Dai documenti sull’omicidio Kennedy, desecretati dall’amministrazione Trump, emergono dettagli inediti sulle operazioni dell’intelligence americana volti a contenere “la minaccia comunista”. Nel nostro paese, dove il Pci rappresentava un rischio concreto per gli americani, si scelse di sostenere “gli autonomisti di Nenni”
«Mi sembra un cambiamento importante». Anche Robert Murphy, diplomatico di lungo corso e già ambasciatore in Belgio e Giappone, fatica a celare la sua sorpresa per quello che ha appena ascoltato nella relazione dell’intelligence al President’s Intelligence Advisory Board (Piab). Dalle oltre ottantamila pagine di documenti desecretati dall’amministrazione Trump in relazione all’omicidio Kennedy emergono in effetti dettagli inediti sui rapporti con il nostro paese.
La Cia, è cosa nota, avrebbe condizionato la politica internazionale finanziando i principali partiti anti comunisti per arginare l’influenza dell’Unione sovietica in Occidente. Ma a sorprendere così tanto Robert Murphy è la notizia che in Italia l’intelligence americana avrebbe sostenuto Pietro Nenni e il “suo” partito socialista.
È il 15 aprile 1963 quando il direttore e il vicedirettore della Cia incontrano i responsabili dell’intelligence dell’amministrazione Kennedy per aggiornarli sulle operazioni in corso in tutto il mondo volte ad «arginare la minaccia comunista».
La discussione si apre con un confronto sul Brasile e sulle posizioni del presidente Goulart, che, secondo i funzionari della Casa Bianca, non starebbe facendo abbastanza per contenere le opposizioni nel paese sudamericano.
Ma a rassicurarli ci pensa immediatamente il responsabile del “Directorate of Plans”, il braccio clandestino della Cia per le operazioni di controspionaggio e le operazioni politiche, Coord Meyer Jr.: «Siamo già in contatto con nostre risorse – si legge nel rapporto firmato da Meyer Jr. – e con alcuni leader militari. Per tutti l’opzione migliore è che a un certo punto si arrivi a un colpo di stato per non far cadere il più grande stato dell’area nelle mani dei comunisti».
E così avviene. Un anno dopo, tra il 31 marzo e l’1 aprile 1964, un golpe militare depone Goulart e mette fine alla cosiddetta Quarta repubblica brasiliana.
Ma ad attirare le attenzioni di tutti i presenti è l’aggiornamento sull’Italia, dove pochi giorni dopo si sarebbero tenute le elezioni per il rinnovo del parlamento, evento a cui da mesi si preparavano anche negli Stati Uniti, temendo l’ascesa del «più importante partito comunista in Europa».
E così, per non lasciare nulla di intentato, per le elezioni del 1963 dagli Usa arriva la svolta: «Come approvato da questo gruppo speciale, confermiamo la decisione di fornire un supporto specifico agli autonomisti di Nenni». Comprensibile, dunque, la sorpresa di “Mr. Murphy” che, non avendo partecipato ai precedenti incontri, rimane spiazzato dalla notizia di un esplicito sostegno elettorale al Partito socialista italiano.
Dieci giorni più tardi, si legge in un documento datato 25 aprile 1963, i fondi stanziati per questa operazione vengono consegnati con successo. «Teoricamente tutti i soldi stanziati sono stati consegnati questa volta», riporta il documento. «Tutte le previsioni della Cia sembra possano concretizzarsi».
L’Italia si avvicina alle elezioni del 1963 in un quadro di incertezza. L’arrivo di Moro alla segreteria della Democrazia cristiana nel 1959 ha dato il via alla cosiddetta “fase dorotea” con la chiusura ad accordi orientati verso sinistra e in particolare al Psi.
Una rottura con la linea intrapresa fino a quel momento da Fanfani, che proprio grazie all’appoggio dei socialisti era riuscito a formare il suo governo, su cui però Moro dovette fare un passo indietro accettando alla vigilia delle elezioni l’impossibilità di formare una maggioranza senza il partito di Nenni.
Le prospettive della Cia non si concretizzano nell’immediato per le resistenze dell’ala del partito socialista non disposta a seguire Nenni nella sua svolta verso la Dc. Così nei mesi successivi alla tornata elettorale le attenzioni dell’intelligence statunitense si alzano con la richiesta a Nenni di vincere le resistenze interne per riuscire a trovare un accordo che possa indebolire i comunisti.
Nei documenti desecretati si fa spesso riferimento, in quelli redatti nell’estate del 1963, all’importanza del congresso del Partito socialista italiano che in quei mesi tiene banco nella scena politica italiana. E infatti si rende subito evidente come sia necessario un intervento per scongiurare il rischio che sfumi definitivamente la possibilità di un accordo di governo tra socialisti e democristiani.
E proprio durante il congresso arriva la svolta sognata dagli Stati Uniti. La corrente del segretario Nenni riesce a vincere le resistenze interne imponendosi sulla scelta di entrare in un governo di centrosinistra appoggiando la linea atlantista della maggioranza Dc. Pochi mesi dopo, il 4 dicembre 1963, il piano statunitense si compie definitivamente: il giuramento di Aldo Moro come presidente del Consiglio porta per la prima volta i socialisti al governo.
«La Democrazia cristiana e i socialisti hanno finalmente trovato un accordo sul programma per un governo di centrosinistra», si legge in un appunto per il presidente datato 24 novembre 1963. Una svolta che, secondo gli americani, sarebbe stata favorita anche dalla notizia di cronaca più importante di quell’anno: «Sembra che la morte del presidente Kennedy abbia funzionato da agente catalizzatore per tenere insieme i due partiti».
Così gli Stati Uniti possono tirare un sospiro di sollievo per una squadra di governo in linea con quelli che erano gli obiettivi iniziali dell’intelligence sulle elezioni italiane.
«Con Moro premier – si legge nella stessa nota destinata al presidente Lyndon Johnson, insediatosi due giorni prima nel giorno dell’uccisione di Kennedy – Nenni dovrebbe diventare vicepresidente mentre Saragat, che è pro Stati Uniti e pro Nato, dovrebbe essere ministro degli Esteri». Il piano degli Usa è così completato: si insedia il primo governo Moro della storia, il primo di centrosinistra con i socialisti. Un governo con esponenti fortemente «pro Usa e pro Nato», sottolineano gli americani. Un governo, ancora, senza comunisti.
© Riproduzione riservata



