Mancava giusto il “giallo della distinta”. A margine di una giornata di campionato che è valsa al massimo torneo calcistico italiano l’etichetta di “Serie Asl” (copyright Corriere dello Sport), con quattro gare su dieci rinviate per ordine delle autorità sanitarie locali, è giunto l’errore di modulistica a imprimere la sfumatura lisergica a un quadro già stralunante.

La notizia giunge da Bologna, dove la gara fra i rossoblu e l’Inter non è stata disputata causa divieto ufficializzato la sera precedente dall’Asl alla squadra di casa, in orario da dopocena.

Con l’effetto, peraltro, di far materializzare una scena paradossale come quella vista anche all’Arechi di Salerno: la squadra ospite presente in campo, nonché costretta da regolamento al viaggio inutile, e quella di casa messa al bando dal proprio terreno di gioco. Eloquenti istantanee sul calcio italiano nei giorni di Omicron.

La distinta

LaPresse

Ma Bologna è successo di più. Perché la sera prima della gara, nelle stesse ore in cui l’autorità sanitaria decideva che i calciatori allenati da Sinisa Mihajlovic non dovessero scendere in campo, qualcuno della società rossoblu ha caricato nell’area extranet della Lega di Serie A il file vuoto della distinta di gara, da compilare l’indomani coi nominativi dei tesserati che avrebbero dovuto scendere in campo. Ma poi il file non è stato più compilato perché quei tesserati sono rimasti a casa.

Certamente un gesto di routine, quello della bozza da completare l’indomani. Buono per i tempi normali, ma che in questo tempo speciale rischia di costare caro al Bologna. Perché il regolamento dice che stilare una distinta, regolarmente consegnata all’arbitro, ma non presentarsi poi in campo determina lo 0-3 a tavolino. Dunque adesso come la mettiamo?

Se la si mette sul piano del rispetto della regola per il Bologna non vi sarebbero grandi margini. Ma appunto, di quali regole stiamo parlando dato che si passa da un’eccezione all’altra, con la norma che faticosamente insegue e mette toppe? Il buon senso consiglierebbe di soprassedere, ma staremo a vedere.

E ovviamente rimane in attesa di sapere anche l’Inter, che era lì in campo e ha pure rischiato che uno dei suoi si infortunasse senza nemmeno giocare la partita. La sorte è toccata a Federico Dimarco, bersaglio di un tackle un po’ troppo motivato del compagno di squadra Denzel Dumfries durante il riscaldamento. L’ennesimo episodio grottesco di un’epifania calcistica da manicomio. 

Protocolli su protocolli

LaPresse

E parecchia, sana follia è stata respirata nelle stanze della Lega di Serie A. Dove con impotenza si è assistito al proprio caos organizzativo dopo aver tentato l’inutile prova di fermezza. Alla vigilia della disfatta annunciata era stato deciso di andare avanti comunque col programma di gare.

Nonostante l’impennata di contagi nel paese, nonostante la rapida crescita dei casi di positività fra i calciatori, nonostante l’evidenza che alcune squadre non sarebbero state nelle condizioni di schierare formazioni competitive.

Un minimo di umiltà sarebbe stato necessario, come riconosciuto anche dall’amministratore delegato interista Beppe Marotta nell’intervista post-non-partita (altro unicum di giornata) di Bologna. Sia la Lega di Serie B che la Lega Pro hanno deciso di fermare i campionati per lasciar passare la fase peggiore di questa ondata pandemica.

Non sarebbe stato il caso che lo facesse anche la cosiddetta Confindustria del calcio italiano? E invece niente, perché nella giornata in cui il programma agonistico seguiva un percorso random la Lega metteva sul sito una nota dai toni biliosi, per lamentare i provvedimenti “confusi e incoerenti” e le decisioni “illegittime” delle Asl e imporre un suo nuovo regolamento organizzativo contenuto nel comunicato ufficiale numero 126.

Vi si stabilisce che da qui in avanti ogni squadra con almeno 13 calciatori maggiorenni (fra i quali almeno un portiere) schierabili deve scendere in campo. Un tentativo di fare la faccia feroce mentre intorno è un coro di scherno.

Con dissenso che arriva anche dall’interno, poiché il presidente torinista Urbano Cairo ha già espresso contrarietà a questa soluzione. Tutto in linea con la proverbiale predisposizione dei presidenti di A verso la condivisione delle soluzioni. Il loro motto dovrebbe essere “e pluribus casinum”.

Resta da vedere come agiranno da qui in avanti le Asl, che ormai decidono i calendari più delle pay tv. Per arginarle è stato chiamato in causa il governo dei migliori. E bisognerà anche capire come verrà trattato, dentro e fuori il calcio, il caso dei tre calciatori del Napoli (Piotr Zielinski, Amir Rrahmani e Stanislav Lobotka) scesi regolarmente in campo a Torino contro la Juventus nonostante fossero stati messi in quarantena dall’Asl 2 di Napoli. Altro che lotta per lo scudetto, sarà il sudoku sanitario a incendiare il bar sport da qui a fine stagione.

© Riproduzione riservata