Un tratto di penna al codice civile, un codicillo dentro un decreto che passa con la fiducia e via: in estate, si sa, in Italia si fa così. E il settore della logistica, una frontiera dello sfruttamento marginale, viene completamente deregolamentato.

È successo a fine giugno: dentro il decreto detto “Pnrr 2” per l’attuazione dei progetti finanziati dall’Unione europea viene inserita una norma che modifica il codice civile in materia di relazioni tra stazione appaltante e fornitori esclusivamente per quanto riguarda la logistica integrata, cioè tutto ciò che attiene al deposito, spedizione, trasporto, distribuzione capillare di merci. È il lavoro dei cosiddetti “driver”.

Foglio di via al sindacalista dei lavoratori della logistica

D’ora in avanti qualunque driver assunto da una cooperativa o da una azienda che non verrà pagato o al quale non saranno versati i contributi o un qualche risarcimento per incidente in orario di lavoro non potrà più rivalersi sul committente finale, cioè sulle grandi aziende e multinazionali della distribuzione, incluse quelle su piattaforma alla Amazon.

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Basterà che la grande azienda committente abbia richiesto e ottenuto dalla ditta fornitrice la dichiarazione Durc - il documento unico di regolarità contributiva che fotografa il pagamento di tutti gli oneri fiscali dovuti - per ogni singolo dipendente al momento della stipula del contratto di somministrazione del servizio appaltato. Con questo foglio il committente si libera da qualsiasi gravame: cosa succede alla ditta fornitrice del servizio di trasporto e consegna non è più affare suo. Si recide così il nodo della responsabilità in solido stabilito dall’articolo 1677 del codice civile, che vale ancora in tutti gli altri settori industriali e del terziario avanzato.

Brinda il vertice di Assologistica, l’associazione confindustriale che riunisce 250 aziende con 22 milioni di metri quadrati di capannoni, 4,5 milioni di metri cubi di celle frigorifere, 60 milioni di metri quadrati di terminal, 70 mila dipendenti tra diretti e indiretti.

Grazie a Fi, a Cartabia e Giorgetti

È da due anni che Assologistica organizza una pressione che rasenta una vera e propria attività di lobby per ottenere questo risultato. 

Nel 2020, quando ancora il presidente era Andrea Gentile, l’associazione industriale presentò in Senato un dossier dal titolo: «Proposta di introduzione del contratto logistica nel codice civile». In quel dossier si leggono molto chiaramente, quasi spavaldamente, le finalità dell’operazione.

Si legge che serve «una normativa ad hoc» in ultima analisi per «rendere maggiormente efficienti i processi logistici e di outsourcing» e quindi arrivare al «definitivo superamento della teoria dell’assorbimento o della prevalenza, emersa nella giurisprudenza, che vede l’applicazione della disciplina della prestazione prevalente, attraverso un meccanismo che si è rivelato spesso non agevole e foriero di contenziosi».

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Dopo due anni l’attuale presidente Umberto Ruggerone con un comunicato ringrazia il senatore di Forza Italia Nazario Pagano che ha presentato l’emendamento approvato dal governo, ringrazia poi «sentitamente» la ministra Marta Cartabia «per aver autorevolmente favorito un cambiamento di portata storica» e il collega di governo Giancarlo Giorgetti per il sostegno ad Assologistica.

Un milione di lavoratori

«Fino ad ora i driver erano tutelati dall’articolo 29 del disegno di legge 276 del 2003 (legge Biagi, ndr) che per liberalizzare gli appalti aveva messo una norma a tutela dei lavoratori della ditta appaltante con la possibilità di rivalersi in solido sul committente», spiega a Domani l’avvocato Lorenzo Venini. Nel settore della logistica però si diffonde un malcostume per provare ad aggirarla e stiamo parlando degli operatori più grossi, come SDA, GSN, Bartolini, Fedex. Invece di stipulare contratti di appalto con i ‘padroncini’ stipulavano contratti di trasporto. «Come se ognuno di queste piccole aziende facessero tanti trasporti per questi colossi della spedizione», continua Venini «Negli ultimi anni però abbiamo ottenuto tantissime sentenze che stoppavano questi tentativi, i giudici ridavano il nome ai contratti per quel che erano: appalti».

Carlo Pallavicini dei Si.Cobas di Piacenza racconta: «Solo nella nostra provincia sono 1.500 driver che sono sempre riusciti a recuperare le ore che non venivano loro pagate, parliamo di una media di 25mila, 30mila euro a testa in cinque anni. Adesso non avranno più appigli per farsi pagare il dovuto».

Il problema è che le aziende dei trasportatori dell’ultimo miglio sono piccole, fragili economicamente e hanno una “mortalità” aziendale - si chiama così - altissima. «I colossi delle spedizioni fanno contratti al ribasso e rubando soldi ai lavoratori mentre gli appaltatori possono fare profitto», continua Pallavicini. «Magari hanno il Durc in regola, fanno un contatto di 4 ore su cui pagano i contributi, poi il lavoratore ne fa 12 e le otto in più vengono pagate o in nero o non pagate».

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Senza contare che la maggior parte dei lavoratori in questo settore sono migranti, con tutto quello che comporta rispetto alla paura di denunciare per non mettere a rischio il permesso di soggiorno. «Quello che mi chiedo», conclude il sindacalista, «è: dove sta la politica? Si sono accorti Ps, Cinque stelle che stanno potenzialmente massacrando un settore che sta diventando sempre più importante? Possibile che i colossi del trasporto e gli altri che già hanno guadagnato da crisi e pandemia cifre enormi, debbano guadagnare ancora di più sulle spalle dei lavoratori?».

La norma appena passata riguarderà circa un milione di lavoratori del comparto, indotto compreso. «Questi erano gli eroi durante la pandemia», ricorda Venini. «Adesso togliamo loro ogni garanzia di uno stipendio sicuro».

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