È trascorso un mese esatto dal giorno in cui è morto Adil Belakhdim, il sindacalista investito e ucciso da un tir durante un presidio dei Cobas davanti allo stabilimento Lidl di Biandrate, in provincia di Novara. In questi giorni i suoi compagni hanno continuato a lottare in nome degli stessi diritti per i quali Adil si era sempre battuto.

Il 18 giugno il sindacato di base del Si Cobas aveva indetto uno sciopero nazionale e una manifestazione a Roma. Doveva esserci anche Adil, ma è morto poche ore prima. Quattro giorni dopo, il 22 giugno, i lavoratori di Biandrate si sono radunati sotto il palazzo della prefettura di Novara. Ci sono volute sei ore di trattativa per ottenere una risposta dai vertici aziendali della Lidl. Ma una prima conquista è arrivata. La Lidl ha garantito al sindacato di cessare le vessazioni nei confronti dei lavoratori, rimuovere i caporali dall’impianto, adeguare i contratti alle ore svolte e intervenire sui livelli salariali. Il risultato più importante è stata la salvaguardia dell’auto-organizzazione dei lavoratori contro il tentativo aziendale di escludere il Si Cobas dalle future negoziazioni.

Il giorno della morte di Adil è stato un giorno di sgomento. I sindacalisti del Si Cobas da tempo denunciavano sabotaggi e attacchi, ma non erano preparati a vedere morire un loro compagno. A Roma, 24 ore dopo, lo sconcerto si era già tramutato in rabbia. In più di mille si sono incamminati verso il ministero del Lavoro chiedendo, in nome di Adil, le dimissioni del ministro Andrea Orlando.

La rabbia monta

Martedì 6 luglio una delegazione nazionale del Si Cobas, composta dai membri dell’esecutivo nazionale Mohammed Arafat, Alessandro Zadra e Peppe D’Alesio e dal delegato Tnt Fedex di Piacenza Bayoumi Ziad, è riuscita a farsi ricevere dal ministro in persona.

Il risultato raggiunto dall’incontro con i vertici Lidl a Novara è una vittoria parziale, non basta. È l’intero settore della logistica in ginocchio. È per questo che il portavoce nazionale dell’Adl Cobas, Gianni Boetto, porta sul tavolo del ministero la vertenza nazionale Fedex, con particolare attenzione alla chiusura del sito di Piacenza. L’incontro era stato inizialmente fissato la settimana prima, ma poi è stato rinviato a causa del concomitante incontro tra governo e confederali sullo sblocco dei licenziamenti. La rabbia, quindi, ha continuato a montare.

Mentre i rappresentanti sono faccia a faccia con Orlando, fuori, duecento lavoratori Fedex aspettano risposte. Al tavolo prendono parte anche i collaboratori del ministro e, da remoto, il direttore generale Romolo De Camillis. Nelle due ore di confronto, la delegazione del Si Cobas ripercorre le vicende che, a partire dalla chiusura dello stabilimento di Piacenza, hanno portato a quella che i sindacalisti definiscono «un’escalation di violenza senza precedenti contro i lavoratori della logistica in sciopero».

Gli attacchi ai lavoratori

Prima della morte di Adil erano state diverse, infatti, le aggressioni verso i lavoratori durante gli scioperi e i picchetti.

Il ministro Orlando, dopo aver manifestato la sua disponibilità a un confronto permanente sulle problematiche nazionali della logistica, secondo quanto riportato dalla delegazione che l’ha incontrato, avrebbe garantito di assumere personalmente l’impegno a contattare il Mise per verificare la disponibilità di quest’ultimo a una convocazione congiunta di un tavolo di trattativa con Fedex, accusata dai rappresentanti Cobas di volerli estromettere dalla propria filiera per portare a termine il piano di ristrutturazione che prevede 6.300 licenziamenti, non solo sul territorio nazionale. Il ministro avrebbe inoltre garantito che il tutto sarebbe accaduto entro una settimana e che, in caso di indisponibilità Fedex, avrebbe convocato i vertici della multinazionale.

«Dopo quattro mesi di lotta fuori ai cancelli Fedex e nelle piazze di tutta Italia, il ministero del Lavoro ha finalmente ufficializzato la propria volontà di svolgere un ruolo attivo in questa vertenza», commentava soddisfatto il sindacato. Tuttavia, una risposta da Orlando non è ancora arrivata.

L’escalation continua

Se da un lato l’omicidio di Adil ha fatto luce sui problemi che investono il settore della logistica, portando a dei risultati tangibili per le lotte dei lavoratori sfruttati dalle multinazionali operanti in diversi settori, dall’altro non è riuscito a evitare l’ennesimo attacco contro un gruppo di lavoratori in sciopero.

Il 30 giugno, infatti, durante un presidio degli operai della Miliardo Yida di Pontecurone in provincia di Alessandria, un camioncino si è diretto ad alta velocità verso i manifestanti. Uno degli operai è stato travolto, per fortuna senza gravi conseguenze. Alla guida del mezzo il responsabile interno dell’azienda.

Il picchetto era stato organizzato per chiedere il reintegro di sei colleghi licenziati e la messa a norma dei contratti di lavoro e degli stipendi. I manifestanti denunciano la gravità di quanto accaduto e invitano tutti a unirsi alla protesta. Lo sciopero prosegue fino a quando, dopo una lunga trattativa mediata dalla questura, i lavoratori della Miliardo Yida riescono a strappare la convocazione di un tavolo in prefettura per affrontare, in presenza dei vertici aziendali, le problematiche interne, in particolare la messa in sicurezza della fabbrica, ritenuta «pericolosa e inquinante» da chi ci lavora ogni giorno.

La lotta vince

Il 16 giugno è arrivato un altro annuncio positivo per le lotte del sindacato di base. La vertenza dei lavoratori degli appalti dell’hotel Excelsior Gallia di Milano, una trattativa che durava da un anno, si è conclusa con la riassunzione degli impiegati dell’azienda Papalini, che ora gestirà i servizi di pulizia e facchinaggio nell’hotel per i prossimi tre anni. L’azienda ha accettato di migliorare i contratti di lavoro, trasformandoli in indeterminati, a differenza di quanto fatto dalla Ho Group lo scorso anno quando, in piena crisi, era stato chiesto ai lavoratori di sottoscrivere una conciliazione per auto licenziarsi, promettendo loro il pagamento del tfr e l’accesso alla Naspi. Il Gallia intanto ha affidato la gestione della riapertura, tra agosto e dicembre, a una terza azienda, la KeepUp, che però si serviva di personale esterno, non richiamando al lavoro gli aventi diritto. A gennaio è intervenuta la Papalini e la lotta dei lavoratori, affiancati dal sindacato, ha portato finalmente i suoi frutti.

Le lotte del Si Cobas, dunque, pare siano riuscite ad arrivare dove nemmeno i sindacati confederali erano riusciti, ma a che prezzo? Adil Belakhdim aveva 37 anni, il 1° luglio è stato sepolto in Marocco, sua terra d’origine. Alcuni dei suoi colleghi lo hanno accompagnato per un ultimo saluto, gli altri, invece, hanno continuato a battersi come lui aveva insegnato.

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