Nel novembre del 2020 è stato arrestato in quella che il ministero dell'Interno austriaco aveva chiamato “Operazione Luxor”. Perquisizioni domiciliari e manette per decine di attivisti e accademici musulmani residenti nel Paese allora governato da Sebastian Kurz. Il politologo Farid Hafez, docente e cofondatore dell'Associazione dei giovani musulmani austriaci, era tra questi: i magistrati austriaci lo accusavano di supporto al terrorismo e riciclaggio. La notizia era su tutti i giornali, nel giro di poco tempo le banche gli avevano congelato i conti lasciandolo senza soldi per potersi pagare un avvocato. A tre anni e mezzo da quell'arresto, Hafez è stato scagionato, così come tutti gli altri indagati. E adesso ha deciso di denunciare.

Il professore, che oggi fa il ricercatore senior negli Usa, alla Georgetown University, non ha fatto causa ai magistrati che lo hanno indagato. La sua richiesta danni – da 10 milioni di dollari, depositata alla Corte Distrettuale di Washington – è rivolta alla George Washington University e al docente italiano Lorenzo Vidino, direttore del corso sull'estremismo presso l'ateneo americano, editorialista di importanti quotidiani italiani, consulente dei governi Renzi e Gentiloni sull'estremismo islamico. Il motivo? Quello che abbiamo raccontato con l'inchiesta internazionale Abu Dhabi Secrets, realizzata insieme ai media internazionali del consorzio Eic.

Gli Abu Dhabi Secrets

Nell'indagine avevamo rivelato che i servizi segreti di Abu Dhabi aveva commissionato alla società di investigazioni private svizzera Alp Services un'operazione mirata a danneggiare i Fratelli Musulmani (organizzazione terroristica per gli Emirati Arabi Uniti di cui fa parte Abu Dhabi) e il Qatar, grande sostenitore della fratellanza. Uno dei collaboratori della società svizzera era proprio Vidino, che veniva pagato per stilare dei report in cui analizzava la presenza di presunti Fratelli musulmani, o di loro importanti sostenitori, in Europa. La collaborazione tra Vidino e Alp Services è iniziata nel gennaio del 2018 con un contratto in cui il docente italiano prometteva di trasmettere alla società interessanti «voci» e «indizi» sui Fratelli Musulmani europei. Per le sue consulenze, nella primavera del 2020 Vidino aveva già ricevuto da Alp almeno 13.000 euro.

Come avevamo ricostruito, nei rapporti consegnati ai servizi segreti degli Emirati venivano elencati come parte del network della fratellanza anche diversi personaggi che con l'organizzazione islamica non avevano assolutamente nulla a che fare. In Italia, ad esempio, erano stati inseriti il giornalista Gad Lerner e il vescovo di Brescia, Pierantonio Tremolada.

Per Hafez, sono stati proprio i report di Vidino e la campagna di diffamazione organizzata dalla Alp Services dell'italo-svizzero Mario Brero a portare al suo arresto. «La vita del mio cliente è stata distrutta», ha dichiarato all'Afp l'avvocato di Hafez, David Schwartz. All'agenzia di stampa francese non hanno rilasciato commenti né Vidino né la sua università.

Quando avevamo rivelato la sua collaborazione con Alp Services, Vidino aveva confermato ad Eic di aver lavorato come consulente per Alp, aggiungendo di «non sapere che il cliente di Alp fossero gli Emirati Arabi Uniti» e che «Alp mi ha deliberatamente mentito dicendomi, quando lo chiesi, che il loro cliente era uno studio legale britannico».

Non solo Hafez

Tra il 2017 e il 2020 Alp ha inviato agli Emirati almeno 1.000 nomi di cittadini europei, più 400 nomi di organizzazioni, descrivendoli come parte della “Rete dei Fratelli Musulmani in Europa” (così è intitolato uno dei report più completi che abbiamo letto). Molti di questi non hanno avuto conseguenze, ma ad alcuni è andata male.

Un caso simile a quello dell'austriaco Hafez riguarda l'imprenditore Hazim Nada, residente a Como, figlio di uno dei fondatori dei Fratelli Musulmani, ma che con l'organizzazione non ha mai avuto nulla a che fare. Nada è finito al centro dell'attenzione della Alp Services, che con una mirata operazione di diffamazione (la avevamo raccontata qui) ha portato a un passo dal crack finanziario la sua Lord Energy, specializzata in trading petrolifero, con perdite che lui stima in almeno 100 milioni di dollari.

Per questo anche Nada adesso chiede i danni. A gennaio ha citato in causa presso il tribunale di Washington gli Emirati Arabi Uniti, il suo presidente Sheikh Mohamed bin Zayed Al Nahyan, la compagnia petrolifera nazionale Adnoc, la Alp Services e il suo collaboratore Vidino.

© Riproduzione riservata