Crescono le pressioni esterne da parte di sindacati e politici che chiedono che si faccia chiarezza in merito alle presunte accuse di maltrattamenti a carico di Fabrizio Palermo, l’amministratore delegato di Acea, la partecipata del comune di Roma che si occupa di ambiente ed energia.

Secondo le testimonianze raccolte da Repubblica, alcune hostess avrebbero subito vessazioni da parte dell’ad: si parla di giudizi sul corpo, dell’obbligo di servire e assecondare il volere e le ossessioni dell’amministratore delegato, come disporre la frutta da portagli in modo simmetrico o camminare sulle punte perché irritato dal suono dei tacchi. Segnalazioni che arriverebbero anche da testimoni anonime di Cassa depositi e prestiti, società pubblica dove Palermo ha ricoperto la stessa carica dal 2018 al 2021.

A complicare la situazione le dimissioni della presidente del consiglio di amministrazione della società multiservizi, Michaela Castelli, che con una lettera del 14 febbraio ai membri del Cda e al presidente del consiglio sindacale ha specificato che «si tratta di una decisione, di natura strettamente personale la cui maturazione ha preso avvio negli ultimi giorni dell’anno appena conclusosi e che si è via via consolidata nel contesto dei nuovi assetti di governance indicati dal socio di controllo».

Una decisione avvenuta però nei giorni di pressione mediatica in cui è stata riaperta un’indagine interna sui fatti denunciati dalle lavoratrici.

Solo qualche giorno prima infatti con un comunicato stampa il Cda rinnovava «la piena fiducia nei confronti dell’amministratore delegato» e dava mandato all’organo di controllo, «allo scopo di fugare ogni dubbio sul suo operato», di svolgere «ogni attività istruttoria ritenuta necessaria o opportuna».

Palermo ricopre la carica di amministratore delegato dal mese di settembre del 2022, scelto dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri per risolvere la delicata questione relativa alla realizzazione del nuovo termovalorizzatore della capitale.

Le segnalazioni sulle sue condotte sarebbero arrivate sulla scrivania di Castelli ma poi archiviate e giudicate infondate, a seguito di un’istruttoria. Ma non è noto se siano stati utilizzati gli strumenti interni che Acea, in base a ciò che pubblica sul sito, dovrebbe assicurare.

La società, sentita da Domani, riferisce che non può fornire alcun dato sulle procedure perché confidenziali. Non è quindi possibile capire se la struttura di tutela che la società ha predisposto sia o meno efficace e se venga utilizzata.

Gli strumenti

La società, che ha oltre novemila dipendenti, ha una struttura di tutela che si fonda sul Codice etico, introdotto nel 2001 e modificato nel 2018. La carta introduce un complesso di regole comportamentali rivolte a «tutti coloro che operano per il conseguimento di obiettivi aziendali, a qualsiasi titolo», comprendendo quindi anche le hostess che hanno segnalato le condotte, anche se lavoratrici dipendenti di un’altra società, la Cosmopol spa, a cui Acea appalta i servizi di hostess e security.

L’Azienda comunale energia e ambiente, si legge nel codice, «garantisce il rispetto dell’integrità fisica e morale dei suoi collaboratori, condizioni di lavoro rispettose della dignità individuale e dei gruppi di lavoro (...) e ambienti di lavoro sicuri e salubri», con una particolare attenzione sulla condotta dei dirigenti, che sulla base del rispetto, della cordialità e della fiducia verso i collaboratori, sono tenuti «a rifuggire da ogni abuso di potere o di autorità. Il potere loro conferito non è un privilegio, ma uno strumento per il conseguimento degli obiettivi aziendali». E sono gli stessi dirigenti ad avere un obbligo di vigilanza sul rispetto del codice.

Il codice chiede inoltre la tutela di lavoratrici e lavoratori contro ogni forma di violenza fisica o psicologica, comportamenti vessatori, «atteggiamenti e uso di parole, espressioni e linguaggi che possano turbare la sensibilità della persona», vietando molestie sessuali o atteggiamenti riconducibili al mobbing.

Per la prevenzione e il contrasto la società ha introdotto l’Ethic Officer, un organo collegiale per gestire segnalazioni di presunte violazioni del Codice etico, della legge e della normativa interna, composto da un componente esterno con la funzione di coordinatore e tre componenti interni, tra cui il responsabile funzione risorse umane.

L’organo è stato chiamato a indagare sulla vicenda, prima dichiarando la totale infondatezza degli addebiti, poi - probabilmente a causa della pressione mediatica - incaricato nuovamente dal Cda il 9 febbraio.

Le segnalazioni anonime 

Acea  offre poi un sistema di segnalazioni sofisticato «attivabile sia dai dipendenti che da soggetti esterni», si legge sul sito. Si tratta di una piattaforma informatica di whistleblowing, che con un sistema di criptazione garantisce la protezione dei dati e la riservatezza delle informazioni.

Uno strumento che anche in questo caso avrebbe potuto tutelare le lavoratrici, ma che non sappiamo se sia stato utilizzato perché la società non fornisce dati recenti.

Le ultime cifre pubblicate sul sito si riferiscono al 2021 e mostrano un basso tasso di segnalazione: sono state giudicate infondate 6 segnalazioni, 7 archiviate, senza che vengano forniti i motivi dell’archiviazione, e solamente una, nella categoria “approvvigionamenti”, giudicata «fondata (per alcuni profili accertabili) con azioni di miglioramento». Approvvigionamenti, risorse umane, patrimonio aziendale e Hse – health, safety, environmental, cioè salute sicurezza ambiente – sono i settori dove è possibile ricondurre le segnalazioni ma, in mancanza di una leggenda e di informazioni da parte della società, non è facile capire dove collocare le denunce di maltrattamenti.

Nel 2021 non è stata giudicata fondata nessuna segnalazione relativa al campo delle risorse umane né dell’Hse. Dalla società spiegano che non sono ancora disponibili i dati del 2022.

Non è chiaro dunque se i molteplici strumenti messi in campo da Acea negli ultimi anni siano stati introdotti per obbligo di legge o se siano concretamente efficaci nella prevenzione e nel contrasto di condotte moleste, vessatorie e denigratorie a danno delle lavoratrici e dei lavoratori.
 

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