Soldi ai privati, contro i quali si è costituita parte civile nei processi, per raccogliere materiali differenziati. Acquisti di nuovi automezzi, ma anche consulenze a investigatori privati per scoprire oscure macchinazioni. C’è un po’ di tutto negli ultimi contratti sottoscritti da Ama, l’azienda dei rifiuti del comune di Roma.

In attesa dell’inceneritore e del nuovo piano rifiuti promessi dal sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, la città è sommersa dall’immondizia. L’azienda però non sembra in grado di affrontare l’emergenza. Certo, le premesse non erano semplici e l’eredità era pesante. Gli impianti a gestione pubblica che dieci anni fa servivano la capitale non sono aumentati, ma diminuiti. Dopo l’incendio avvenuto nel 2019, il Tmb (Trattamento meccanico biologico) di via Salaria è diventato un deposito per automezzi.

Restano il Tmb di Rocca Cencia che è in amministrazione giudiziaria perché restituiva rifiuti non adeguatamente trattati, in pratica lavorava a vuoto, e l’impianto di compostaggio di Maccarese. Tratta gli scarti alimentari, ma da febbraio è chiuso. In manutenzione. Così la città continua a portare fuori provincia e regione materiali organici differenziati spendendo 30 dei 150 milioni di euro che investe ogni anno per i “viaggi dell’immondizia”. E Ama fa ricorso ai privati con bandi di gara o con la proroga degli affidamenti.

Il disastro delle utenze non domestiche

La raccolta porta a porta per le utenze non domestiche, ristoranti e attività commerciali, ad esempio, è stata affidata a terzi con una gara pubblica, nel 2018, perché «la strategia di esternalizzazione del servizio è stata ritenuta la più opportuna». È quello che si legge in una determinazione del 10 giugno che ricostruisce ogni passaggio della vicenda, firmata dal direttore generale Andrea Bossola, fresco di rinvio a giudizio per disastro ambientale per il suo precedente incarico in Acea (i fatti sono relativi alla gestione del lago di Bracciano).

La scelta si è però rivelata fallimentare con un servizio scadente e a volte effettuato fittiziamente. Dal 2018 al 2020 hanno lavorato alla raccolta diversi soggetti. Tra questi Roma Multiservizi che, alla scadenza del contratto, ha deciso di non proseguire il servizio. Così Ama ha deciso di internalizzare, ma solo una parte della raccolta, quella relativa ai non ristori.

Lo ha fatto attraverso nuove assunzioni. Ma, nel 2020, dei 325 operatori previsti, ne erano stati assunti solo un terzo. Anche il potenziamento previsto dei mezzi ha subito un rallentamento. A novembre dello scorso anno, con la città sporca, il comune ha lanciato il piano straordinario di pulizia, ma ha dovuto fare i conti con i lavoratori positivi al Covid-19 e in quarantena. Risultato? È stata bandita una nuova gar, da 235 milioni di euro, che non diventerà esecutiva prima del gennaio 2023. Così si è attivata la proroga dei vecchi affidamenti per un valore di 35 milioni di euro.

In cinque municipi la raccolta è così gestita dalla rete temporanea d’imprese Sarim-Logistica ambientale srl. La Logistica ambientale srl è di proprietà di Giuseppe Porcarelli, gestore del tritovagliatore di proprietà di Manlio Cerroni. Cerroni è stato il re dei rifiuti. Ora è caduto in disgrazia dopo l’annuncio della costruzione dell’inceneritore, progetto su cui Acea, società a maggioranza pubblica partecipata da Francesco Gaetano Caltagirone, è in pole position.

L'umido è l'oro degli altri

Porcarelli e Cerroni sono sotto processo proprio per la presunta mancata autorizzazione del tritovagliatore, un processo nel quale Ama si è costituita parte civile. L’azienda comunale dei rifiuti fa sapere che le aziende citate sono autorizzate a contrattare con la pubblica amministrazione e non sussistono motivi ostativi.

