Arginare il flusso dei calciatori in prestito. Lo scorso giovedì la Fifa ha reso noto attraverso il sito ufficiale un pacchetto di nuove regole relativamente al mercato dei trasferimenti dei calciatori, che entrerà in vigore dal prossimo primo luglio. Obiettivo: mettere un limite alla cessione temporanea dei giocatori.

Una pratica, quella del prestito, che in alcuni casi assume proporzioni abnormi con società prestatrici che acquisiscono una posizione pericolosamente egemonica e società destinatarie che, oltre a entrare in una relazione di dipendenza, finiscono per rinunciare a fare formazione e vedono drasticamente impoverire il loro profilo patrimoniale alla voce “diritti pluriennali alle prestazioni di calciatori”. Infine, ma non ultimo, c’è da tenere conto di un esercito di calciatori che da una stagione all’altra vengono spostati come pura merce di scambio, con ripercussioni evidenti sulle certezze di carriera.

Rispetto a questo stato delle cose la Fifa, dopo aver recepito le indicazioni dello stakeholders committee, ha indicato una serie di misure che entreranno in vigore dalla prossima sessione estiva di calciomercato. Fra le altre, si segnalano: la fissazione di un periodo minimo (fra una sessione e l’altra di calciomercato) e di un periodo massimo (un anno) del prestito, il divieto di sub-prestito che impedisce a un club destinatario di prestare a sua volta il calciatore, e i massimali di calciatori da dare e ricevere in prestito.

Si parte da un massimo di otto calciatori dati in prestito e otto ricevuti del 2022 per giungere a un massimo di sei e sei nel 2024. Inoltre viene indicato un tetto ai calciatori che due club possono prestarsi fra loro: non più di tre dati e tre ricevuti. Va aggiunto che da queste limitazioni sono esclusi i calciatori under 21 e quelli genericamente “formati nel club”. A ogni modo, la nuova disciplina scombussolerà i piani di molte società. E, guardando al caso italiano, potrebbe mettere in crisi intere categorie.

Le grandi prestatrici

Non è un caso che, in una realtà molto particolare come quella del calcio portoghese, la fibrillazione sia stata immediata. Lì i tre grandi club (Benfica, Porto e Sporting Portugal) costruiscono roster esagerati e utilizzano i calciatori eccedentari per prestarli agli altri club e costruire una diplomazia parallela. Ma non prima di essersi assicurati che quei calciatori dati in prestito non vengano schierati in campo contro gli stessi club prestatori, con tanti saluti alla regolarità dei campionati.

La nuova disciplina Fifa mira a mandare in aria questo meccanismo di potere. Ma non diversamente succede nel caso di club italiani come Juventus e soprattutto Atalanta. Per queste società si prospetta un piano di dismissioni non facile, tanto più durante una fase di crisi economica diffusa. L’eventualità di corpose minusvalenze di bilancio è molto credibile.

Ma il problema, sia pure in misura inferiore, si presenterà per molte altre società di serie A che nel corso delle stagioni sportive non hanno mostrato particolare senso della misura nel costruire ciò che un tempo veniva definito “parco giocatori”. Adesso dovranno trovare un rimedio che non sia rovinoso. E a cascata il problema si ripercuoterà anche sulle categorie inferiori. Dove potrebbe anche essere necessario un radicale ripensamento delle politiche gestionali dei club in materia di selezione del talento calcistico.

Le perverse logiche premiali

In un articolo pubblicato due mesi fa, sul tema della crescente tendenza della Figc a chiamare in nazionale calciatori naturalizzati, abbiamo sottolineato il fiasco formativo del calcio italiano. L’abbondante flusso di calciatori in prestito dalle categorie superiori a quelle inferiori è un’altra faccia di quel fiasco.

Le società di serie A trasferiscono in B e C i calciatori in eccesso, e in parte fa altrettanto la serie B con la categoria inferiore. Questi calciatori prendono il posto che potrebbe spettare ai ragazzi formati nei vivai delle squadre di categorie inferiori, che in un perverso meccanismo a cascata vengono retrocessi verso le categorie dilettantistiche. E lì finiscono per svanire.

Poi si segnala il caso della Lega pro, dove il meccanismo premiale del “minutaggio” (numero di minuti giocati) dei giovani da cui derivano incentivi in denaro per le società finisce per privilegiare l’impiego dei ragazzi giunti in prestito dalle categorie superiori e ai quale le società di A e B pagano spesso lo stipendio. E qui si chiude il circolo vizioso. La battaglia contro i prestiti è sacrosanta ma arriva tardi. E siamo sicuri che verrà sterilizzata dal ricorso all’ennesimo escamotage. Un’idea sul meccanismo d’elusione l’avremmo anche, ma la teniamo per noi.

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