Poca trasparenza sull’accesso a un diritto fondamentale e obiezione di coscienza. Il Veneto è l’unica regione a pubblicare dati aggiornati ma non tutti gli ospedali garantiscono la farmacologica. In Sardegna le donne sono costrette a migrare per accedere all’Ivg. I risultati del rapporto “Aborto senza numeri. L’assenza di dati come politica di deterrenza e causa di disuguaglianza”
Il ministero della Salute è ancora inadempiente, dopo la debacle dello scorso anno, per non aver nuovamente presentato i dati sull’attuazione della legge 194 del 1978 relativi al 2023, e quindi sull’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg). La norma prevede che ogni anno «entro il mese di febbraio [...] il ministro della Sanità presenti al parlamento una relazione sull’attuazione della legge stessa e sui suoi effetti».
Nel 2024, come Domani aveva raccontato, la relazione era stata presentata con oltre 10 mesi di ritardo, per la prima volta in 46 anni. Ma non solo: dopo le battaglie parlamentari per la presentazione della relazione con interrogazioni urgenti della deputata Cinque stelle Gilda Sportiello, scritte insieme a Federica di Martino del progetto “Ivg, ho abortito e sto benissimo”, il dicastero aveva pubblicato – in ritardo – la relazione, ma senza le tabelle, da cui si poteva monitorare lo stato di obiezione di coscienza in Italia. Tabelle che erano poi state pubblicate sotto la pressione di una diffida ad adempiere al ministero della Salute.
Oggi, un’interrogazione scritta da Sportiello e di Martino, firmata anche dalle deputate Quartini, Ricciardi e Di Lauro, torna a denunciare che «l’ultima relazione trasmessa al parlamento nel mese di febbraio 2025, dell’anno 2024, contiene in realtà i dati relativi al 2022. La pubblicazione del 2024 dunque fa riferimento ai due anni precedenti, con un ritardo che non consente di avere un quadro aggiornato della situazione relativa all’attuazione della legge 194».
Di Martino denuncia: «Ancora oggi, ci troviamo a combattere contro la totale indifferenza delle istituzioni che si traduce in condizioni di mancanza di cura e tutela verso le donne e le libere soggettività». «A cosa ci serve conoscere dati vecchi del 2023?», chiede Sportiello. Per la deputata Cinque stelle servono «dati aggiornati, puntuali, mappature chiare e, nel frattempo, pretendiamo che la legge venga rispettata».
I dati
Proprio sulla questione dei dati legati al diritto all’Ivg si è concentrata per il terzo anno l’organizzazione Medici del mondo con il report, curato dalla giornalista Claudia Torrisi, “Aborto senza numeri. L’assenza di dati come politica di deterrenza e causa di disuguaglianza”, presentato il 23 settembre alla Camera.
Il Veneto è l’unica regione a pubblicare dati aggiornati sull’obiezione di coscienza, segnala il report. In media gli obiettori sono il 66,6 per cento, con punte dell’86 per cento a Venezia. Le Ivg farmacologiche sono in aumento, dal 53 per cento nel 2023 al 64 per cento nel 2024, ma non tutti gli ospedali le garantiscono. I consultori restano carenti – uno ogni 50mila abitanti, mentre per legge dovrebbero essere uno ogni 20mila – e continuano a chiudere, anziché essere potenziati.
In Molise, il 90,9 per cento dei ginecologi è obiettore: le Ivg si effettuano solo a Campobasso e Termoli, principalmente con metodo farmacologico (oltre l’80 per cento). La rete consultoriale è quasi assente, con una sede ogni 66mila abitanti.
La Sardegna
Per quanto riguarda la Sardegna, nel 2024 le giornaliste Sonia Montegiove e Chiara Lalli avevano denunciato la scarsa trasparenza dei dati sull’Ivg. Poiché le percentuali di obiezione risultavano più alte della media nazionale, il consigliere Gianluca Mandas (M5s) aveva proposto reparti dedicati e l’assunzione di personale non obiettore.
I dati del 2023 sono stati ottenuti anche grazie alla richiesta del consigliere regionale Valdo Di Nolfo e di Medici del Mondo. E hanno confermato diverse criticità: nei punti Ivg il 53,6 per cento dei ginecologi è obiettore; oltre il 71 per cento delle donne del Sud Sardegna deve spostarsi per accedere al servizio, così come il 53,5 per cento a Oristano e il 38,7 per cento a Nuoro.
Nel 2022, inoltre, il 20,9 per cento delle Ivg è stato effettuato con raschiamento, superando di quasi tre volte la media nazionale. L’utilizzo dell’aborto farmacologico è cresciuto, ma resta disomogeneo, perché in alcune strutture non si pratica. Proprio per questo, nel 2025, la giunta ha istituito un tavolo tecnico per estenderne l’uso anche a consultori e ambulatori. Permangono, inoltre, problemi legati ai consultori familiari: nel 2022 solo il 16,1 per cento delle certificazioni è stato rilasciato da queste strutture, contro una media nazionale del 43,9 per cento.
La difficoltà nell’accesso ai dati non è tecnica ma politica, secondo Elisa Visconti, direttrice di Medici del Mondo Italia. «Quando anche le richieste ufficiali vengono ignorate o rifiutate, è evidente che siamo davanti a una precisa volontà politica di non fornire le informazioni in modo tempestivo, disaggregato, aperto e fruibile», spiega Visconti.
Le conseguenze, sono gravi e concrete: «Si creano disuguaglianze nell’accesso a un diritto fondamentale – conclude – L’Oms è chiara quando dice che garantire informazioni accurate è il primo passo per garantire aborti sicuri. In Italia, purtroppo, siamo ancora molto lontani da questo obiettivo».
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