La sfida del dato istantaneo. Il mondo delle scommesse sportive ha conosciuto una netta linea di demarcazione fra un prima e un dopo. E questa linea è stata tracciata da due passaggi successivi e strettamente concatenati. Il primo viene dall’affermazione di internet come arena globale del betting, le scommesse, che ha progressivamente drenato lo spazio riservato alle agenzie fisiche come punti di raccolta e ha dilatato h24 l’arco temporale delle giocate.

Il secondo, ancor più impattante, viene dalla possibilità di effettuare le puntate live, a evento in corso. Ciò che trasforma l’atto di scommettere in una performance e rende fondamentale una risorsa: l’informazione. In un mercato sempre più competitivo le agenzie di scommesse aggiornano continuamente le quote sulle gare seguendo le vicende del campo.

E la capacità di offrire quote più competitive e aggiornate rispetto alla concorrenza si basa sulla possibilità di bruciarla sul tempo nel ricevere aggiornamenti dai luoghi in cui le gare si giocano. Ciò che scatena una guerra sotterranea e priva di fair play.

La rete sotterranea degli scout

Di questo cambiamento si ha un primo indizio a margine di un evento tragico avvenuto nell’agosto del 2008 a Newcastle, Inghilterra. Due studenti cinesi, Zhen Xing Yang e la fidanzata Xi Zhou, vengono ritrovati barbaramente uccisi nel loro appartamento, trasformato in un mattatoio.

Del massacro è riconosciuto colpevole il loro connazionale Guang Hui Cao, immigrato illegale, condannato a 33 anni di carcere. L’assassino non ha mai fornito una motivazione al duplice omicidio. Le indagini bancarie sulle vittime portano a scoprire che i loro conti correnti presentino depositi per poche migliaia di sterline ma un vortice di movimenti per centinaia di migliaia. E dai loro computer emergono prove del coinvolgimento in un giro di documenti falsi.

Soprattutto, c’è qualcosa che li lega al giro delle scommesse. Su un sito internet in mandarino i due hanno pubblicato annunci per la ricerca di studenti disponibili a assistere a partite di calcio e comunicarne gli eventi. Si tratta di una situazione tipica di quel tempo.

Una specie di gara di velocità, a margine di partite di calcio. In quella fase storica i bookmaker asiatici, alcuni dei quali autentici colossi, hanno i loro scout che attaccati al cellulare spiegano l’andamento delle partite ai trader.

Questi a loro volta, grazie a quelle notizie, aggiornano le quote in tempo reale per consentire le scommesse in modalità live. E anche i betting syndicate asiatici contano su scout propri, il cui compito è anticipare i colleghi dei bookmaker in modo che gli scommettitori possano piazzare le giocate su eventi (soprattutto gol) già avvenuti. 

L’esplosione del live betting

(AP Photo/Alessandra Tarantino)

Da allora, molto è cambiato. Il volume del live betting è cresciuto in maniera esponenziale (si calcola che superi il 70 per cento del gioco totale), così come il numero di partite offerte, anche molte decine (di svariati sport) in contemporanea, impossibili da seguire anche per i più esperti trader.

Un business tanto rischioso quanto (vertiginosamente) redditizio. A fiutare l’affare per primo è stato, anni fa, Carsten Koerl. Tedesco, fondatore del sito di scommesse online Bwin, che già nel 2001 aveva venduto la sua creatura per dar vita a un’altra, Sportradar, acquistando il 51 per cento di Market Monitor As, azienda norvegese appena nata e specializzata in dati e quote per il betting.

Pochi mesi fa, Sportradar si è quotata al Nasdaq, piazzando 19 milioni di azioni e raccogliendo 513 milioni di dollari, per un controvalore totale dell’azienda di otto miliardi di dollari. Il core business di Sportradar (che fornisce anche servizi di integrity), così come quello degli altri due colossi del settore e diretti competitor, Genius Sports e Stats Perform (oltre a Img, che però punta più sullo streaming), è quello dei dati per il betting, insieme a quelli per i media, al fan engagement, ai servizi di trading automatizzato per i bookmaker.

Dati in tempo reale, da processare in modo velocissimo. Ecco il vero oro. Soprattutto per chi li raccoglie e sfrutta, meno per chi li cede (Leghe, Federazioni e in generale chi ne detiene i diritti sulle varie competizioni), considerato che il loro valore è nettamente inferiore rispetto a quello dei diritti tv.

I live data non sono altro che la traduzione di tutto quel che accade nel corso di una partita: dai gol alle ammonizioni alle espulsioni, passando per tiri in porta, calci d’angolo e ogni altro dettaglio di gara. Tali informazioni rappresentano la linfa vitale del live betting (senza di essi sarebbe impossibile aggiustare le quote in base all’andamento delle partite).

Fondamentale che questi siano raccolti sul campo, perché se raccolti tramite la diretta tv (quando è prevista) fornirebbero un servizio meno competitivo, per via del lieve ritardo delle immagini.

