I ponteggi del cantiere a cielo aperto nella cattedrale sventrata di Notre-Dame, andata a fuoco nella notte di due anni fa, sono la descrizione più calzante della chiesa francese. Nel paese dove il filosofo cattolico Rémi Brague ha ricordato che il verbo mettere le radici, se planter, significa anche sbagliarsi, il cattolicesimo ha nei secoli trovato la giusta equidistanza da Roma. Per i vescovi cattolici, però, quell’equilibrio espresso dalla legge sul separatismo del 1905, rischia ora di perdersi.

La lettera dei vescovi

In una lettera a Le Figaro, i vescovi hanno espresso perplessità sulla revisione della legge salutata dal presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, come una tappa necessaria della lotta al separatismo religioso. Per i cattolici, la legge simbolo della laicità, rischia una modifica che ne minerebbe lo spirito originario: «La conferenza episcopale sostiene lo stato francese, che vuole combattere la radicalizzazione e il terrorismo, ma l'attuale disegno di legge non sembra essere la risposta giusta a questo desiderio», spiega in esclusiva a Domani p. Hugues de Woillemont, segretario generale e portavoce della conferenza episcopale francese. Se l’intenzione è prevenire gli estremismi e responsabilizzare chi gestisce i luoghi di culto, la nuova modifica porrebbe invece nuovi vincoli, come il controllo sistematico da parte di un prefetto ogni cinque anni: «Questo disegno di legge rischia di violare le libertà fondamentali come quella di culto, associazione, istruzione e persino la libertà di opinione», ha spiegato p. de Woillemont.

Distanti da Roma

Secondo l’osservatorio sulla laicità nazionale, la popolazione francese oscilla tra un 48 per cento che si professa cattolico e un 34 per cento che non si sente affiliato ad alcuna religione. Questa doppia identità nazionale è l’esito di un rapporto costantemente calmierato tra la République e la chiesa cattolica, come dimostrano gli annuali “incontri di Matignon”. L’approccio laicista è una peculiarità della Francia, che ha sempre tenuto le distanze con Roma. Valga su tutti l’esempio dell’allora presidente della convenzione europea, Valéry Giscard d’Estraing, che durante la stesura del preambolo alla costituzione europea, rifiutò l’invito di papa Giovanni Paolo II a menzionare le «radici giudaico-cristiane d’Europa». Questa posizione identitaria, che come ricordava papa Francesco a La Croix nel 2016, può anche degenerare in un «tono trionfalistico e vendicativo», è arginata dalla legge del 1905, che così preserva la neutralità statale rispetto a tutte le confessioni e fa della laicità la garanzia della libertà religiosa individuale.

Chiesa sempre più povera

Oggi la chiesa cattolica francese sta affrontando anche una grave crisi finanziaria. Lo rivela il rapporto annuale della conferenza episcopale pubblicato lo scorso dicembre: un terzo delle oltre 90 diocesi è in grave difficoltà economica; di esse, 15 versano in situazioni definite «fragili». In un tweet dello scorso dicembre, i vescovi hanno ricordato che, nell’anno della pandemia, le entrate sono diminuite del 35 per cento, sebbene le donazioni di fedeli abbiano rappresentato il nerbo delle entrate (39 per cento). A oggi la chiesa cattolica francese quantifica una perdita di 90 milioni di euro. Come sottolinea il segretario generale dei vescovi, il problema ha una ripercussione sociale: «Oggi l'indebolimento economico colpisce moltissime persone e aumenta le disuguaglianze, e porta le chiese ad aumentare le iniziative caritative. Le nostre finanze sono quindi tese verso gli ultimi e sono ancora tanti gli sforzi da compiere per l’accoglienza di tutti».

