Aumentano ancora i casi di coronavirus in Italia. Mercoledì sono state registrate 20.331 nuove infezioni, in crescita rispetto alle 15mila individuate martedì. Sono aumentati anche i tamponi analizzati, passati da 137mila a 178mila, una cifra comunque molto inferiore ai record di tamponi analizzati all’inizio di novembre, 250mila, e all’obiettivo promesso dal governo, 350mila al giorno. I decessi registrati nelle ultime 24 ore sono stati 548, mentre sono stabili le terapie intensive occupate da malati di Covid-19 e sono calati i ricoverati, meno 221.

L’Ema approva Moderna

L’autorità farmaceutica europea Ema ha dato ieri mattina il via libera all’approvazione del vaccino prodotto dall’azienda americana Moderna, il secondo a essere autorizzato in Europa dopo quello prodotto da Pfizer-BioNTech.

Secondo i risultati dei test su larga scala, il vaccino di Moderna offre una protezione superiore al 90 per cento, come quello prodotto da Pfizer-BioNTech, ma è più semplice da conservare. È sufficiente mantenerlo a una temperatura di -20 gradi, invece dei -70 del vaccino Pfizer-BioNTech. Inoltre, si può conservare per trenta giorni alla temperature di un normale frigorifero.

Le prime consegne dovrebbero iniziare la prossima settimana e concludersi entro la fine di settembre. All’Italia ne spetteranno in tutto dieci milioni di dosi. 

Moderna è una delle ultime aziende ad aver raggiunto un accordo con la Commissione europea, che ha negoziato le acquisizioni per conto di tutta l’Unione. Il contratto è stato firmato soltanto alla fine dello scorso novembre e la quantità acquistata è piuttosto ridotta: 80 milioni di dosi con l’opzione di acquistarne altre 80 (l’accordo con Pfizer-BioNTech prevede l’acquisto di 200 milioni di dosi più un’opzione per altri 100 milioni).

La questione delle dosi

L’Europa al momento deve gestire una scarsità di vaccini. Pfizer-BioNTech e Moderna, infatti, non saranno in grado di fornire abbastanza dosi per tutto il continente, mentre altri produttori su cui la Commissione aveva puntato, come la francese Sanofi, hanno detto che non saranno in grado di sottoporre un vaccino all’approvazione prima della fine dell’anno. Molte speranze ora sono riposte sul vaccino AstraZeneca, che però, a causa dei molti problemi nella fase di test, non sarà approvato dall’Ema prima della fine di gennaio.

Per queste ragioni, sempre più politici, autorità mediche ed esperti suggeriscono di utilizzare i vaccini disponibili in un modo non previsto dai produttori e non ancora sperimentato. Ad esempio, utilizzando tutte le dosi di vaccino disponibili per somministrare una prima iniezione a quante più persone possibili a costo di ritardare la somministrazione della seconda dose oltre le 3-4 settimane raccomandate dai produttori.

Inizialmente derisa, questa proposta ha cominciato a essere presa sempre più sul serio nelle ultime settimane, quando i timori di non avere abbastanza vaccini si sono fatti più concreti. Il 30 dicembre, le autorità sanitarie britanniche hanno annunciato un nuovo protocollo che prevede una pausa fino a 12 settimane tra la prima e la seconda iniezione di vaccino e, in casi estremi, autorizza anche l’utilizzo di vaccini differenti nelle due dosi (nel paese sono già state autorizzati i vaccini Pfizer-BioNTech e AstraZeneca).

Anche se gli studi dimostrano che la prima iniezione di vaccino garantisce già un discreto livello di protezione e che la seconda dose serve soprattutto a garantire una difesa più duratura nel tempo, non è affatto chiaro quali saranno le conseguenze di allungare il tempo tra le due somministrazioni. E non sono nemmeno stati studiati gli effetti che potrebbe avere mischiare due vaccini diversi (quello AstraZeneca, ad esempio, garantisce una protezione nettamente inferiore a quello Pfizer, circa il 62 per cento).

Chi è a favore e chi contro

Nonostante queste incertezze, numerosi scienziati ritengono che nell’attuale situazione fornire un qualche tipo di immunità alla parte più vasta possibile della popolazione possa salvare più vite che fornirne una più efficace a un gruppo più ridotto.

Con una terza ondata di Covid-19 alle porte, sono molti i politici disposti ad ascoltarli. Il governo danese ha già annunciato che allungherà i tempi tra prima e seconda iniezione a sei settimane, mentre le autorità sanitarie di Belgio e Germania stanno studiando la possibilità. Anche il produttore AstraZeneca ha definito interessante questa opzione, mentre un portavoce di Pfizer è stato molto più scettico.

Tra i dubbiosi c’è anche Anthony Fauci, il più famoso infettivologo americano, che alla Cnn ha assicurato: «Continuremo a fare le cose come le stiamo facendo». Moncef Slaoui, consulente scientifico del programma di acquisto vaccinale americano, ha aggiunto che «anche solo dare l’idea di pasticciare con i vaccini ha effetti negativi, perché le persone automaticamente cominciano a fidarsi di meno».

In altre parole, gli Stati Uniti sembrano voler seguire il “libretto di istruzioni” e usare i vaccini per come sono stati pensati. Mentre in Europa, complice una più acuta scarsità di dosi, in molti stanno cominciando a pensare a soluzioni creative.

 

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