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Pizzicagnoli, ricette e contaminazioni, per gli esuli istriani la cucina è memoria

Illustrazione Simone Angelini
Illustrazione Simone Angelini
  • I negozi di alimentari erano gestiti da esuli: la macelleria e gli alimentari dai fratelli Vatta, provenienti da Pola, la pescheria dal signor Miligi di Fiume, il bar Zara dal signor Guanti.
  • Nelle case le massaie riproponevano, tra mille ristrettezze economiche, le usanze culinarie delle terre d’origine, semplici ed essenziali.
  • Nei dolci la contaminazione tra culture e usanze diverse si manifestava in modo evidente.

La singolare umanità che, dal 1948 abitò gli alloggi dismessi del villaggio operaio dell’E42 (prima della guerra accoglieva le maestranze che costruirono l’EUR) nell’Agro Laurentino, si riteneva fortunata: si trattava degli esuli provenienti dalla Venezia Giulia, regione ceduta alla Jugoslavia come prezzo della disfatta bellica. Uno tra i primi a giungervi fu Fausto Pecorari, capo della resistenza triestina e sopravvissuto al lager di Buchenwald. Insieme a lui raggiunsero l’allora remoto si

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