Roma produce ogni giorno cinquemila tonnellate di scarti. Nessuno si preoccupa di ridurle. Nelle circa duemila tonnellate che vengono differenziate la parte più importante è rappresentata dagli scarti alimentari, il cosiddetto umido. Dal 2002 c’è un progetto di ampliamento dell’unico impianto di compostaggio esistente, a Maccarese. Ma non si sono visti né l’ampliamento né i nuovi impianti promessi.

Così Roma raccoglie i residui alimentari e poi paga trasporto e trattamento fuori regione. Il sito di Maccarese, da febbraio, è fuori uso e i costi per i romani aumentano a dismisura. Anche in questo una deliberazione dello scorso marzo, firmata dal dirigente Marco Casonato, ricostruisce un altro disastro.

Nel 2018 è stata aggiudicata una gara, divisa in dieci lotti, per il trattamento di migliaia di tonnellate di umido per un costo complessivo di 72 milioni di euro in tre anni. I lotti aggiudicati sono stati solo quattro, per un costo di 35 milioni di euro. L’Ama non sapeva dove portare gli scarti elementari eccedenti.

Nuova gara e stesso esito nel 2019, ma questa volta non è stato assegnato neanche un lotto. Intanto le società Bioman e Sesa, aggiudicatarie dei quattro lotti, hanno evidenziato un peggioramento del materiale conferito. La spiegazione è semplice: quando la raccolta differenziata è effettuata tramite cassonetto, la qualità dei materiali è pessima.

Nel 2020 l’Ama ha firmato un accordo quadro per due anni, sempre con Bioman e Sesa, per il trattamento di altri quantitativi di scarti alimentari. Costo complessivo 61 milioni di euro, ma non basta. La chiusura dell’impianto di Maccarese ha spinto la dirigenza a cercare nuove soluzioni ed è entrata in gioco Acea che ha ricevuto un affidamento sperimentale di diecimila tonnellate di scarti alimentari.

La costruzione dell’inceneritore non risolverà né la gestione della raccolta delle utenze non domestiche e né il trattamento dell’umido. Servono operatori, mezzi, organizzazione e impianti di compostaggio.

Consulenti e investigatori

In compenso l’Ama, mentre i rifiuti inondando le strade, vuole migliorare e «offrire agli utenti dei servizi più performanti e rispondenti alle diverse esigenze del territorio di Roma capitale». L’impegno è contenuto in un’altra determinazione adottata, nel maggio scorso, da Emiliano Limiti, vicedirettore generale nel nuovo corso dell’azienda.

Per farlo Ama, che è passato dalla gestione monocratica a quella collegiale, ha bisogno di un consulente per l’organizzazione e gestione di impresa. Con affidamento diretto è stato scelto Moreno Prosperi, professionista ed esperto di risorse umane. Spesa: 39mila 920 euro più Iva.

Mentre ci si organizza meglio, bisogna monitorare che nessuno boicotti il cambiamento e così ecco l’agenzia di investigazioni per «la protezione dei beni societari» con un affidamento da diecimila euro alla Kontrol Service Investigazioni Srl con deliberazione firmata, nel marzo scorso, da Maurizio Pucci, allora direttore generale. L’Ama ha bisogno ancora dei servizi di un’altra società del settore, G7 investigations, per completare «l’attività di indagine ancora in corso presso un sito aziendale».

Non viene chiarito di quale sito si tratti, ma bisogna ancora «raccogliere utili elementi di prova». Così, dopo l’accordo quadro da 63mila euro firmato lo scorso anno, sono stati stanziati altri 12mila euro, lo scorso aprile, per consentire il completamento del lavoro. Tra i proprietari della G7 c’è l’ex 007 Luciano Campoli, in passato assunto da Lorenza Lei, all’epoca manager Rai, e già collaboratore dell’ex ministro Ignazio La Russa.

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