«Je n’ai rien qu'aujourd'hui», soleva ripetere la santa francese Teresa di Lisieux, e oggi la chiesa francese non ha che il presente per fare i conti con il suo passato e futuro all’indomani della pubblicazione del rapporto Sauvé: 2.500 pagine elaborate in due anni e mezzo, che riportano nero su bianco il drammatico bilancio della chiesa di Francia dagli anni Cinquanta a oggi. Tredici abusi al giorno per 70 anni.

Oggi la speranza annunciata dal Vangelo si rompe nelle parole sconfortate di suor Veronique Magron, presidente della Conferenza dei religiosi e delle religiose di Francia: «Come superare tutto questo? Non lo so». Un’intera generazione di vescovi ne esce irrimediabilmente colpita dalla propria, negligente responsabilità.

Ne parla in esclusiva a Domani Astrid Kaptijn della Ciase, la Commissione indipendente sugli abusi composta da 22 membri tra cui teologi, magistrati e psichiatri – non tutti credenti -, che ha stilato il rapporto: «Il numero degli aggressori corrisponde più o meno a quanto già sappiamo dalle Commissioni di altri paesi. Quello che colpisce è, però, il numero delle vittime, incredibilmente alto», ammette.

Pochi giorni fa, monsignor Eric de Moulins-Beaufort, presidente della Conferenza episcopale francese, aveva usato parole dure: «La portata del fenomeno è maggiore di quanto potevamo temere». Parole che diventano macigni in bocca alle vittime: «Dovete pagare per tutti questi crimini», ha scandito lunedì François Deveaux, cofondatore dell’associazione La Parole Libérée, tra le prime vittime ascoltate.

392 vittime al mese per 70 anni

Jean-Marc Sauvé, già membro del Consiglio di Stato e presidente del Ciase, ha definito le cifre del rapporto come «straordinarie». I minori abusati da persone consacrate in settant’anni oscillano da 216mila a 330mila: «Cifre che in alcun modo possono rimanere senza conseguenze e richiedono misure molto forti», ha aggiunto Sauvé, che ha sottolineato come gli ambienti ecclesiastici abbiano registrato una prevalenza di violenze sessuali maggiori rispetto ad altri ambienti di socializzazione, come la scuola e le colonie.

L’80 per cento delle vittime è rappresentata da maschi dai 10 ai 13 anni. Per la Ciase, l’alta incidenza di vittime maschili rispetto a quelle femminili, se in parte si può spiegare con il cosiddetto «effetto opportunità» negli ambienti predatori quali oratori e sagrestie, d’altro canto non spiegherebbe appieno questa peculiarità, e la chiesa cattolica dovrebbe affrontare il tema. Fra i termini che sono emersi durante la conferenza stampa di lunedì c’è quello di «aggressione sessuale»: in settant’anni, il numero degli aggressori nella chiesa oscilla tra i 2.900 e 3.200 pedofili su totale di 115mila chierici e religiosi nel paese.

Ma le parole di Sauvé sono anche un atto d’accusa alle istituzioni ecclesiastiche: «La chiesa non ha saputo vedere, non ha saputo ascoltare», ha dichiarato, puntando il dito all’«estrema confusione del diritto canonico sulle responsabilità del vescovo», diviso tra applicazione delle pene, promozione della giustizia e gestione delle risorse umane nella diocesi. In una disamina del diritto canonico, la Ciase rileva anche l’assenza della vittima di abusi all’interno delle procedure del diritto canonico. La responsabilità della chiesa si giustappone, così, al debito che «ha contratto nei confronti delle vittime». Per questo, la Commissione invita ed evitare di considerare i risarcimenti come doni da parte della chiesa: «È un atto dovuto», pertanto non può essere fisso.

Isolati come a Chernobyl

Commission president Jean-Marc Sauve speaks during the publishing of a report by an independant commission into sexual abuse by church officials (Ciase), Tuesday, Oct. 5, 2021, in Paris. A major French report released Tuesday found that an estimated 330,000 children were victims of sex abuse within France's Catholic Church over the past 70 years, in France's first major reckoning with the devastating phenomenon. (Thomas Coex, Pool via AP)

«Ciò che colpisce è il rapporto tra il numero degli aggressori e quello delle vittime, perché queste sono davvero tante per ciascun aggressore», sottolinea Astrid Kaptijn. Oltre lo scandalo, nel rapporto colpiscono le testimonianze, i volti immersi nel silenzio di famiglie che annullavano se stesse davanti al ruolo sociale dei sacerdoti. Molte vittime hanno deciso di parlare dopo cinquant’anni di silenzio: «Avrei voluto circondarmi di una struttura di contenimento come Chernobyl, ficcarci tutta una parte della mia storia come per liberarmi, e restare in apnea», rivela una vittima, oggi preside in pensione.

