Nel nostro paese la spinta verso il green, nonostante lo scatto inflattivo permane abbastanza alta. L’unico fronte su cui l’opinione pubblica tentenna maggiormente è quando si parla di uso dell’auto. Qui la pulsione ambientalista trova qualche ostacolo in più e diversi fan in meno.

Spinte ambientaliste

L’osservatorio Legacoop-Ipsos, lo scorso anno ha registrato le spinte ambientaliste in piena crisi inflattiva. Per il 74 per cento degli italiani la transizione green è indispensabile e da proseguire nonostante l’aumento del costo della vita. L’82 per cento dell’opinione pubblica ritiene la transizione ecologica giusta, anche se una parte, il 44 per cento, pensa che la transizione non sia attuabile in tutti i settori produttivi.

Vi è poi una quota minoritaria di italiani (il 18 per cento) che giudica il tema come una moda (6 per cento) o come una scelta pericolosa perché potrebbe mettere a rischio molte imprese (12 per cento). Una fascia di scettici che nel corso degli ultimi due anni, tra il 2021 e il 2022, è cresciuta del 4 per cento. Un cambio significativo che è intervento, invece, sul tema dello scambio-ricatto tra posti di lavoro e riduzione dell’attenzione alla sostenibilità. La maggioranza degli italiani, il 57 per cento, pensa questo scambio non sia più accettabile e che la difesa dei posti di lavoro non debba implicare il sacrificio delle strategie ambientali e di riduzione dell’inquinamento. La posizione, tuttavia, non è omogenea nelle diverse fasce sociali e la difesa del posto di lavoro appare preminente soprattutto nei segmenti più fragili, tra i ceti popolari e tra i residenti al sud.

L’ossimoro

Le dinamiche ossimoriche sul tema della transizione green toccano anche altri aspetti. Il primo è quello relativo al sovrapprezzo dei prodotti ambientalmente sostenibili. Per la maggioranza degli italiani è giusto che i prodotti che rispettano l’ambiente costino di più (58 per cento). Un dato in crescita nel corso degli ultimi due anni con un più 14 per cento complessivo.

A essere favorevoli, concettualmente, al sovrapprezzo sono i giovani under 30 e il ceto medio (entrambi al 64 per cento). Contrari al sovrapprezzo risultano quattro italiani su dieci, in particolare fra i residenti a nord ovest (50 per cento) e fra i ceti popolari. La maggioranza relativa dell’opinione pubblica ritiene, tuttavia, che i costi in più necessari per produrre in modo ambientalmente sostenibile dovrebbero essere assorbiti dalle imprese, riducendo i loro profitti e non debbano essere scaricati sui consumatori (47 per cento). Secondo un altro 43 per cento a sobbarcarsi questi incrementi dovrebbe essere lo stato, tagliando gli sprechi e concedendo alle imprese dei bonus fiscali. Altro ambito in cui emergono dei freni e delle contraddizioni è quello che riguarda il mondo dell’automobile. Nel monitoraggio di febbraio 2023 del mio osservatorio troviamo alcuni dati peculiari.

Da un lato la maggioranza dell’opinione pubblica (il 67 per cento) ritiene importante puntare a zero emissioni di CO2 nel minor tempo possibile e accelerare verso una mobilità completamente elettrica. Un obiettivo che convince il ceto medio (71 per cento), gli studenti (85 per cento), i laureati (77 per cento), i residenti nei centri cittadini o nelle aree adiacenti al centro (76 per cento). Molto meno convinti appaiono i residenti nelle periferie urbane (59 per cento), chi vive nelle aree rurali (62 per cento) e gli appartenenti ai ceti popolari (61 per cento).

No alla transizione auto

Dall’altro lato, però, quando si parla di stop alla vendita di motori diesel e benzina a partire dal 2035, il quadro muta. La metà del paese appare contraria (il 50 per cento è schierato per il no). Favorevole è solo il 30 per cento e il restante 20 per cento risulta indeciso. Il 57 per centro dell’opinione pubblica, infine, auspica una transizione dai motori benzina e diesel a quelli elettrici più prolungata nel tempo, anche oltre il 2035, tenendo conto delle specificità di ogni paese.

Il tema della transizione green è una strada avviata nel nostro paese, anche se certamente è una via, per ora, tutta in salita. In particolare resta ancora in bilico la relazione tra la dimensione delle opportunità che si aprono con la green economy e la gestione dei contraccolpi sociali ed economici di tale spinta. Se non si vuole che la strada diventi troppo ripida occorre mettere mano fin da subito a queste contraddizioni, spingendo in avanti non solo la strategia di trasformazione verso un’economia totalmente sostenibile, ma affrontando in anticipo anche le ricadute che tale mutamento avrà nelle prime fasi e sui segmenti sociali più deboli. Il green non può diventare un affare solo per benestanti, ma deve divenire una opportunità per tutti.

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