Aumentano i fallimenti delle imprese italiane. E cresce anche la quantità delle aziende in stato di crisi o di insolvenza, accompagnata da un sempre più frequente ricorso alle procedure concorsuali fallimentari. È una fotografia allarmante quella relativa al primo trimestre 2025 scattata dall’Osservatorio procedure e liquidazioni di Cerved, di cui Domani pubblica i dati in anteprima.

La situazione si era già fatta critica nel 2024 con un picco di fallimenti di oltre il 17 per cento. E i dati dei primi tre mesi 2025 non fanno presagire niente di buono considerato che i fallimenti sono aumentati del 10,1 per cento - per un totale di 2.427 casi che si aggiungono ai 9.194 del 2024 – e che è ancora presto per calcolare l’impatto concreto dei dazi americani sul business di molte aziende, in particolare quelle già in difficoltà.

Sono costruzioni e industria i settori che stanno registrando le maggiori criticità rispettivamente con il +16,4 per cento e il +15,1 per cento dei fallimenti nei primi tre mesi dell’anno, per un totale di 475 e 312 procedure di fallimento.

I settori più in crisi

Nel settore delle costruzioni, in particolare, si evidenzia un’apertura di procedure gravi a causa delle difficoltà riscontrate nel ripagare i debiti, motiva Cerved. E tornando alla questione dei dazi bisogna considerare che il raddoppio di quelli su acciaio e alluminio (passato dal 25 per cento al 50 per cento) non sarà neutro proprio per il comparto dell’edilizia.

Aumenti a doppia cifra anche per servizi (13,2 per cento) e logistica e trasporti (con un balzo del 19,3 per cento). Alla voce industria è il largo consumo a registrare il più elevato tasso di incremento di procedure addirittura in aumento del 67,9 per cento, seguito dall’elettromeccanica al +61 per cento.

Più in generale, tenendo conto dell’andamento dell’ultimo biennio, è il comparto dei servizi quello più in sofferenza con il 40 per cento dei casi gravi, al secondo posto con il 22,1 per cento si piazza il settore della distribuzione, seguito a stretto giro dalle costruzioni a quota 21,8 per cento e poi l’industria al 14,1 per cento.

La distribuzione geografica

Sul fronte geografico è il Nord Ovest l’area più in difficoltà con il 29,8 per cento delle procedure all’attivo, seguito dal Centro con il 24,9 per cento, poi Sud (18,6 per cento), Nord-Est (19,1 per cento) e Isole (7,6 per cento). Nel primo trimestre 2025 – evidenzia il report – in tutte le aree si registra un aumento delle procedure, ad eccezione delle Isole. E molto consistente l’incremento del Nord-Est (+15,8 per cento), dovuto alla grave situazione in Emilia-Romagna (+65,2 per cento). In controtendenza il Veneto, che registra una flessione delle procedure gravi del 5 per cento.

Accelera, inoltre, la crescita di fallimenti e il ricorso ad altre procedure di crisi per le imprese sotto i cinque anni di vita, di fatto le startup. «Gli shock sistemici avvenuti negli ultimi cinque anni hanno reso estremamente difficile l’ambiente economico per le imprese più giovani e meno strutturate», si legge nel report.

Tant’è che la percentuale di procedure concorsuali gravi è passato dal 5,3 per cento del primo trimestre 2023 (101 procedure) all’8,8 per cento del primo trimestre 2024 (195 procedure) per salire al 16 per cento nel primo trimestre di quest’anno con 389 procedure. E anche per le imprese fra i 5 e i 10 anni si registra un incremento delle situazioni gravi (688 procedure) così come per quelle tra i 10 e 25 anni (952).

Per quel che riguarda le liquidazioni in bonis – ossia quelle volontarie attivate dalle aziende che scelgono di sciogliersi per evitare il fallimento o il ricorso ad altre procedure di crisi – nel primo trimestre 2025 il totale ammonta a 18.574 in calo del 44,4 per cento rispetto al primo trimestre 2024, ma Cerved evidenzia che «il dato 2024 risultava anomalo» in quanto dovuto a una quantità sostenuta di scioglimenti per effetto del decreto 72 del Mimit, che ha disposto lo scioglimento di oltre 24.000 società cooperative inattive (quelle che non avevano depositato il bilancio negli ultimi cinque anni).

È Il comparto dei servizi a registrare il più elevato numero di chiusure volontarie (8.801 casi), seguito da distribuzione (3.282), costruzioni (2.256) industria (1.289), agricoltura (431) energia e utility (134).

E, infine, nel primo trimestre 2025, prosegue la corsa delle misure cautelari e protettive (+53,1 per cento), lo strumento giuridico previsto dal Codice della crisi d’impresa e d’insolvenza (introdotto nel 2022) che mira a tutelare il patrimonio imprenditoriale e a favorire il buon esito delle trattative per la regolazione della crisi o dell’insolvenza. In aumento anche i concordati preventivi (+29,1 per cento) e gli accordi di ristrutturazione dei debiti registrano un balzo del 53,8 per cento rispetto al primo trimestre 2024.

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