Il disegno di legge sulla delega per la riforma fiscale del governo Meloni dovrebbe arrivare in consiglio dei ministri la prossima settimana: l’ambizione è quella di una riforma ampia, ma che ha molto poco di organico e razionale. Il documento di sintesi elaborato dal Mef che illustra la riforma in poche slide, tocca tutto, dai giochi alla tassazione del reddito di impresa, dall’attuazione del federalismo fiscale al nuovo diritto tributario, ma lo fa in un moltiplicarsi di regimi sostitutivi e con un «cambiamento di verso» negli accertamenti fiscali, come lo ha chiamato il viceministro Maurizio Leo, che include la sospensione biennale dei controlli sulle piccole imprese che concordano prima con lo stato il reddito da dichiarare.

21 articoli

Il disegno di legge, stando al documento di sintesi, include 21 articoli, e prevede entro 12 mesi il riordino delle norme e l’elaborazione dei nuovi testi unici sul fisco, compresa la revisione dello statuto dei diritti del contribuente, e entro 24 mesi la codificazione del diritto tributario. Secondo quanto dichiarato da Leo la parte più importante della riforma dovrebbe essere proprio la modifica delle procedure di dichiarazione, accertamento, riscossione e del contenzioso, con una grande rilevanza data a quella che la destra di governo chiama la «tregua fiscale», cioè l’ammorbidimento dell’approccio nei confronti degli evasori fiscali con l’esplicita volontà di «riduzione delle sanzioni» e la revisione dei rapporti tra il «processo penale e quello tributario».

Gli obiettivi generali dichiarati sono «ridurre la pressione fiscale», e anche il contenzioso, «dare certezza del diritto» e «attrarre capitali esteri», anche se al momento come la riduzione sarà pagata. Le aliquote Irpef (l’imposta sui redditi delle persone fisiche) dovrebbero essere ridotte a tre: il livello non è ancora stato definito, ma in tutte le ipotesi che circolano a beneficiarne saranno i redditi più alti, seppure vengano diffuse elaborazioni tutte concentrate sui redditi medi per sviare l’attenzione sugli effetti su chi guadagna di più.

A ognuno la sua imposta

Il documento del ministero dichiara l’obiettivo di «razionalizzazione e semplificazione dell’intero sistema» Irpef, la cui base imponibile è erosa da tutta una serie di regimi di imposta sostitutiva applicati a questa o quella categoria di reddito, ma in realtà ne prevede di nuovi e diversi.

Infatti se tutte le tipologie di reddito dovrebbero essere incluse nella razionalizzazione - redditi agrari, dei fabbricati, di natura finanziaria, da lavoro dipendente, da lavoro autonomo, d’impresa e altri – subito dopo si spiega come per i redditi agrari e sui fabbricati si pensa a estendere ulteriormente i regimi di imposta opzionali e cioè l’imposizione su base catastale per i redditi agrari, in questo caso estesi anche alle coltivazioni innovative e nel caso dei fabbricati sii ipotizza l’estensione della cedolare secca anche agli immobili non abitativi. Si tratta solo di uno dei favori a particolari categorie di contribuenti ipotizzati nel documento

I redditi di capitale e i redditi di natura finanziaria di diversa origine saranno raggruppati insieme e sottoposti «a tassazione in base al principio di cassa e di compensazione», per cui valgono i ricavi già incassati e le spese già sostenute e non per esempio le plusvalenze su titoli non ancora venduti.

Si propone una imposta sostitutiva sul risultato complessivo dei redditi finanziari nell’anno solare «con possibilità di riportare a nuovo, entro certi limiti, i redditi finanziari negativi eccedenti quelli positivi». Viene proposta anche una aliquota agevolata sui rendimenti delle forme pensionistiche complementari e una imposta sostitutiva agevolata sui redditi di natura finanziaria conseguiti dalle casse di previdenza, che diventano quindi gli ennesimi contribuenti particolari.

Redditi di impresa e lavoro

Ancora per i redditi di impresa è prevista una aliquota proporzionale, quindi anche qui sostitutiva, allineata all’Ires, con solo gli utili assoggettati all’Irpef. E una «semplificazione e revisione della disciplina di deducibilità degli interessi passivi», un nodo delicato perché più alta è la soglia di deducibilità, più è forte l’incentivo delle imprese a indebitarsi, annoso problema per il sistema economico italiano di capitalisti senza capitali.

Per i redditi da lavoro viene accennata una revisione e semplificazione delle deduzioni fiscali «con particolare riguardo ai fringe benefit», che però stando alle statistiche coinvolgono solo una piccola fetta dei lavoratori dipendenti.

Per il lavoro autonomo ci saranno incentivi per le aggregazioni e verranno ridotte le ritenute sui compensi in caso il lavoratore autonomo «sostenga elevati costi per lavoratori dipendenti e/o collaboratori», un modo forse per intervenire sugli squilibri della flat tax, che prevede la stessa aliquota calcolata sul reddito lordo senza considerare i costi diversi sostenuti da contribuenti diversi. Nell’orizzonte di cinque anni, il governo vorrebbe estendere a tutti il regime della flat tax, prevedendo per i dipendenti la famosa flat tax incrementale, una aliquota fissa ridotta solo su quella parte di reddito eccedente rispetto alla media degli anni precedenti.

La delega amplissima dovrebbe anche includere la «definitiva attuazione del federalismo fiscale» regionale, con la sostituzione dei trasferimenti statali con la compartecipazione delle regioni al gettito Irpef e Iva.

Finta riforma complessiva

«Non c’è nessun intento di riforma complessiva, anche se l’ambizione è quella di intervenire su tutto: è la conferma di un sistema fiscale di tipo cedolare (in cui ogni reddito ha la sua imposta, ndr) e che fa favori a questo o a quello», dice l’ex ministro Vicenzo Visco che ha messo a punto misure che il governo si appresta a cancellare definitivamente, come la tassazione sul reddito maturato, ridotta da Giulio Tremonti a principio valido solo per le gestioni individuali dei portafogli di investimenti, e che con la nuova delega verrebbe eliminata anche per quelle, con il passaggio alla tassazione solo sul reddito realizzato. Ma i problemi non finiscono qui, dice Visco, l’insieme degli interventi ipotizzati «costano molti soldi, mentre sulla lotta all’evasione, non si vuole fare niente di serio». Di fronte a una ipotesi di riforma del genere, il tema dell’iniquità fiscale sollevato da parte delll’opposizione si fa ancora più urgente. Al momento la costituzione italiana non prevede equità orizzontale tra i contribuenti, che quindi pagano un ammontare di imposte diverso a parità di reddito, discriminando tra le tipologie di reddito. Il fisco non è uguale per tutti, e rischia di esserlo sempre meno nel prossimo futuro.


Ecco il documento: 

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