Quale sarà l’effetto duraturo della pandemia in corso sulle disuguaglianze economiche e sulla povertà? La sensazione generale è che, nel nostro paese, povertà e disuguaglianze siano aumentate – e in effetti questo è quanto spesso si afferma. Ma, sfortunatamente, a sostenere quella sensazione non vi sono dati certi, occorre attendere un paio di anni, il normale ritardo con il quale sono disponibili i dati raccolti dalle indagini su cui si basano le analisi della disuguaglianza. Dunque, ora e per un bel po’ di tempo, non possiamo sapere con certezza cosa sta capitando. Possiamo, però, saperlo con gradi diversi di approssimazione a seconda dei dati (tra quelli disponibili) che usiamo e delle metodologie che applichiamo.

Diversi studi forniscono interpretazioni – non sempre tra loro coincidenti – con quello che possiamo considerare un buon grado di approssimazione. Qui diamo conto di uno di essi – «Redditi Sos: effetti simulati del Covid-19 e dei benefici di emergenza sulla distribuzione del reddito individuale e familiare in Italia» –  di cui sono autori Giovanni Gallo e Michele Raitano che, utilizzando un modello di simulazione e ipotizzando scenari coerenti con gli andamenti finora osservati, stima l’impatto della pandemia sulla distribuzione dei redditi.

Questo studio permette di confrontare la disuguaglianza nei redditi in tre diverse situazioni: senza pandemia, con pandemia ma senza interventi straordinari di sostegno al reddito da parte del governo, con pandemia e con i principali tra questi interventi straordinari (blocco licenziamenti, Cassa integrazione guadagni - Cig, estensione della durata della Naspi, bonus di 600 euro, reddito di emergenza, ampliamento beneficiari del reddito di cittadinanza).

Il calo attutito

Con riferimento all’intero 2020, si rileva che il reddito medio cade del 6,1 per cento, una caduta notevole ma inferiore a quella rilevata con riferimento ai soli redditi di mercato (cioè prima dei vari interventi emergenziali), che sarebbe del 19,8 per cento. Il beneficio dell’azione redistributiva sarebbe maggiore per le famiglie meno abbienti: i trasferimenti coprono, in media, più della perdita del reddito di mercato per il 10 per cento più povero, circa il 60 per cento per chi sta nei tre decili immediatamente superiori e al più il 33 per cento circa per il 20 per cento più ricco.

Coerente con questi dati è il risultato sul rischio di povertà (valutato in base alla soglia relativa che si sarebbe registrata senza pandemia, quindi senza tener conto della caduta del reddito mediano dovuta alla crisi): il suo aumento per effetto degli shock di mercato sarebbe stato enorme – quasi nove punti percentuali – ma grazie ai trasferimenti è stato decisamente più contenuto – due punti percentuali. Anche la disuguaglianza nei redditi, misurata con il coefficiente di Gini, sarebbe notevolmente cresciuta - dell’1,7 per cento – senza i trasferimenti emergenziali, ma grazie a questi ultimi risulta addirittura diminuita – dell’1,1 per cento.

L’apparente grande efficacia dei trasferimenti nel contrastare disuguaglianza e povertà è dovuta principalmente alla Cig e al suo carattere progressivo: ne beneficiano proporzionalmente di più i lavoratori con retribuzioni più basse, il suo importo prevede tetti massimi al trasferimento, anche se su valori molto contenuti. Il contributo della Cig alla riduzione della disuguaglianza è stimato dell’ordine di 2 punti percentuali, che non sono pochi. Significativo è anche l’effetto di contrasto delle disuguaglianze del bonus in somma fissa da 600 euro (0,7 punti percentuali).

Dunque, senza i massicci trasferimenti emergenziali la disuguaglianza e la povertà, già partendo da un livello molto elevato, sarebbero drammaticamente peggiorate. Cosa potrà contrastare questo peggioramento, allora, quando quei massicci trasferimenti, a iniziare da quelli consentiti dal blocco dei licenziamenti e dalla Cig universale, verranno meno? Soltanto un insieme di politiche particolarmente attente alla disuguaglianza che si crea nei mercati, dunque, politiche che hanno quel carattere pre-distributivo di cui abbiamo già discusso su Domani.

La pandemia può produrre effetti cui un’analisi compiuta delle disuguaglianze dovrebbe interessarsi: anche a parità di indicatori aggregati, un numero consistente di individui potrebbe sperimentare un grave peggioramento delle proprie condizioni di vita, scivolando verso decili più bassi della distribuzione del reddito. Le informazioni disponibili e gli indicatori di disuguaglianza non catturano adeguatamente fenomeni come questi – anche se dalla simulazione qui richiamata risulta elevato il numero di famiglie che si sposta fra le diverse parti della distribuzione.

Per misurare la povertà esistono molti indicatori, quello utilizzato nello studio qui esaminato non rileva gravi peggioramenti. Eppure le file alle mense della Caritas aumentano. Una spiegazione semplice è che molti possono, sulla base delle definizioni adottate, non essere poveri ma, nonostante ciò, vivere in condizioni di deprivazione materiale. Anche questo è un aspetto al quale prestare attenzione per capire più a fondo come la pandemia, e le connesse politiche, abbiano cambiato il benessere delle persone.

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