Fondazione Cariplo ha pubblicato il suo primo rapporto sulle disuguaglianze, che esplora diversi aspetti dei divari all’interno della popolazione, da quelli di reddito e ricchezza a quelli nella scuola.

I dati mostrano che la disuguaglianza economica è in crescita. In particolare, le persone in povertà sono quasi triplicate nel corso degli ultimi 15 anni. Erano circa 1,9 milioni nel 2005. Sono salite a quasi 5,6 nel 2021. La situazione è peggiorata soprattutto dopo la grande recessione del 2008, quando di fatto il Pil italiano ha smesso di crescere.

Crescita economica

La povertà è un problema multidimensionale, che non può essere attribuito a un singolo fattore, ma è evidente che uno dei principali motivi per cui è aumentata sia proprio la scarsa crescita economica. Il Pil è infatti la principale misura del reddito nazionale ed è difficile che le risorse a disposizione delle persone più povere aumentino se non cresce il Pil, a meno che non si decida per pesanti politiche di redistribuzione.

Quel poco di crescita che siamo riusciti ad accumulare negli anni, inoltre, finisce soprattutto nelle mani degli individui più benestanti. Secondo i dati all’interno del rapporto, infatti, la disuguaglianza di reddito è aumentata nel corso degli ultimi anni. Il motivo è piuttosto semplice. Per ridurre povertà e disuguaglianza si può contare soprattutto su due leve: quella della crescita che, come abbiamo visto, non è stata utilizzata negli ultimi 15-20 anni, e quella fiscale. Far aumentare il Pil piuttosto che redistribuirlo è quasi sempre la soluzione preferibile, ma tasse e imposte possono essere utilizzate per rendere la crescita più equa. In Italia, invece, facciamo sempre più il contrario.

La tassazione

La tassazione sul lavoro dipendente continua a essere piuttosto elevata rispetto agli standard internazionali, mentre le rendite e il reddito da impresa sono quasi sempre trattati con regimi di tassazione agevolati. Questo diverso trattamento avvantaggia in maniera sproporzionata le persone più benestanti.

Il rapporto Cariplo sottolinea infatti che il reddito percepito dalle fasce più ricche della popolazione non deriva prevalentemente da redditi da lavoro dipendente, ma da altre tipologie: redditi finanziari, canoni di locazione immobiliare, redditi da lavoro autonomo e d’impresa. Tutte fonti che vengono tassate tramite regimi agevolati con aliquote più basse (spesso con flat tax).

In molti casi, l’applicazione di un’aliquota unica o comunque vantaggiosa può essere giustificata: la tassazione piuttosto bassa sui profitti dipende dal fatto che il reddito delle società che li generano è già tassato in precedenza, mentre un’aliquota unica per tassare le imprese ha l’obiettivo di non deprimere eccessivamente la loro redditività.

Meno giustificabile l’eccessivo vantaggio fiscale applicato ai redditi derivanti dagli affitti (che sono rendite improduttive) o ai lavoratori autonomi in regime forfettario, che svolgono attività lavorativa come i dipendenti – precari e sottopagati compresi – ma pagano imposte sul reddito di gran lunga inferiori, anche quando hanno un fatturato piuttosto elevato.

L’Italia rappresenta anche un’eccezione dal punto di vista delle imposte patrimoniali. Nonostante l’aumento della disuguaglianza di ricchezza, i grandi patrimoni non vengono in alcun modo intaccati da una tassazione che abbia l’obiettivo di redistribuire. Le motivazioni sono anche politiche: molte famiglie italiane sono asset rich, ma cash poor; hanno cioè poco denaro liquido a disposizione e un patrimonio relativamente elevato, ma illiquido. Una parte importante della popolazione si oppone quindi a una tassazione sui patrimoni, ignorando il fatto che libererebbe risorse oggi immobilizzate perché non sottoposte a tassazione o quasi.

Il nuovo rapporto sulle disuguaglianze di Fondazione Cariplo sottolinea in maniera evidente come le nostre istituzioni facciano di tutto per impedire la riduzione della disuguaglianza. Agire sulla tassazione potrebbe essere un primo passo per invertire la rotta ma, considerando le premesse della “rivoluzione” del fisco proposta dal governo, sembra si continuerà verso l’immobilismo.

© Riproduzione riservata