Pagina dopo pagina, nel rapporto prende sempre più corpo la portata trasversale del male, che scava nei recessi della psiche, a volte senza avere nome: «Non c’è bisogno di essere depressi. Di fronte a qualcosa di così grande da essere rivelato, si lascia andare tutto come si scosta un sassolino», ammette un’altra vittima. Le centinaia di audizioni raccolte in due anni tracciano anche la storia di un passato difficile. Una vittima, Martin, ammette: «C’è un’età in cui siamo in grado di tornare a queste domande senza fare danno, perché il danno è stato già fatto. Non aggiunge nulla, semmai il contrario», spiega con una lucidità ammantata di colpa, il vero spiacevole filo rosso che collega tutte le vittime, i cui silenzi sono stati cuciti ad arte da personalità che avevano un dominio sulle loro coscienze di minori alle soglie della pubertà, mostri spesso accolti in casa o nelle scuole.

Ci sono false promesse d’amore dichiarate davanti ai tabernacoli, rifiuti che riecheggiano una fiducia tradita: «Nell’abuso c’è questa mescolanza con il lato religioso, con la parte più profonda di un essere umano, e io lo trovo abietto», confessa una donna, abusata dal sacerdote della sua parrocchia quando era ancora minorenne e non sapeva nulla di sessualità.

Preti sempre più soli

L’immagine dei chierici e religiosi francesi ne esce irrimediabilmente colpita: «C'è molto da cambiare e migliorare. Quando si tratta di strutture a livello episcopale o diocesano, è compito dei vescovi francesi, così come la formazione dei seminaristi, che potrebbe essere migliorata. Un cambio di mentalità sarebbe uscire dal clericalismo: questo è possibile anche in Francia, ma richiede sicuramente più tempo, perché si tratta di un processo lento», spiega Astrid Kaptijn.

Oggi lo stato di salute della chiesa di Francia non è buono. Secondo una survey stilata lo scorso anno dal Consiglio permanente della Conferenza episcopale francese, su un terzo dei preti che vi hanno preso parte, la metà ha dichiarato di vivere da solo e il 40 per cento si percepisce come non realizzato. La situazione di malessere anche nei presbiteri più giovani si traduce con sintomi depressivi, rilevati dal 20 per cento dei preti che vivono da soli, spesso espressi nell’abuso di alcool (due su cinque) o nei disordini alimentari (sei su dieci).

Le due iniziative della Conferenza episcopale francese – la survey e la commissione sugli abusi – riflettono la voglia di contrastare mali cronici dell’istituzione. Nonostante il difficile percorso che ha messo gli abusi nella chiesa francese, Astrid Kaptijn resta ottimista: «Ci sono certamente alcune cose molto difficili da ascoltare e accettare, ma sono convinta che questo sia un momento decisivo per la Chiesa. È un momento critico, delicato, ma allo stesso tempo un'opportunità. E sono sicura che la Chiesa abbia fonti e risorse per migliorare le cose: è una questione di volontà».

Giro di boa

Guillaume Cuchet, professore di storia contemporanea all’università di Paris-Est-Créteil e autore del recente saggio "Il cattolicesimo ha ancora un futuro in Francia?”, ha studiato a lungo il crollo della religione in Francia a partire dalla metà degli anni Sessanta, e oggi traccia un trend per nulla in ascesa: «Il posto del cattolicesimo nella società francese è notevolmente diminuito: nel 1965 il 25 per cento degli adulti andava a messa la domenica, oggi meno del 2 per cento», spiega a Domani.

Per l’editorialista de Le Figaro, si tratta comunque di «una tendenza comune ai paesi dell’Europa occidentale. Nel complesso, si può ammettere che paesi come Francia e Belgio siano più secolarizzati, rispetto a Italia o Portogallo. Certo l’attuale crisi degli abusi sessuali nella chiesa complica ulteriormente la situazione», aggiunge. Per una delle vittime rimaste anonime, due anni fa è iniziato il «momento di demolizione» della chiesa cattolica tutta.

Astrid Kaptijn ha sondato la sua e altre sofferenze, riconoscendo lo spessore in tutte le storie impastate di fiducia tradita e silenzio complice: «In questi due anni ho scoperto che tutte le vittime hanno una grande dignità. In ogni storia c'era qualcosa che mi ha colpito o sfidato: la durata dell'abuso, la natura sistemica, il funzionamento della memoria e la sua affidabilità, la paura di diventare aggressori a loro volta». Oggi la paura ha un peso evidente. Sta alla chiesa sentire questa croce da lei fabbricata.

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