Church real estate

Così, ai vescovi viene sempre più demandato il ruolo di funzionari, come avevano profetizzato i sociologi Bourdieu e De Saint Martin in uno studio negli anni Ottanta, che tracciava l’identikit del vescovo “zelota”, meno intellettuale e più amministratore. Per arrestare l’emorragia finanziaria, alcuni edifici di culto o immobili religiosi, sempre più inutilizzati, vengono così venduti e si trasformano in spazi di co-working, come la cappella Mondésir a Nantes, dove i banchi per la preghiera hanno lasciato il posto ai divani. «C’è un grande serbatoio di chiese che sarà inutile nei prossimi anni, perché non ce n’è più utilizzo, e c’è un parroco ogni dieci paesi», ha spiegato alla radio France Info, Patrice Besse, agente immobiliare specializzato in edifici religiosi. Diversa è la lettura che ne dà p. de Woillemont: «Si tratta di un fenomeno raro. Nel paese la chiesa resta un patrimonio vivo, aperto a tutti e gratuito». Negli ultimi anni, il tema è stato affrontato anche dalla santa sede in due documenti capitali per la gestione dei beni negli istituti di vita consacrata, datati rispettivamente 2014 e 2018. Nello stesso anno, peraltro, era stato Bergoglio stesso a ricordare presso la pontificia Università Gregoriana che «La nuova destinazione di una chiesa non è un’operazione trattabile solo sotto il profilo tecnico o economico, ma secondo lo spirito della profezia».

La piaga degli abusi

Anche in Francia i casi di abuso rischiano di creare una frattura incolmabile. A ottobre è atteso il rapporto conclusivo della Commissione indipendente sugli abusi, ma la chiesa sta già facendo i conti con ciò che emergerà. La Conferenza francese dei religiosi e delle religiose, riunitasi il 19 e 20 aprile, ha già affrontato il tema della responsabilità degli istituti nel «favorire un clima di segretezza e silenzio». Lo scorso 26 marzo, invece, si è conclusa l’Assemblea plenaria straordinaria e a ottobre «La rivelazione degli abusi commessi da sacerdoti o religiosi (oltre che da laici in responsabilità nella chiesa) sui minori ha aiutato la chiesa di Francia ad affrontare con serietà il tema per rendere la chiesa una “casa sicura”» spiega il portavoce dei vescovi francesi, che aggiunge: «Nell’assemblea sono state approvate importanti risoluzioni, dal riconoscimento dei diversi livelli di responsabilità, all’ascolto assiduo delle vittime, dalla creazione di un luogo della memoria a una giornata di preghiera, fino al pagamento di un contributo finanziario». Nella cattedrale di Luçon, in Vandea, mons. François Jacolin ha fatto apporre una placca per commemorare le sessanta vittime abusate nella diocesi dagli anni Quaranta a oggi. «Fino alla pubblicazione del rapporto – ha aggiunto il portavoce dei vescovi – continueremo a lavorare al fianco delle vittime, così come degli esperti, impegnandoci nella riforma e formazione». Come attestato dalla lettera ai vescovi del 25 marzo scorso, la chiesa si aspetta «dati duri»: alcune anticipazioni attestano che oltre l’80 per cento delle vittime abusate è minorenne.

Preti soli

Ma il disagio nella chiesa francese ha radici più profonde. Secondo il sondaggio promosso dalla conferenza episcopale, su 2.656 preti intervistati nel 2020, la metà vive da solo e il 20 per cento ha sviluppato sintomi depressivi. Due su cinque fanno abuso di alcol, e l’8 per cento se ne dichiara dipendente, al punto che due terzi partecipano a gruppi di sostegno o usufruiscono di un accompagnamento spirituale. Un quadro a tinte fosche che porta a sempre più frequenti dimissioni o sollevamenti da incarichi. Come quello recente di p. Benoist de Sinety, delegato dell’assistenza agli emarginati e ai poveri di Parigi, che pare non fosse sostenuto dall’arcivescovo Michel Aupetit, più volte accusato di autoritarismo e malvoluto da gran parte dei parigini, secondo Libération.

Dopo la Germania, anche la Francia si prepara ad affrontare i suoi demoni. Intanto il paese attende la conferma di una visita di papa Francesco a Marsiglia: «Aspettiamo una risposta del papa, siamo pazienti e fiduciosi» ha detto p. Hugues de Woillemont. La seconda città della Francia potrebbe essere per Bergoglio la terza tappa europea della sua teologia del mediterraneo. Mai come adesso, nel marasma in cui si proietta la chiesa francese, c’è bisogno delle parole di un pontefice che ha fatto suo l’insegnamento di Romano Guardini: «Non dobbiamo irrigidirci contro il nuovo, tentando di conservare un bel mondo condannato a sparire».

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