«È mezzanotte!!! Miliardi di dollari in dazi stanno ora affluendo negli Stati Uniti d’America!». Così Donald Trump ha scritto sul suo social Truth, allo scoccare dell’ora che segna l’entrata in vigore delle tariffe imposte dalla sua amministrazione nei confronti di circa 90 paesi. In un post scritto, come consuetudine nella retorica trumpiana, in maiuscolo, il presidente statunitense spiega che dalla mezzanotte sono entrati in vigore i dazi reciproci. «L’unica cosa che potrebbe fermare la grandezza dell’America», ha continuato Trump, «è un tribunale di giudici della sinistra radicale che vogliono vedere il nostro paese fallire!».

La nuova politica commerciale del presidente Usa arriva dopo mesi di minacce e negoziati, come quello portato avanti con l’Unione europea che ha chiuso l’accordo al 15 per cento, sui beni importati dall’Ue. Ma non è finita qui, ha avvertito mercoledì Trump in una conferenza stampa alla Casa bianca: «Mancano ancora otto ore: vedremo molto altro, vedrete sanzioni secondarie».

Tariffe

Fino a giovedì 6 agosto, i beni importati negli Stati Uniti, da qualsiasi paese del mondo, erano soggetti a un dazio minimo del 10 per cento. In base alla riuscita o meno di un accordo, ora le aliquote variano da stato a stato. Sul Brasile gravano dazi molto alti, al 50 per cento, seguono Laos e Myanmar, al 40, la Svizzera al 39 per cento, Iraq e Serbia al 35. 

L’amministrazione Usa ha imposto tariffe superiori al 15 per cento ad altri 21 stati, come il Vietnam (20 per cento), l’India (25 per cento), Taiwan e Thailandia, rispettivamente al 20 e al 19 per cento.

Esenti dalle tariffe Canada e Messico, per i beni provenienti da questi paesi solo se conformi all’accordo di libero scambio Usa-Messico-Canada. Altrimenti, i dazi imposti ai beni provenienti dal Messico ed esclusi dall’intesa sono soggetti a dazi del 25 per cento. Al 35 per cento quelli in arrivo dal Canada, in aumento rispetto al precedente 25 per cento. 

Tutti gli altri paesi dai quali gli Stati Uniti importano beni continueranno a essere soggetti a un dazio minimo del 10 per cento.

Il quadro, però, non è cristallizzato, visto l’annuncio di Trump mercoledì sera – secondo quanto riporta il Wall Street Journal – di nuovi possibili dazi, del 100 per cento circa, su prodotti come chip e semiconduttori importati negli Stati Uniti dall’estero. 

Brasile

Teoricamente applicata una tariffa “reciproca” del 10 per cento, il paese guidato da Lula è stato colpito la scorsa settimana da un ordine esecutivo, firmato dal presidente Usa, legato all’incriminazione dell’ex presidente Jair Bolsonaro, amico e alleato di Donald Trump finito ai domiciliari. L’amministrazione statunitense ha quindi imposto un prelievo aggiuntivo del 40 per cento.

Svizzera

I paesi che si vedono aumentare le tariffe stanno cercando di correre ai ripari, con la Svizzera che dopo aver inviato una delegazione negli Stati Uniti, per tentare di convincere l’amministrazione Usa ad abbandonare l’imposizione di dazi al 39 per cento sui prodotti svizzeri importati, ha fissato per giovedì 7 agosto una riunione straordinaria. «Il Consiglio federale terrà una seduta straordinaria nel primo pomeriggio. Comunicherà in seguito», si legge in breve messaggio pubblicato su X, mentre non sono trapelati dettagli sugli incontri della delegazione guidata dalla presidente e ministra delle Finanze svizzera Karin Keller-Sutter.

India

A poche ore dall’entrata in vigore dei dazi, Trump ha firmato un altro ordine esecutivo per “punire” l’India e il suo continuo acquisto di petrolio russo. Gli Usa hanno imposto un’ulteriore tariffa del 25 per cento, raggiungendo così il 50: «Le azioni e le politiche del governo della Federazione russa continuano a rappresentare una minaccia enorme e straordinaria per la sicurezza nazionale e la politica estera degli Stati Uniti», si legge sull’ordine. Aggiunge il tycoon: «Ritengo necessario e appropriato imporre un dazio ad valorem aggiuntivo sulle importazioni di prodotti provenienti dall’India, che importa direttamente o indirettamente petrolio dalla Federazione russa.

Azioni «ingiuste, ingiustificate e irragionevoli», ha scritto il portavoce del ministero degli Affari esteri indiano, Randhir Jaiswal, ribadendo che New Delhi «adotterà tutte le misure necessarie per proteggere gli interessi nazionali». La posizione, sottolinea il portavoce del ministero, «è già stata chiarita»: Jaiswal spiega che «le nostre importazioni sono effettuate per garantire la sicurezza energetica di 1,4 miliardi di persone».

© Riproduzione riservata