L’analista dei media Valerio Bassan la chiama una «operazione all’americana», una di quelle a cui il panorama dei media italiano è poco abituato. Chora Media, la società di produzione di podcast guidata dall’ex direttore di Repubblica Mario Calabresi acquisisce Will, esperimento di informazione innovativa sui social e a sua volta produttore di podcast, mettendo insieme due start up editoriali native digitali.

L’operazione costerà oltre 5,2 milioni di euro cash, ma secondo quanto risulta a Domani in caso di exit dalla società, cioè di uscita con guadagno dei soci – obiettivo principe di ogni start up – ai soci storici e alle persone chiave di Will verrà riconosciuta anche una partecipazione nel capitale. L’acquisizione sarà finanziata da un aumento interamente finanziato dai soci della BeContent srl, la società del brand Chora, cioè da Calabresi, e dalla BeWater srl, partecipata dal finanziere e scrittore Guido Maria Brera, da Roberto Zanco, Mauro Martani e e Mario Ferdinando Gianani e Saverio Costanzo.

La sfida della sostenibilità

Il prezzo dell’acquisizione è pari a tre volte il fatturato registrato a fine 2021 dalla Is Media Srl, proprietaria di Will. La social company amministrata da Alessandro Tommasi è passata da circa 200 mila euro di ricavi nel 2020 a 1,72 milioni nel 2021. Sempre nel 2021 ha registrato un utile di 9.223 euro, dopo che nel 2020 erano stati fatti due aumenti di capitale (le perdite erano di 540 mila euro) e un terzo era seguito nel 2021.

A febbraio 2020 i soci, tra cui i co-fondatori Davide Dattoli, Francesco Fumagalli, e la influencer (che aveva millantato una laurea inesistente) Imen Boulahrajane avevano deliberato un aumento del capitale sociale da 10mila a 15.600 euro e avevano versato 1 milione 114 mila euro di sovrapprezzo per proteggere il capitale dalle perdite. Nell’agosto del 2021 poi un altro aumento aveva portato il capitale sociale a 20mila 220 euro, i soci avevano versato un minimo di 139,9 euro di sovrapprezzo per ogni euro di capitale nominale sottoscritto. Il risultato di queste operazioni è una riserva di 1 milione 932 mila euro.

Nel 2021, secondo il bilancio Is Media srl sosteneva costi di personale pari ad appena 157mila euro. Oggi, dice Tommasi, conta «30 persone full time e altri collaboratori esterni». I soldi che arriveranno dall’acquisizione serviranno a espandersi e «ad aumentare la complessità del prodotto». Nelle trattative, dice Tommasi, per noi era importante la garanzia della nostra autonomia e della realizzazione dei piani pre-esistenti.

Il bilancio 2021 della Be Content srl, invece, non è ancora stato depositato. Nel 2020, anno della fondazione, registrava perdite per circa 218mila euro. Alla fine di quest’anno potrebbe arrivare al punto di pareggio. Calabresi stima un fatturato di circa 5 milioni di euro, ma dice anche che azzerare le perdite non è la priorità.

Qualche mese fa Guido Maria Brera dichiarava che Chora non guardava solo a Will. Oggi però Calabresi dice che al momento non ci sono altre operazioni all’orizzonte: «Dietro questa acquisizione c’è una idea editoriale. Abbiamo trovato che Will fosse una grande opportunità perché completava bene il nostro progetto, aveva tutte le caratteristiche, la freschezza, una grande comunità nativa digitale, un’idea dei podcast che si sposa bene con la nostra. Ci sembrava fosse il momento di iniziare a consolidare, di fare un salto dimensionale».

Nel comunicato che annuncia l’operazione si sottolinea come insieme le due società occupano le prime sei posizioni delle classifiche dei podcast. I volumi di pubblico però al momento non sono ancora tali da rendere sostenibile un mercato di contenuti audio pagato solo da inserzioni pubblicitarie, osserva Bassan: «Parlare delle classifiche è un buon modo di comunicare l’operazione. L’acquisizione però serve anche per posizionare Chora nei confronti della comunità di Will e acquisire una potenza social».

Dividersi i compiti

La scelta è quella non di arrivare a una fusione ma avere un portafoglio diversificato e questo, argomenta Bassan, può voler dire poter offrire più servizi alle aziende che pagano branded content. Calabresi sostiene che «più sono autonomi e liberi» a Will meglio è. «Quello che si può fare è condividere strategie e progetti, riuscire a declinarli insieme. Noi un pezzo e loro un altro. Se facciamo un progetto come una serie di inchiesta, ognuno la declinerà a modo suo».

Il risultato immediato è un concorrente in meno e una operazione che può rivelarsi strategica anche nel medio termine, con un investimento che secondo Bassan si può ripagare in cinque anni.

Restano i dubbi che tutti i modelli all digital portano con sé. L’esperienza di Vice Media e Buzzfeed dimostrano che non è per nulla facile usare il branded content per finanziare anche il resto di progetti editoriali nel lungo termine: in dieci anni nessuno dei due ci è riuscito, ragiona Bassan. La marginalità delle agenzie creative per terzi non è molto elevata.

Il mercato dei podcast è però in espansione. Secondo l’ultimo Digital news report del Reuters Institute, il 29 per cento degli italiani ha ascoltato un podcast nell’ultimo mese.

«Tutti i dati remano verso questa narrazione», fa notare il giornalista che si occupa dei media, ma i volumi devono ancora crescere e il problema ulteriore è come tradurre ascoltatori in fatturato.

I precedenti dell’editoria digitale ci hanno mostrato che le aziende per gonfiare i volumi hanno usato scorciatoie e reso l’esperienza di fruizione delle notizie sempre meno piacevole e soprattutto ne hanno ridotto la qualità. Il mercato dei podcast, invece, parte da una qualità media altissima che è stata la forza del suo successo finora.

Tommasi, che di Will resterà amministratore delegato, si aspetta un nuovo aumento di fatturato a fine anno, ma si dice anche consapevole del contesto. L’acquisizione di Chora permetterà «ottimizzazioni», ma la ricerca di nuove fonti di revenues è una sfida interessante per tutti.

 

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