L’imperitura battaglia sui dati relativi all’applicazione della legge 194 non si è esaurita con gli ultimi arrivati del 2022, strappati al ministero della Salute dopo 10 mesi di attesa, lo scorso dicembre.

Oggi, grazie al lavoro dalle realtà politiche locali, abbiamo la possibilità di avere nuovi dati sulla regione Lombardia. Paola Bocci, consigliera del gruppo del Partito democratico in Lombardia, dal 2018 si occupa di condurre un’indagine sull’applicazione della legge a tutela dell’aborto. La regione Lombardia è una regione particolarmente fragile dal punto di vista dell’obiezione di coscienza e delle ingerenze delle compagini anti scelta: da decenni la giunta regionale ha aperto le porte della sanità pubblica ai privati e, con loro, agli enti di ispirazione cristiana, dando così spazio a gruppi che si battono contro il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg).

I dati

Dalla ricerca pubblicata il 21 maggio, le strutture ospedaliere che attualmente offrono la prestazione di Ivg sono 45. Nel 2022 e nel 2023 erano 50. Secondo il rapporto, sono diminuite per motivi di ristrutturazione e riorganizzazione. Le interruzioni di gravidanza nel 2024 sono state in totale 11.280. Di questi, 765 dopo la 12esima settimana, considerati dunque aborti terapeutici.

Ci sono anche strutture che non hanno offerto nessun tipo di Ivg dal 2024: l’ospedale Sacco di Milano e i presidi ospedalieri di Rho e Cernusco sul Naviglio. Ma anche Piario, in provincia di Bergamo, e Stradella, in provincia di Pavia. Sei strutture, invece, offrono solo la prestazione chirurgica: Legnano e Magenta, Chiari (Brescia), Cantù (Como), Asola (Mantova), Busto Arsizio (Varese).

Nella regione, il metodo farmacologico, con la pillola abortiva Ru486, è usato in media nel 57 per cento dei casi, per le Ivg entro la 12esima settimana. La media è in lieve aumento rispetto al 2023. Ci sono però differenze sensibili nell’utilizzo tra province: Lodi, con il 74 per cento, è la provincia con la percentuale più alta di somministrazione della Ru486.

Sotto al 50 per cento si posizionano Milano città metropolitana  – che deteneva il primato del minor utilizzo – e poi Monza Brianza e Como. Le province che, invece, in due anni hanno raddoppiato l’utilizzo della pillola abortiva sono Sondrio (dal 25 al 53 per cento), Como (dal 18 al 41 per cento), Monza Brianza (dal 22 al 45 per cento).

L’obiezione di coscienza

L’obiezione di coscienza è complessivamente diminuita, ma la media rimane alta, intorno al 50 per cento. Le città con il numero più alto di obiettori sono Sondrio e Bergamo, oltre il 65 per cento.

Solo la metà delle strutture ospedaliere registra l’obiezione di coscienza uguale o inferiore al 50 per cento, mentre un quarto dei presidi superano il 70 per cento. Alcuni – Tradate, Voghera, Chiari e Gavardo, Merate – arrivano a oltre l’80 per cento di obiezione.

C’è poi il dato più grave: negli ospedali di Oglio Po (Cremona), Gardone (Brescia), Saronno (Varese), Iseo (Brescia) e Asola (Mantova) la ricerca registra il 100 per cento di obiezione. Nel caso di Asola l’Ivg è erogata da ginecologi di Mantova.

Nel 2024 i ginecologi obiettori sono stati 387, quelli non obiettori 391. I consultori pubblici familiari lombardi fanno solo certificazioni Ivg, in misura decisamente inferiore ai consultori delle altre regioni, che al contrario già erogano nelle loro sedi l’Ivg farmacologica. In regione Lombardia è solo uno il consultorio, quello di via Pace a Milano, a erogare il servizio.

Lo smantellamento della sanità pubblica

«Da anni insistiamo con regione sul fatto che va istituito un Osservatorio sull’attuazione della 194. Poi servono direttive omogenee regionali per assicurare l’Ivg, e una direttiva formale affinché tutti i presidi eroghino sia la chirurgica che la farmacologica», dice a Domani la consigliera del gruppo Pd Lombardia, Paola Bocci. E ribadisce «l’importanza della gratuità dei contraccettivi post Ivg a chi ne fa richiesta e dell’educazione sessuale nelle scuole».

Secondo Federica di Martino del progetto “Ivg, ho abortito e sto benissimo”,  «allarma la diminuzione dei poli in cui è possibile effettuare le Ivg, nonché il fortissimo divario tra le diverse province che spingono prevedibilmente le donne a migrazioni interregionali di accesso ai servizi».

Per di Martino non è possibile non intrecciare questi dati «con la preoccupante presenza di associazioni e gruppi antiabortisti, che ad oggi risultano 44 sul territorio lombardo». A questo si aggiunge lo smantellamento della sanità pubblica a favore dei presidi e sovvenzionamenti ai privati: «Non a caso la Lombardia è quella con il più alto numero di consultori privati. Rivela una volontà politica ferma nel negare l’accesso alla sanità pubblica».

Anche Medici del mondo, che già aveva denunciato con il suo rapporto la difficile situazione lombarda, ha presentato giovedì a Milano “The Unheard Voice”, un’installazione con una teca che riproduce un ambulatorio ginecologico, per dare voce alle testimonianze di donne che, mentre si approcciavano all’Ivg, si sono trovate di fronte a un muro di abusi.

«La Lombardia ben rappresenta come le politiche di deterrenza all’aborto prendano piede sui territori», dice Elisa Visconti, presidente di Medici del Mondo, e definisce la regione maglia nera sotto molti aspetti: «Dai tempi di attesa lunghissimi, al numero esiguo dei consultori e soprattutto all’alleanza con i gruppi anti scelta. Da decenni la regione supporta e finanzia i Centri di aiuto alla vita, a cui ha aperto le porte della sanità pubblica già dal lontano 1984».

«È stato l’ex presidente della regione Formigoni», ricorda Visconti, «a esonerare i consultori privati dall’erogazione dell’Ivg, permettendo di fatto l’obiezione di struttura. Un’alleanza pericolosa e gravissima, quella tra anti scelta e politica».

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