L’economia italiana, come quella degli altri paesi dell’UE e degli Stati Uniti, ha vissuto quattro anni anormali a causa della pandemia, della guerra Russo-Ucraina e della crisi energetica. Per sostenere l’economia, gli stati sono intervenuti con un forte trasferimento di risorse dal pubblico al privato (soprattutto gli Stati Uniti), il PIL è aumentato e la disoccupazione è diminuita, il risparmio è aumentato e ha sostenuto la domanda.

Poi è arrivata l’inflazione prima ancora della guerra in Ucraina e la politica monetaria della BCE e della FED che, con l’aumento dei tassi di interesse per frenare l’inflazione, hanno gelato l’economia. Da nove mesi siamo in stagnazione con la caduta degli investimenti, delle esportazioni, della manifattura e delle costruzioni. Il risultato è un PIL ormai definitivo dello 0,7 per cento per il 2023. 

Il possibile ritorno alla normalità

E’ possibile tornare alla normalità? Lo scenario nazionale e internazionale non offre condizioni favorevoli. Famiglie e imprese non si aspettano una forte riduzione dell’inflazione e limitano i consumi. I prezzi alla produzione stanno diminuendo ma ci sono segnali di ripresa per energia e alimentari.

I salari stanno aumentando ma negativamente in termini reali di potere di acquisto. Poi c’è ancora una forte disoccupazione malgrado le imprese lamentino una difficoltà nel reperimento della manodopera. Questo è un problema strutturale dell’economia italiana dovuto all’incapacità, da parte del pubblico e del privato, di riformare e investire nella formazione, tecnica e professionale, oltre al problema sempre più tragico della denatalità. La politica monetaria continua a trasmettere impulsi negativi che vediamo nel crollo dei prestiti bancari. Famiglie e imprese sono protette, ancora per poco, dai risparmi accumulati negli anni precedenti, soprattutto durante la pandemia, ma l’accumulo di risparmio è stato fatto dalle famiglie più abbienti che in Italia sono poche a causa della concentrazione di ricchezza, famiglie che hanno spostato i fondi dai conti correnti a investimenti a lungo termine come i titoli di stato, invece di finanziare l’attività produttiva.

I conti dello stato non vanno male grazie a maggiori entrate tributarie, ma il costo del debito aumenta per emissioni di titoli a tassi sempre più alti. Per ora lo spread è rimasto sotto i 200 punti ma i dubbi sul suo futuro creano incertezza sui mercati finanziari. Senza dimenticare l’incidenza del superbonus e degli altri incentivi.

La NADEF

Davanti a questo scenario, la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF) ha rivisto le previsioni di aprile per il 2024. Il disavanzo tendenziale è passato dal 3,5 al 3,6 per cento.

La manovra è passata dallo 0,2 allo 0,7 per cento del PIL. Il disavanzo programmatico è stato aumentato dal 3,7 al 4,3 per cento. Dopo la manovra il PIL viene previsto all’1,2 per cento ma Prometeia, nel suo rapporto di previsione del 29 settembre, stima che non possa essere superiore allo 0,4 per cento. Conseguentemente Prometeia valuta un aumento dell’indebitamento più alto di quello previsto dalla Nota di Aggiornamento, soprattutto per i costi finanziari del 110 per cento.

Il 2024 sarà dunque un anno molto difficile per l’economia italiana perché verrà meno il 110 per cento e gli interventi finanziati dal PNRR non saranno ancora pienamente operativi. Senza dimenticare le incertezze sul tasso di inflazione a causa dei costi dell’energia.

Lo scenario internazionale

Il percorso per ritornare alla normalità appare assai difficile, anche a causa del contesto europeo e internazionale. Innanzitutto bisogna notare che c’è un rallentamento dell’economia mondiale dovuto alla guerra in Ucraina e alle conseguenti turbolenze sul mercato dell’energia.

Per ora non è stata comunque accertata una recessione. Il prezzo del petrolio è previsto in aumento e questo provoca incertezza sull’inflazione che resta uno dei rischi maggiori per l’economia.

In Europa quasi tutti i paesi hanno approvato misure a difesa del prezzo dell’energia, come riduzione di tasse o price cap. Se tali misure non verranno mantenute nel 2024 ci potrebbero essere serie turbolenze sui prezzi in generale. Negli USA l’inflazione sta diminuendo (anche grazie all’Inflation Reduction Act) e non sono previsti altri aumenti dei tassi di interesse.

Le misure necessarie

In sintesi l’economia italiana non sarà esente nei prossimi anni dai problemi interni strutturali come, ad esempio, la bassa produttività della sua industria e soprattutto  l’insostenibile debito pubblico, ma anche dai problemi internazionali come l’inflazione o il costo dell’energia. Il ministro Giorgetti, bravo economista bocconiano, sa perfettamente che per assicurare la tenuta dell’economia italiana, mantenendo un ruolo attivo nelle istituzioni comunitarie, non si dovrebbero attuare riforme come i prepensionamenti, la flat tax, l’accorpamento delle aliquote Irpef, il concordato preventivo, mentre si dovrebbe rimandare il progetto del ponte sullo stretto, fermare il superbomus dei prossimi anni, rivedere gli altri incentivi e in campo fiscale rivedere le oltre 600 deduzioni e detrazioni di imposta che in molti casi rappresentano un regalo ingiustificato. Anche la politica migratoria dovrebbe essere modificata in relazione ai futuri bisogni di manodopera. Infine si dovrebbe attuare una reale azione contro l’evasione fiscale. Queste azioni permettono di eliminare spese inutili recuperando risorse da destinare alla sanità e al sostegno dell’attività economica, oltre a ridurre il debito, Per Giorgetti non è facile far accettare queste misure  politica economica dai suoi colleghi di governo, specialmente da Matteo Salvini dotato di un arsenale di siluri che lancia ogni giorno contro Giorgia Meloni.  Ma Giorgetti sa anche che è con una politica rigorosa che si farà la sua nobilitate, ovvero il futuro della sua vita politica e professionale.

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