Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alle persone meno note uccise dalla mafia e il cui numero cresce di anno in anno. Dal 1961 si contano circa 1031 vittime innocenti.

Francesco Ferlaino viene ucciso a Nicastro, frazione di Lamezia Terme a pochi minuti da casa, a colpi di fucile da sicari ignoti. Quarantasette anni sono trascorsi da quel giorno ma nessuna condanna ha avuto luogo. Dal 3 luglio 1975, la data in cui Ferlaino viene ucciso divenendo il primo magistrato ucciso dalla ’Ndrangheta. Aveva sessantuno anni.

Dopo la laurea di Giurisprudenza conseguita a Napoli, nel 1943 entra in magistratura lavorando specialmente in Calabria e raggiungendo proprio in questa regione importanti cariche come quella di Presidente della Corte d’appello a Cosenza prima e di quella a Catanzaro poi.

L'accaduto. E’ una di quelle giornate estive che spaccano le pietre e come sempre accade, Ferlaino esce dal Tribunale di Catanzaro dove lavora per raggiungere la sua abitazione a bordo della Fiat 124 di servizio guidata dall’appuntato dei carabinieri Felice Caruso. Il magistrato scende dall’auto verso le 13:30 e a pochi metri dal palazzo nel quale abita e nel quale lo stavano aspettando per pranzare Giuseppe, Rosetta, Ornella, Sergio e Paolo, i suoi cinque figli, in corso Nicotera, un’Alfa di colore amaranto lo sorprende trasformando un istante di quotidianità in condanna a morte. Dal finestrino posteriore dell’automobile il killer scarica due colpi di lupara alla schiena del magistrato e per lui non c’è più speranza. Caruso prova a fermare l'auto ma è troppo tardi: l’Alfa è già andata via e sarebbe stata ritrovata il giorno dopo a Copanello. Le indagini sulla morte di Ferlaino vengono affidate alla Criminalpol e si concentrano su tre imputati, due dei quali nel 1980 vengono assolti in tutti i gradi di giudizio per mancanza di prove.

Tra le ipotesi sul movente: con le sue indagini, il magistrato si era spinto sino all’interno della massoneria calabrese, riuscendo già ad intuire il potere che da lì a breve la 'Ndrangheta in Calabria sarebbe riuscita ad acquistare. Inoltre, Ferlaino aveva presieduto il processo contro la mafia palermitana, all'epoca responsabile della strage di Ciaculli, con nomi di peso quali Angelo La Barbera e Pietro Torretta. Nella sua importante attività lavorativa, indagini sui sequestri di persona, fascicoli su presunti boss della zona e la proposta di «misure di prevenzione» dirette ad uno degli imputati, nella cui casa era stato per altro trovato un appunto con il nome di Ferlaino.

Il ricordo del dottor Ferlaino oggi risiede sulle insegne del Palazzo di giustizia di Catanzaro, dell'aula della Corte d'Assise d'Appello di Catanzaro e in una delle vie di Lamezia Terme. La nipote Marina nel raccontare la sua storia in un'intervista concessa al Quotidiano del Sud, non dimentica di citare la sua passione per la musica, il legame con la terra che mai abbandonò, la sua determinazione e il suo senso del dovere verso lo Stato.

«Lui la mattina andava prima in chiesa e poi in tribunale. Aveva una fede profonda. Sposò mia nonna Angela che non aveva ancora finito gli studi e in viaggio di nozze la portò a Napoli perché doveva fare gli ultimi esami all’università. Hanno avuto cinque figli e hanno sempre abitato a Nicastro, sul corso, dove poi è stato ammazzato».

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