I data provider vendono ai propri clienti (bookmaker) le informazioni in tempo reale secondo vari pacchetti: a giudizio degli esperti il valore di mercato è dello 0,25 per cento del volume totale di scommesse in modalità live o dell’1,5-2 per cento del Gross Gaming Revenue, cioè della differenza tra il totale giocato e le vincite degli scommettitori.

Cifre enormi, che hanno fatto esplodere i profitti e dato la stura a guerre giudiziarie tra concorrenti. Due tra i giganti del settore hanno portato il proprio conflitto in tribunale: Genius Sports, licenziataria dei diritti di Premier League, English Football League e Scottish Professional Football League, ha accusato Sportradar di appropriarsi di quei dati (inviando i propri scout negli stadi pagando il biglietto, mentre Genius ha diritto per contratto a postazioni privilegiate in tribuna stampa) senza rispettare il contratto di esclusiva del concorrente, mentre Sportradar ha contestato a Genius la violazione delle leggi sulla concorrenza per non avere fornito ai concorrenti una sublicenza.

La sentenza sul caso, prevista per il 2022, sarà di fondamentale importanza per gli sviluppi futuri. Attualmente questi dati non sono considerati proprietà intellettuale: in assenza di contratti, chiunque può inviare i propri scout negli stadi a raccoglierli, così come infatti avviene ormai per un enorme numero di campionati, anche dilettantistici (è divenuta norma quotare partite in tempo reale di quarta o quinta categoria dei più svariati paesi, per non parlare di oscure gare amichevoli), perfino giovanili (i nostri campionati Primavera sono da anni oggetti di scommesse live), con tutti i rischi che ne conseguono.

I cattivi venditori

I diritti sui live data sono di proprietà di chi organizza le competizioni, la loro commercializzazione è fonte di ricavi. Peccato che a federazioni e leghe sfugga spesso la portata del business. Specie in Europa. Così ci si imbatte in colossali differenze nelle cifre ricavate dalla cessione dei diritti.

Con la legalizzazione delle scommesse negli Usa le leghe hanno ottenuto ottimi contratti, come quello tra la Nfl e Genius (cento milioni di euro a stagione oltre a un congruo numero di stock option), così come quello ancor più recente tra Nba e Sportradar. 

Anche il tennis ricava sostanziose cifre: l’Atp ha ceduto i dati a Img (insieme a quelli del betting streaming, che spesso vanno a braccetto) per un miliardo di dollari in dieci anni.

Di fronte a queste cifre è spiazzante la povertà del contratto fra Sportradar e Uefa per raccolta e commercializzazione di dati di Euro 2024, qualificazioni europee, Nations League, Champions League (anche femminile), Europa League, Conference League, Europei under 21, Europei femminili 2022, Champions League ed Europeo di Futsal: 35 milioni di euro in tre anni, cinque il primo (perché il contratto parte da gennaio) e 15 gli altri due.

Una miseria, per competizioni che attraggono cifre impressionanti nel mondo delle scommesse: 21,2 miliardi per Euro 2020, 26,3 per l’ultima Champions League, 15,5 per la passata Europa League, 21,2 per la Nations League. 

Il calcio italiano va avanti in ordine sparso e con modalità differenti tra una lega e l’altra. I contratti più recenti sono stati quelli stipulati dalla Lega di A e quella di B, entrambe con Stats Perform. La prima, in questa occasione, ha cambiato strategia: ha indetto un bando a parte (fino al triennio precedente i dati e lo streaming erano inseriti nel bando dei diritti internazionali), ricavandone un congruo upgrade economico (da 12 milioni all’anno a circa 18).

La seconda si è affidata a Helbiz Media, la stessa compagnia che ha commercializzato i diritti tv. Entrambe hanno tenuto fuori i diritti per i rispettivi tornei Primavera: peccato che non facciano nulla per evitare che quei dati vengano comunque raccolti e commercializzati (anzi, la Lega di Serie A ha appena affidato un programma di integrity dedicato alle squadre giovanili a Sportradar, che guarda caso quei dati li raccoglie).

La Lega Pro ha da qualche anno accordi con Sportradar: ne ricava (da ultimo bilancio) 211.300 euro (ne dà sempre a Sportradar 90.250 per attività di monitoraggio scommesse e prevenzione). L’anno scorso Sportradar era autorizzata anche a raccogliere i dati del campionato di Primavera 3.

Inoltre, per quanto riguarda il betting streaming, la Lega Pro non ha escluso il territorio nazionale: in questo modo bookmaker operanti in Italia possono trasmettere le partite a uso e consumo dei propri clienti (non proprio il massimo per Eleven Sport, licenziatario dei diritti tv, che opera in streaming). ù

La Lega nazionale dilettanti non ha ritenuto di cedere i diritti sui dati: scelta condivisibile, se non fosse che Sportradar, che alla Lega garantisce servizi di integrity, li raccoglie e commercializza, agevolando comunque la quotazione delle partite in tempo reale. Ciò che è vendibile viene ceduto. Ciò che non è venduto viene tacitamente annesso. E chi mai, a meno di essere concorrente, si sognerebbe mai di eccepire qualcosa a un colosso come Sportradar?

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