi non se ne fa niente.

Chi arriva e chi va

Il bollettino di chi sale e chi scende è rovente più delle temperature di Milano. Arrivano, ex novo, Alessia Marcuzzi, Ilaria D’Amico, Mara Maionchi e Cristiano Malgioglio. Conquistano spazio Alessandro Cattelan, Mia Ceran, Francesca Magnani, Stefano De Martino, Anna Falchi e Salvo Sottile. Tornano, dopo una pausa, Pierluigi Diaco, Elisa Isoardi ed Elisabetta Gregoraci e spariscono, almeno per ora, Giancarlo Magalli, Luisella Costamagna e Serena Autieri. Tra le grandi perdite della stagione c’è anche Orietta Berti, che saluta la tavolata di Fabio Fazio e va in Mediaset.

Fuga dal buffet

Bocche aperte, fronti sudate, sguardi affamati. Mai mangiare ai buffet in presenza dei fotografi. È il diktat che l’ufficio stampa Andreas Mercante dà ai suoi assistiti. Per evitare, dopo, pianti isterici all’uscita dei giornali. Qui in via Moncucco la copiosa presenza di obiettivi e di piattini da buffet ha spaventato alcuni. E dopo i saluti in tanti si sono volatilizzati. Alberto Matano è salito in macchina con Mara Venier.

Li hanno seguiti, in pizzeria Da Pino in corso Garibaldi, Beppe Convertini, Eleonora Daniele e la direttora Simona Sala. E li ha raggiunti dopo Serena Bortone, l’unica a cui chiedevano selfie. Mia Ceran ha lasciato la sala con Ilaria D’Amico mentre Stefano Coletta portava a cena le new entry Cristiano Malgioglio e Alessia Marcuzzi. Tra i pochi volti noti rimasti nella folla del buffet si notavano Francesca Fialdini, in conversazione col potente agente Beppe Caschetto e Geppy Cucciari in compagnia di Francesco Muglia di Costa Crociere.

Mediaset non sta a guardare

La festa dei palinsesti di Mediaset è filata via più liscia di quella Rai. La regola aurea – non detta – del 2023 è “tutto cambi, perché nulla (o poco) cambi” complici anche i buoni ascolti di queste stagioni. Con buona pace di chi se ne va altrove, come Nicola Savino e Alessia Marcuzzi, o la chiusura di Tiki Taka. La vera notizia della serata è che tutti gli 80 giornalisti accreditati sono risultati negativi al Covid.

Sono lontani i tempi in cui Pier Silvio Berlusconi portava la stampa in trasferta a Montecarlo e Portofino, stavolta l’appuntamento era a Cologno Monzese. Con tampone obbligatorio per tutti a spese dell’editore. «Non ho mai avuto il Covid», ha detto l’amministratore delegato di Mediaset, tradendo un po’ di ipocondria. Tra i volti noti ha sfoderato la vecchia guardia Gerry Scotti e i comici Pio e Amedeo ma gli ospiti li ha conquistati con la cena placè nello studio 20 - il più grande, quello in cui viene prodotto Verissimo di Silvia Toffanin – e il menù stellato del ristorante Da Vittorio, con lo chef Chicco Cerea che, al momento del dolce, passava tra i tavoli per farcire i cannoli. Passava tra i tavoli anche lui, Pier Silvio Berlusconi, per un rituale, quello dei palinsesti che, parole testuali, è l’unica serata all’anno in cui esce senza famiglia.

Ore piccole

Rimane memorabile l’ultima volta, nel 2019, quella di Portofino, dove siamo rimasti seduti al bar con lui fino alle 3, forse le 4. Per rendere l’idea, in quella serata una coppia di giornalisti si è conosciuta e poi sposata mesi fa. Anche stavolta abbiamo fatto notte, solo che eravamo vista tangenziale. Unica nota a favore: il bancone del bar fornito di vodka, whisky e gin di tutti i tipi, tanti quanti non ne ho visti neppure all’afterparty degli Oscar allo Chateau Marmont. Questo per dire che non parlerò male del padrone di casa. E citerò solo la sua dote principale: l’arte di saper mediare.

In assoluto, tra le primedonne di Mediaset, come Maria De Filippi, per cui ogni anno spende parole di encomio e a cui quest’anno ha dato nuovi programmi da produrre. E poi la sua compagna Silvia Toffanin, in forte ascesa ma ancora timorosa di fare il salto in prima serata. E anche Barbara D’Urso, che tanti davano per finita e invece lui, a domanda diretta di blogger sanguinari, ha difeso.

Ma l’arte di saper mediare è anche con la famiglia, senza dubbio. Così al secondo Tanqueray, l’ho incalzato: «Come le è venuto in mente di comprare le pagine dei quotidiani per fare gli auguri a suo padre per la festa del papà?». Si sono girati tutti, per un attimo ho temuto di non riuscire a finire il terzo gin tonic. Lui si tolto perfino la mascherina per rispondere. «Come potete immaginare io e mio padre siamo molto simili, ma anche molto diversi. Qualche volta capita che i confronti siano accesi. Quel giorno volevo fargli sentire il mio affetto. In pochi lo conoscono davvero», pausa di commozione. E poi: «Sa essere dolce e comprensivo. E io, da figlio, volevo dirlo a tutti». Voi dite quel che volete, io mi prenoto già per i palinsesti dell’anno prossimo. Magari torniamo a Portofino.

 

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